La città e la periferia, la variante moderna dell’antico legame tra città e campagna, con quest’ultima che con l’anno Mille procede in funzione della prima. Oggi qui ad Imola questo antico teorema si ripropone in salsa calcistica. Imola ha un’identità relativamente giovane, per secoli presa e persa da Bologna, viene unificata solo con gli anni 20 del Duecento, quando i tre centri urbani che si presentavano sul suo territorio vengono unificati in un unico nucleo racchiuso in una sola cinta muraria.

A ciò si lega uno sviluppo politico mancato, con un mancato dominio sul territorio. Imola quindi non vive il vanto di dominare solida e indipendente su un territorio; a ciò invece si richiamano i vessilli presenti in moltissime realtà di curva italiane e tedesche pure, con simboli medievali legati ad un ricordo della propria indipendenza, delle spade e dei cavalieri che, consci di rischiare la morte, difendevano la propria città.

Nel Nord Italia dei Comuni, il tassello imolese manca, e ciò vale sia storicamente che come realtà di tifo. Gli Irriducibili Imolese sono di recentissima fondazione, oggi offrono una sbandierata a inizio gara ma nei cori cantati, spesso inerenti alla vittoria quindi a un concetto legato al campo e poco alle tradizioni o agli ideali, confermano di essere ancora in pieno sviluppo da questo punto di vista.

Nel settorino in lamiera che costituisce il settore ospiti ci sono loro, quelli che occupano la Nord al celeberrimo “Tempio del Tifo”, i sambenedettesi. Sono un centinaio scarso, per la maggior parte si dispongono dietro alle varie pezze. Formano un blocco monocolore, a mio dire un po’ pesante visivamente, tutti in giacca nera, ma apprezzo molto alcune bandierine rossoblu o con la scritta IRR gialla su fondo nero tenete sempre al vento a ravvivare il settore.

Vocalmente sono ineccepibili, cori costanti senza badare troppo alla sofferenza degli undici in campo, molto in difficoltà nell’arrivare in porta davanti ad una squadra locale che si mostra compatta e che attacca con ampi fraseggi palla a terra.

Nel secondo tempo gli ospiti fanno partire per due volte il coro “verità per Luca Fanesi”: Gabriele, Luca, Stefano Furlan avremmo potuto essere noi e idealmente sono sempre qui tra noi come esempi di cosa avviene negli stadi. Mi sembra inutile passare il tempo a confezionare bandieroni o a comprare giacconi della “North Face” per omologarsi ad una sottocultura. Possiamo conoscere le rivalità delle squadre di mezza Europa, condividere video di cortei in mille chat e mettere “like” alle varie pagine fb inerenti al mondo ultras, ma in curva sei quello che canti, oltre a quello che fai.

Gli ospiti festeggiano il punto conquistato con la squadra sotto il settore che canta con loro il celebre coro “Blu è il colore del mare, rosso è il colore del vino…”

Un altro martedì sera se ne è andato, quelli “normali” se ne sono stati in casa al caldo, nella loro casa nella cittadina/dormitorio di Imola, qualche ragazzo ha provato a sostenere i rossoblu locali, ma c’è della strada da fare.

Amedeo Zoller