Per chi ha cominciato a vivere il calcio negli anni novanta, Padova-Cremonese non è una sfida qualunque. Se penso a biancoscudati e grigiorossi a confronto, mi vengono in mente i fasti di quei campionati che hanno segnato il punto più alto della storia recente per i due club. La Serie A, i talenti passati in riva al Brenta e sotto il Torrazzo, e le immagini sfocate di 90esimo Minuto dei tempi che furono. È una sfida a tutti gli effetti amarcord. Un Alexi Lalas contro Matjaz Florjancic che ha profondamente segnato la mia infanzia.

C’è Gigi Simoni, oggi presidente della Cremo, che cammina in sala stampa e Bepi Pillon sulla panchina dei veneti, altre figure che affondano le proprie radici nella notte dei tempi. Di contro mi imbatto per la prima volta nello stadio Euganeo. Incredibilmente brutto. Nessuno si offenda. Un casermone in piena periferia, concepito male e collegato peggio. Uno dei massimi esempi del magna magna legato a Italia ’90, per il quale qualcuno ancora sta pagando in sede legale e civile. Sta di fatto che se gli ultimi anni del calcio patavino non sono stati da incorniciare, lo stadio non ha certamente aiutato il pubblico ad avvicinarsi al club. Tanto è vero che si parla di trasferimento al Plebiscito, impianto che attualmente ospita il rugby e che, con l’aggiunta delle curve attaccate al campo, darebbe certamente nuova linfa al tifo locale.

È l’ultima delle idee, in ordine cronologico, per mettersi alle spalle l’Euganeo e tutta la sua inadeguatezza. E sembra piacere ai ragazzi della Tribuna Fattori, che sin da subito hanno sposato la causa con slogan e striscioni.

Per non farmi mancare nulla decido di percorrere la distanza tra il centro e lo stadio, direttamente a piedi. Non per masochismo, ma per il semplice fatto di tastare con mano il territorio. Il grande parcheggio dello stadio mi accoglie, con i ragazzi della Fattori che, qualche metro più in là, stanno vendendo il materiale della curva fuori al loro bar. È un qualcosa che osservo sempre con piacere, se non altro perchè nelle grandi piazze queste usanze si sono praticamente perse, e con loro è andato perduto quel senso di aggregazione in grado, fino a un decennio fa, di rendere la curva un modus vivendi anche ad alti livelli.

I balzani orari di questa Lega Pro impongono che il match si giochi di sera. Quanto meno più ragionevole, rispetto alle altre gare del turno giocate alle 15. Il Padova è reduce dalla sconfitta di Pordenone, con i friulani che hanno smorzato gran parte delle ambizioni playoff dei biancoscudati, chiamati ora a vincerle quasi tutte per avere una minima chance di accesso agli spareggi. Discorso molto simile per i lombardi, divisi da un solo punto dagli avversari prima del fischio d’inizio.

Sta di fatto che non è un match da cui aspettarsi il grande pubblico, ma del resto i tempi del sold out facile sono finiti da diverse stagioni e il terzo scalino calcistico d’Italia, un tempo fiore all’occhiello, non invoglia certo a fare sacrifici e appassionarsi al pallone. Per chi viene dai dilettanti significa trovare sulla propria strada divieti e limitazioni, per chi scende dalla Serie B, invece, occorre fare i conti con un calcio totalmente differente, in grado di risucchiarti per anni e nel quale, se non si lotta per le prime due posizioni, difficilmente si riescono a trovare stimoli. Insomma oggi sulle gradinate ci sarà davvero chi ha le due squadre nel cuore.

E tutto sommato non ritengo malvagia la risposta del pubblico di casa, con la Tribuna Fattori che si compatta pochi minuti prima del fischio d’inizio e mostra numeri di tutto rispetto. Discorso diverso per i cremonesi, che faranno il loro ingresso poco dopo inizio gara, in una settantina di unità, compresi gli storici gemellati di Vicenza ad accendere la contesa. Certo, considerata la rivalità e la distanza non eccessiva, forse si poteva pretendere qualcosa di più. Ma è pur vero che il giorno lavorativo e un campionato davvero avvilente, scoraggiano i frequentatori non ultras delle gradinate.

Più guardo lo stadio Euganeo e più mi chiedo come sia possibile che nessuno abbia chiesto i danni morali ai suoi autori. In particolar modo mi colpisce come uno stadio a pianta rettangolare sia comprensivo di pista d’atletica. Messa là per ricevere i fondi del Coni, sia ben chiaro, che ai tempi per mettere mano al portafogli, pretendeva la costruzione di impianti polifunzionali. Uno scempio che, oltre a rendere le curve impraticabili, vista la loro distanza abissale dal terreno di gioco, neutralizza una delle poche qualità che l’impianto avrebbe potuto avere, vale a dire l’esser posto a ridosso del campo. L’unico aspetto positivo è per me che, dovendo scattare, posso girare in tutto il perimetro senza problemi, scegliendo distanze e posizioni.

