Nella sua assoluta banalità la trasferta ti regala sempre, nonostante gli anni, lo stesso sapore dolce, emozioni forti. Gesti e rituali che si ripetono nel tempo, tramandati di generazione in generazione, con la stessa costanza e passione di sempre.

La sveglia biologica ti fa alzare dal letto alle 7 del mattino, la partenza è ancora lontana, e per questo cerchi qualcosa da fare, io per esempio, rosario alla mano ammazzo il tempo pregando di vincere. Hai paura di chiamare qualcuno, ho una certa età, l’entusiasmo giovanile lo devo governare. Non ci riesco e allora confido nell’eterna giovinezza di Nicola, sono sicuro che anche lui è in piedi, trepidante e ansioso già pronto per Otranto. Iniziamo a girare per Altamura, il telefono è caldo, le ore che ci dividono dalla trasferta sono tante ma noi siamo pronti.
Bandiere e pezze piegate, si parte con il nostro solito confortevole Transit. “Mai una gioia” per noi Altamurani non è uno slogan vuoto di significato, ma un maledetto dato di fatto, una costante della nostra storia calcistica. Capisci che sei in Eccellenza da sempre non tanto dalle avversarie di turno, ma dagli autogrill che ormai conosci a memoria, posti sempre uguali, dove persino il personale lo chiami per nome.

La ritualità della trasferta la vedi nel solito pranzo a sacco, scorte di vettovaglie che potrebbero sfamarci per le prossime 8 trasferte, 10 amichevoli e 20 cene pre-spareggi, spareggi per non retrocedere ovviamente. Come sempre accade ognuno fa quello che può, c’è chi porta 80 panini, chi due teglie di orecchiette, chi focaccia, paesana ovviamente. Alcuni sacrificano al Dio del Pallone agnelli vivi, si cerca di vincere in tutti i modi: mio Dio aiutaci tu, in Eccellenza non voglio starci più!!!

Otranto è lontana ma in perfetto orario arriviamo a destinazione; tutto è cronometrato, prima dell’inizio del match abbiamo a disposizione 40 minuti, tempo che utilizzeremo con la ritualità di sempre:
• 5 minuti ci servono per capire che fine hanno fatto i dispersi e spiegare loro come arrivare ad Otranto. Per l’occasione mi travesto da TOM TOM umano e fornisco le indicazioni per giungere a destinazione: “Nicola, entra a Otranto Nord, non da Otranto sud, passa per la Cattedrale, costeggia la litoranea, avvicinati al bar e vedrai una macelleria, dopo 10 metri troverai una rotonda e infine un palo della luce, quello evitalo, prosegui per 80 metri, solo allora vedrai qualcosa di simile ad uno stadio di calcio, li oggi giocheremo”.
• 5 minuti servono per scaricare i nostri “Liquidi”; la sezione “ Altamurani superdotati, svergognati e molesti” ostenta con vanto e orgoglio i propri gioielli di famiglia alla ridente cittadina salentina.
• 5 minuti servono per imprecare contro i 10 euro di biglietto che vorrebbero farci pagare.
• 5 minuti ci servono per contrattare; si parte con una nostra contro offerta di due euro e 8 panini, si sale a 3 euro e 4 porzioni di orecchiette, si chiude a 5 euro e un fanculo a ste categorie infami.
• 5 minuti ci servono per entrare nel settore
• 5 minuti per capire che nonostante le apparenze quello è un campo di calcio.
• 5 minuti ci servono per appendere drappi, bandiere e bandierine; io questi 5 minuti li passo con le forze dell’ordine, devo convincerli che sono un noto fotografo di una nota rivista, finanziata da un noto partito, diretta da un noto direttore e controllata da una nota loggia massonica.
• Gli ultimi 5 minuti li utilizziamo per invitare, dolcemente, i nostri giocatori a vincere.

La ritualità delle nostre trasferte prevede sempre il gol a freddo. Cerchiamo i responsabili di questa ennesima annata fallimentare: gira voce che sia tutta colpa della dea bendata. La cerchiamo, ma della signora in questione non ci sono tracce. Al minuto 95 e 8 secondi e 7 mila bestemmie si pareggia, ma non serve a nulla, 1 punto non ci basta. Come sempre accade anche questa volta chiediamo spiegazioni ai giocatori, e come sempre accade le giustificazioni non ci convincono. Saliamo sui pulmini, macchine, motorini e cavalli da corsa: Otranto da Altamura è molto distante, quasi quanto la vetta della classifica.

Ultras per mille anni ancora.

Michele D’Urso