Non è bello andare ad una partita per poi fare il classico pianto greco, lamentandomi come un vecchio bacucco di tutte le cose che non vanno perché “ai miei tempi era meglio”. Francamente, faccio anche fatica a capire la scelta della mia partita questa sera. Niente conto la tifoseria comasca, anzi. Ma dell’avversario, il Real Vicenza Villaggio del Sole ne parlerò. Eccome se ne parlerò.

È una settimana difficile per Sport People. Fare giornalismo in una maniera pulita e dalla parte dei tifosi diventa ogni giorno più difficile. Ormai sono anche certi addetti stampa a darti ai nervi, con la loro moralità da quattro soldi, pronti a negarti un accredito perché parli degli ultras. E ne parli troppe bene, secondo loro. Ognuno può avere le sue motivazioni contro di noi e contro il mondo del tifo organizzato, per carità, ne ha diritto. Ma nessuno ti può chiedere di sconfessare il tuo operato per ottenere un accredito. Se lo tenessero. Certo, non a Como. A Como, almeno per ora, nessun pregiudizio. Però ci sono quelle macchie che ti rovinano la settimana, per non parlare di una stagione calcistica già nata con presagi foschi.

Con quest’umore mi avvio al Sinigaglia, che ha il non piccolo merito di essere tremendamente vicino casa. È Mercoledì sera e l’aria spumeggiante annuncia tempesta, insieme a tuoni psichedelici all’orizzonte. L’ombrello per proteggere la macchina fotografica un obbligo. Mi dicono, all’ingresso: “è a punta, non può entrare”. Mostro il pass: “stampa”. “Prego, passi”. L’inizio non è buono.

Può sembrare strano ma, tutto sommato, il Real Vicenza, squadra artificiale nata nel 2010 dalla fusione di tre piccole realtà di quartiere vicentine, tra cui quel Villaggio del Sole che dà quel “VS” al nome completo del sodalizio, mi porta bei ricordi.

Sommese-Real Vicenza si giocò a Solbiate Arno nel Giugno del 2012, ed era valida per gli spareggi nazionali di Eccellenza per la Serie D; era la finalissima di ritorno, per l’esattezza. Nonostante il nome molto toscano della squadra, c’è un Arno anche in Lombardia, e Solbiate è in piena provincia di Varese. Non so perché andai. Forse perché mi ero appena trasferito e vedevo nel calcio un piccolo sfogo per potermi ambientare meglio. Non fu la prima partita che vidi in quel periodo, ma la prima in campo spacciandomi per fotografo accreditato sì. Sport People arrivò poco dopo. La partita fu di uno squallore assurdo sugli spalti, coi soli ragazzi delle squadre giovanili della Sommese a fare il tifo e la maggior parte dei semplici tifosi provenienti da Vicenza, tra l’altro numerosi e incredibilmente molto colorati. La festa fu tutta per i Veneti, ma mai avrei previsto il futuro successo della squadra biancorossa.

Primo anno in Serie D e per il Real Vicenza è subito Lega Pro; nella scorsa stagione, la prima tra i professionisti, in Lega Pro Due, il Real Vicenza è sempre stato stabilmente al di sopra della “linea”, approdando così, in questa stagione, alla Lega Pro Unica, con la certezza di giocare due derby clamorosi, uno col Vicenza e l’altro col Padova, utili per alzare una media spettatori di neanche 100 unità a partita. Ma, a parte il Padova escluso anzitempo dalla Pro, il derby col Vicenza se n’è andato da pochi giorni, col ripescaggio last second della prima squadra cittadina in Serie B, per il sollievo di quei tanti tifosi del Lanerossi che non erano assolutamente entusiasti all’idea. Così, le medie al Menti per il Real saranno quel che saranno ma, ciò nonostante, la squadra sembra piuttosto valida e potenzialmente tra le papabili per i play-off.

Il Como si presenta nel ruolo di eterno outsider con la voglia di spiccare il volo versi altri lidi: la tradizione è grande e la piazza lo merita, ma finora lo scontro con la realtà ha posto un serio limite ai sogni in riva al lago, dove tra l’altro sorge il monumentale stadio con piscina olimpica annessa.

L’entusiasmo non c’è, l’avversario non attira e la formula della Lega Pro, col suo girone blando, le poche possibilità di promozione e gli orari di gioco più assurdi, non porta persone e contanti al botteghino. Anzi.

Sono dentro al campo, e, per fortuna, ancora non piove. Non pioverà mai, per miracolo. Faccio le foto ai graffiti nelle scale che portano agli spogliatoi, nonostante non sia la prima volta che li vedo. Non guardo mai il settore ospiti. So semplicemente che sarà vuoto. Spero, illusoriamente, in buoni numeri tra i locali, ma le premesse non sono buone. Giusto un anno fa si giocava, sempre in serale, col Vicenza, il Lanerossi. Altra faccenda.

In curva si sistemano gli stendardi, in tribuna restano i Panthers ma, come già detto in altri articoli, non si tratta di ultras, nonostante i richiami ai bei tempi che non possono più tornare.

Sono proprio i Panthers ad offrire, come sempre, un po’ di colore all’ingresso delle squadre, mentre in curva si comincia a cantare. Tanto per farmi contento, un addetto mi dice che devo stare per forza dietro la curva a scattare. Nuove disposizioni. E come faccio a far foto verso l’unica curva presente oggi? Un dilemma. Le mie motivazioni scendono. Almeno c’è la curva lariana che incita la squadra con gran regolarità, tanto che il Como passa presto e meritatamente in vantaggio. Non riesco ad immortalare neanche quella che è una bella esultanza, maledetto calcio moderno. Ma ho già deciso che nel secondo tempo cambio aria.

Inizio ripresa, mi ritrovo in tribuna. Penso, guardando i Lariani. Cosa manca rispetto al vero entusiasmo di pochi anni fa? Cosa vedevo prima in uno stadio come questo? Numeri importanti, sicuramente. La tribuna di fronte a me aperta e non chiusa come oggi. Un settore ospiti aperto, pronto ad ospitare una piccola come una grande tifoseria. Cori contro, il bello è anche questo. Striscioni tematici. Bandieroni. Una torcetta o un fumone qua e là. Il vecchio avvelenato che urlava dalla tribuna. Bambini allo stadio; quando c’erano più ultras c’erano più bambini, che magari stavano in basso davanti alla recinzione intenti a giocare a pallone. C’erano le vie adiacenti allo stadio senza limitazioni e barriere in cemento e metallo verde.

Cosa ho oggi? Un manipolo di indomabili, sicuramente. Quando le cose andranno meglio, loro potranno dire che c’erano, al contrario di tutti gli altri. Poi nulla. Se non il Real Vicenza che pareggia nel finale e qualche tifoso anonimo alle mie spalle che esulta. Tutto qui. La partita finisce, la squadra va comunque sotto la curva nonostante un po’ di malumore generale. Che poi lo fa per modo di dire. Anche questo è cambiato. Troppo preziosi questi giocatori di Serie C per avvicinarsi troppo ai loro tifosi.

Non vedo l’ora di andarmene a casa a dormire. Oggi ho pensato troppo.

Stefano Severi.