Articolo che ritorna su un argomento già sviscerato, quello dell’aggressione di De Laurentiis al tifoso napoletano dopo la gara di Parma. Riflessione che, pur fuori sincrono, merita comunque una lettura, non fosse altro per i giusti interrogativi posti. Sarà credulona fiducia la nostra, ma ci piace anche pensare che se anche i media generici cominciano a ragionare non più per luogo comune quando si parla di ultras e tifo, un minimo di utilità nella controinformazione seria ci sia, al netto dei tastierismi inutili di chi è incapace di usare il cervello, tanto dentro che fuori dagli stadi.

delaurentis@parmaLa rassegnazione alla condizione che il calcio, disciplina artistica nobile e unica per capacità di congiungere principi razionali a passioni viscerali, venga quotidianamente soppiantato dalla commercializzazione dello spettacolo, per comprensibili – ma non condivisibili – ragioni di bilancio, è radicata scomodamente nell’immaginario dell’infatuato sostenitore di qualsiasi compagine si voglia prendere in considerazione: è pensiero diffuso che il sentimento profuso per una Maglia e per due Colori rappresenti una visione obsoleta e nostalgica dello sport che in più di un secolo di storia è riuscito nell’impareggiabile impresa di coinvolgere svariate generazioni e indefinite dinastie, raggiungendo persino i confini oltreoceanici senza distinguo.

Lo scenario introdotto appare appunto astruso a chi ancora oggi garrisca vessilli di valori intramontabili e a chi nonostante tutto non si faccia contaminare e corrompere da talune dinamiche logistiche: potrebbe essere anche passabile che i neo protagonisti del “minimale” globo pallonaro siano abbienti magnati con cospicui portafogli ed ingenti tasche strabordanti di sonante moneta, la quale è assurta al vertice delle graduatorie di preferenza dei cosiddetti professionisti, declassando l’abnegazione alla causa e al contesto a bieca ed attempata illogicità; è però intollerabile che gli stessi attuali primari si atteggino spocchiosamente ed abusino della propria immunità di status, arrogandosi il diritto di agire nei modi più burberi e desueti, a loro avviso congeniali ad una data circostanza.

È così che Lotito dileggia i Gemelli Laziali, al quale dovrebbe rendere ampiamente edotto di un’ineffabile serie di magagne presidenziali, addirittura avocandosi la morale, durante una conferenza ove egli stesso è relatore (annamo bene!), di segnalare alle forze dell’ordine un privato cittadino, che con toni pacati e desiderosi di ottenere risposte concrete ed esaustive chiedeva un passo indietro al patron biancoceleste, per la sola ragione che potesse ledere alla figura dell’imprenditore romano; alla stregua De Laurentiis ha sfoggiato il suo inarrivabile “buon costume” nel post sconfitta del Napoli a Parma: all’esterno del Tardini, le telecamere della Rai hanno refertato un’uscita fuorviante e sgradevole di Aurelio che ha inveito nei riguardi di un fido tifoso partenopeo, reo di aver esternato il suo scoramento e di essere stato rigoroso nel ribadire al numero uno azzurro che non basti esclusivamente sottomettere in novanta minuti una testa di serie, nella fattispecie la Juventus, per poter denotare competitività.

Questo è andato poco a genio al produttore originario di Torre Annunziata e da lì è andata in scena la nemmeno troppo perpetuata bagarre, con uno spintone del testé citato al malcapitato sindacatore; in virtù di ciò, è evidente che sia inconcepibile, al di là dell’entità dell’accaduto, che il massimo eminente di una società calcistica possa osare imperversare, in maniera virulenta o meno, verso un soggetto a cui dovrebbe riservare reverenza estrema ed inappellabile. È facile che la contingenza venga raffrontata al similare episodio di Moratti a Novara nel settembre del 2011: la sostanziale differenza è che in quel frangente non ci sia stata cronaca di una colluttazione fisica, ma il principio è indubbiamente analogo; per giunta, sarebbe opportuno che l’effetto fosse proporzionato alla causa, considerando inverosimile che il titolare della Filmauro sia sceso dalla vettura per affrontare vis a vis e attorniato dalla scorta, ergo in un confronto impari, un inerme civico. Sovviene poi un dubbio: se non avesse avuto le spalle coperte dai preposti alla salvaguardia della sua incolumità, si sarebbe immolato nella medesima modalità?

Inoltre, dato che la reazione sia stata esagitata, è lecito domandarsi se in situazioni del genere le diffide siano contemplate anche per le vette delle gerarchie dirigenziali, che giusto per ricordarlo dovrebbero incarnare moderazione, o se almeno si perseguirà legalmente un gesto inutile ed opinabile, evitando che lo si lasci spegnere inosservato. Obiettivamente, l’opinione pubblica è assuefatta di assistere impotente al concludersi impune di vicende del genere e di rischiare un DASPO per accuse di gran lunga minori e futili: è necessario che le istituzioni competenti si mobilitino per procedere secondo giustizia e si accorgano di come sia iniquo un sistema che sentenzia i possessori di un’asta da stendardo e/o di un tamburo per coordinare il ritmo canoro allo stadio e che soprassiede sulle pesanti intemperanze di quelli che dovrebbero fungere da depositari della serenità e che invece fomentano ulteriormente già ferventi ed ardenti animi.

Nonostante le scuse postume, di lapalissiana e scontata conseguenza ad un’azione improbabile, e la corretta mancata accettazione della parte danneggiata, sarebbe indispensabile che restasse rigida una convinzione: De Laurentiis & C., si riservi radicale ed ossequioso rispetto ai veraci baluardi che tengono ancora sentimentalmente erto un ideale, perché il pentir dopo non giova.

[Fonte: Canale Inter]