Raccontare la scena toscana del tifo può essere un viaggio fra le grandi realtà, come Firenze, Pisa, Livorno. Ma forse questo approccio, risulterebbe almeno in parte incompleto, perché non terrebbe conto di una delle principali caratteristiche della regione: il campanile. Perché se è pur vero che i numeri stanno nelle grandi città capoluogo di provincia, la Toscana è piena di realtà importanti, con una storia e un’identità forti e radicate. Poggibonsi è una di quelle.

Come è ormai tradizione, ci siamo trovati a La Vena di Vino, storico locale volterrano, dove anche il calcio ha una sua ben precisa fisionomia. Ospiti della serata alcuni amici che da Poggibonsi hanno deciso di farsi un giro sul colle. Sul tavolo qualche birra, un bicchiere di vino, un vermouth e il microfono acceso.

OLS d’annata

Partiamo dallinizio. Come nasce il tifo organizzato a Poggibonsi?

Il movimento parte negli anni Settanta, come un po’ in tutta Italia. Inizialmente è un movimento spontaneo, poi piano piano si organizza, culminando nel 1978, con la nascita del primo e storico gruppo, gli “Old Lion Supporters”.

Cerchiamo di contestualizzare la scena degli anni Settanta per una squadra come la vostra.

Erano tempi di altalena fra la Promozione e l’Interregionale [l’attuale Serie D, l’Eccellenza ancora non esisteva]. Gli incontri erano tutti con squadre, bene o male, del circondario. Nonostante ciò le trasferte erano molto complicate e i numeri delle presenze allo stadio molto alti.

E per quanto riguarda la scena del tifo?

Era pratica comune il tesseramento dei soci o dei componenti del gruppo. Si preparava il materiale. Lo stile era prettamente ultras italiano. Si parla di 400/500 persone. Numeri che al giorno d’oggi ce li possiamo giusto sognare. Uno dei grandi meriti dell’OLS è stato quello di riunire i diversi club che andavano allo stadio partendo dai bar e che con il bar di riferimento costruivano il proprio sistema identitario.

L’amore è una questione genetica

Quindi si entra negli anni Ottanta, gli anni ruggenti del Movimento, sotto lo striscione degli Old Lion Supporters.

Sì, gli anni Ottanta rappresentano l’apice del Movimento e del tifo organizzato. Si segue la squadra sia in casa che in trasferta e i vari gironi ci offrono la possibilità di un’infinità di derby. E questo tiene acceso l’interesse. Fra l’altro sportivamente gli anni Ottanta sono quelli in cui la squadra raggiunge i risultati migliori.

E buoni risultati riempiono gli stadi.

Esatto, nel 1987/88 raggiungiamo la Serie C2, ma anche l’anno prima, pur perdendo lo spareggio con il Gubbio, riempiamo la Curva Sud del Curi di Perugia. Spareggio perso ai supplementari, come sembra essere tradizione nella nostra storia: arrivare a un passo dal traguardo per poi, alla fine, non farcela.

Invece gli anni Novanta, cosa rappresentano per voi?

Rappresentano un periodo che potremmo definire un po’ di stanca. Soffriamo oltremodo un ricambio generazionale nel quale i più vecchi, che avevano rappresentato delle certezze per tanti anni, lasciano il passo ad una generazione molto più giovane. E in questo scenario dobbiamo ringraziare  gruppi come la Gioventù Giallorossa e gli Army Korps. È grazie a loro che tutto ha avuto continuità. L’Old Lion Supporters in quegli anni era più una sigla che un vero e proprio gruppo. Aveva demandato la guida del settore ad altri.

Lo spareggio di Perugia

E arriva la partita con il Livorno.

Quella partita rappresenta uno spartiacque in qualche modo. Il Livorno era fallito e stava risalendo le categorie. Quando si presentò a Poggibonsi, ci trovammo di fronte un’autentica invasione che provocò grandi problemi con la nostra società dell’epoca che, di fatto, ci umiliò regalando il nostro settore agli ospiti. Qualcosa lì si ruppe definitivamente con una buona fetta del tifo organizzato.

Poi c’è la rinascita degli anni Duemila.

Proprio così. Già a fine Novanta la squadra aveva iniziato di nuovo a girare. Ma nel 2000/01 vinciamo il campionato e la città dà di nuovo dimostrazione del suo grande potenziale, anche numerico. In gradinata si riparte sotto la bandiera degli OLS, soprattutto per fare qualcosa di unitario. Sembra tutto perfetto.

Ma?