L’ingresso delle due squadre in campo è salutato dalla bella torciata degli ultras patavini. Davvero una rarità di questi tempi, a cui si aggiungono numerose sciarpe e bandiere dispiegate. A interrompere lo spettacolo ci pensa lo speaker che richiama il minuto di silenzio per le sfortunate ragazze che hanno trovato la morte su un pullman spagnolo, durante l’Erasmus. Ho trovato il tutto molto inopportuno. Dall’annuncio degli altoparlanti che spiegava come il silenzio fosse per le tre ragazze, quasi a sottintendere che sul torpedone non vi fossero altre persone, al fatto che esattamente il giorno prima vi fosse stato l’attentato a Bruxelles. Ignorato. In virtù di ciò sono sempre più convinto della mia teoria. Il minuto di silenzio, almeno nello sport, sarebbe una pratica se non da abolire, quanto meno da rivedere seriamente. Soprattutto se a volerlo è chi ci stordisce con concetti su quanto la morte sia uguale per tutti.

Detto ciò, possiamo passare alla cronaca del tifo. L’ultima volta che ho avuto di fronte gli ultras biancorossi è stato a Latina, nel loro ultimo anni di Serie B. Una squadra, ormai allo sbando, venne letteralmente travolta dai pontini, che in quella stagione arrivarono a un soffio dalla Serie A. Di certo da quella serata è impossibile estrapolare un giudizio sul tifo, che di fatto non ci fu. Stasera, per ovvie ragioni, le cose vanno diversamente e i ragazzi della Fattori sfoderano una buona prestazione, soprattutto nel secondo tempo, quando dei boati scuotono lo stadio. Da sottolineare il vasto utilizzo della pirotecnica in occasione dei gol e durante la bella sciarpata finale. Sempre un qualcosa da osservare con gioia, nonostante le infami campagne poste in essere contro questo aspetto folkloristico del nostro tifo.

L’altro aspetto che mi ha positivamente colpito, è la partecipazione animata di tutto il pubblico alla partita. Ciò fa capire come a Padova il calcio sia un qualcosa di ben consolidato e tradizionale. Del resto basta fare un giro al vecchio Appiani per odorare il passato di un club glorioso, che ha visto passare nelle sue fila gente come Nereo Rocco, il Paron, che da queste parti è ricordato ovunque con venerazione. Resta sempre il solito discorso, su quanto oggi giorno non ci sia il minimo interesse a ridare dignità a società che hanno fatto la storia del nostro calcio, preferendo piccoli club, spesso senza tradizioni, per poterne disporre a proprio piacimento senza il rischio di subire contestazioni o dover fare i conti con l’umore di tifoserie ben radicate sul territorio. Ogni è riferimento è puramente casuale.

Su fronte ospiti, una volta sistemate le pezze, gli ultras della Cremonese si compattano facendosi sentire con un sostegno alquanto assiduo, nonostante la loro squadra vada quasi subito in svantaggio. Come detto la presenza numerica non è delle migliori, ma al pubblico cremonese mi sento davvero di dare tutte le attenuanti del caso. Se si pensa che i grigiorossi, fatta eccezione per le parentesi delle stagioni 1998/1999 e 2005-2006 in Serie B, dal 1997 ad oggi hanno praticamente sempre fatto la spola tra la C2 e la C1, ora Lega Pro. Difficile creare entusiasmo in una simile situazione. E, in virtù di ciò, prende ancor più significativo lo striscione esposto dagli ospiti in ricordo di quel magico 27 marzo 1993, quando, guidati da Gigi Simoni, batterono il Derby County per 2-1 a Wembley, conquistando il Trofeo Anglo-Italiano. Storie di un altro calcio. Lontano anni luce ciò che questo sport è diventato oggi.

Quando si assiste a determinate sfide, almeno credo, non bisogna soffermarsi soltanto alla mera cronaca del tifo o, nel caso di cronaca calcistica, agli schemi e alle diagonali. Bisogna tener conto del contesto storico e di ciò che lo compone. Perchè il pallone è soprattutto questo. Ed è per tale motivo che mi soffermo a lungo sui cartelloni istallati nel piccolo ma grazioso museo allestito nei pressi della sala stampa. Il match è finito da poco, ed ha vinto il Padova per 2-1, con gli ultras veneti che si sono esibiti in una bella sciarpata. Capisci il perchè dell’attaccamento a una squadra piuttosto che a un’altra, solo quando ne studi la storia o ne guardi, banalmente, le foto nei momenti di successo e, meglio ancora, di insuccesso. Quando un club è sconfitto e tramortito, ma può contare ancora sulla sua gente, statene certi che esisterà per sempre. In qualunque categoria.

Simone Meloni.