Ma nella stagione 2002/03, succede una cosa abbastanza rara da vedere. È la stagione in cui la Fiorentina riparte dalla C2, quindi ci sono partite molto interessanti. Il Poggibonsi arriva sesto. Ma la società vede bene di non iscriverlo alla stagione successiva. L’unica nota positiva è che nonostante la ripartenza dalle categorie più basse il tifo organizzato tiene botta e non molla.

Così si arriva alla stagione 2004, decisiva per la scena ultras giallorossa.

Nascono gli Ultras Poggibonsi. E nascono con l’idea di dare un’impronta un po’ diversa sia dal punto di vista stilistico (grande attenzione a cosa si produce, in pieno stile ultras italiano 2000) che organizzativo e logistico (si apre una sede e si crea una fanzine). Non manca qualche attrito iniziale con i più vecchi, frutto di due modi completamente diversi di vivere lo stadio. Attriti fortunatamente rientrati nel giro di pochi mesi.

La trasferta di Firenze

E i fatti di cronaca nazionali (Raciti, Sandri etc.) hanno influito sulla vita del gruppo?

Certo. Infatti si va avanti con un grandissimo slancio fino alla morte di Raciti. Si assume una posizione oltranzista. Ci sono controlli più rigidi sugli striscioni e per questo si preferisce andare allo stadio con delle piccole pezze dietro le quali ci si identifica.

Entriamo negli anni Dieci del 2000.

Sì, nel 2011/12 il gruppo cessa, di fatto, l’attività. Dopo di che ci troviamo di fronte ad anni molto importanti ma difficili. Ci sono i problemi con la tessera. Perché si decide di non tesserarsi e questo di fatto chiude il discorso con le trasferte. Sono anni piuttosto spontanei, anni senza striscioni. Poi arriva la retrocessione del 2014. L’anno della riforma della Serie C, quando era praticamente impossibile salvarsi.

Eppure nonostante la retrocessione succede qualcosa.

Qualcosa di inaspettato: fallisce il Siena e ce lo ritroviamo nel girone. E questo carica l’ambiente di entusiasmo. C’è un vero e proprio risveglio. Perdiamo il campionato all’ultima giornata (come dicevo prima…), ma facciamo numeri notevolissimi, come ad esempio nel derby con il Siena, sia da loro che in casa.

Mi sa che siamo arrivati ai giorni nostri.

Sì, ma manca l’ultimo tassello. Nonostante la perdita della Serie D, nel 2019 le anime spontanee della gradinata si riuniscono sotto il cappello “Poggibonsi 1925”, un nuovo gruppo fatto di alcune vecchie facce ma anche di tanti nuovi giovani. Un progetto volto ad un antico e mai fuori moda obbiettivo: unità di intenti.

Contro la Colligiana nel 2015

Adesso che abbiamo finito questo viaggio storico, proviamo a tratteggiare il profilo del vostro tifo. Cominciamo dalle amicizie.

C’è un vero e proprio gemellaggio con la Sangiovannese, che parte dai primi anni Duemila. È un’amicizia molto sentita e ogni anno cerchiamo di vederci e seguire alcune gare assieme. In passato invece abbiamo avuto amicizie con Grosseto e Viareggio. E come succede spesso, quando questi rapporti si rompono, nascono grosse rivalità.

Eccoci allaltro aspetto che ci interessa. Quali sono le rivalità più accese?

Ovviamente Siena, perché è una rivalità di tipo campanilistico. Loro sono il capoluogo ed è inevitabile che ci sia questo rapporto. Con loro, specie negli Ottanta, ci sono sempre state partite turbolente. Poi impossibile non citare la rivalità con Colle, che però è su un altro piano, nel senso che essendo le due città praticamente attaccate è una rivalità vissuta un po’ tutto l’anno, fin da ragazzini. Le altre rivalità sono con Ponsacco, Cecina e Montevarchi.

Proviamo a dare uno sguardo verso il futuro?

Stiamo cercando di operare un passaggio generazionale un po’ più controllato rispetto al passato e ci stiamo riuscendo in maniera molto soddisfacente, sia dal punto di vista dei valori, che dal punto di vista numerico. Proprio in questi giorni è stato presentato il libro che ripercorre gli anni del tifo a Poggibonsi, dal titolo “Noi con il tifo Voi con il Cuore”. E con questo sguardo al passato, ci apprestiamo iniziare una stagione in cui a causa del Covid non andremo allo stadio. È un momento complicato, ma…direi ci siamo abituati!

Intervista raccolta da Gianni Galleri
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