È il 5 novembre 2017. Allo stadio “Romeo Menti” di Vicenza i locali ospitano la Sambenedettese. Una sfida che manca da anni e che è cerchiata con il bollino rosso sotto il profilo dell’ordine pubblico a causa della storica amicizia tra tifosi veneti e pescaresi. In campo i berici hanno la meglio per 2-1, fuori fila tutto liscio, almeno fino al deflusso dei supporter marchigiani, quando si registrano delle tensioni e Luca Fanesi – tifoso rossoblu – finisce in ospedale (e poi in coma farmacologico) in circostanze ancora da chiarire.

Come capita spesso in questi casi, le versioni immediatamente successive sono disparate. Dalla Questura si parla di “caduta accidentale” e “testa battuta sul marciapiede”. Benché sin da subito appaiano chiare molte incongruenze, cominciando dalle ferite presentate da Luca Fanesi: fratture ed ematomi presenti sulla testa che costringono i medici a sottoporre lo stesso a tre delicati interventi chirurgici.

Nel dicembre scorso – dopo più di un anno di indagini condotte dalla Digos per conto della Procura di Vicenza che aveva aperto un fascicolo per rissa e lesioni contro ignoti – è arrivata la richiesta di archiviazione. Richiesta basata su una consulenza medico-legale effettuata senza sbendare la testa (come testimonia il servizio di Chi l’ha visto) – vale a dire la parte più colpita e danneggiata del corpo di Luca – e senza permettere ai familiari di essere presenti. Cosa che invece gli sarebbe spettata di diritto.

In seguito a questa perizia negli atti si riporta:

Le caratteristiche morfologiche delle lesioni, con particolare riferimento a quelle ossee, quale mezzo di produzione più probabile, un corpo contundente a superficie ampia e regolare quale, ad esempio, il suolo.

L’analisi dei dati clinico-documentali, clinico-obiettivi e testimoniali, anche alla luce della recente criteriologia medico-legale, identifica quale dinamica più probabile di produzione delle lesioni, una contusione cranio-encefalica prodotta dall’urto del capo contro il suolo (marciapiede) avvenuto in relazione a una caduta accidentale a terra.

Abbiamo incontrato Luca e suo fratello Massimiliano con l’obiettivo di approfondire una storia che, giorno dopo giorno, assume sempre più dei contorni inquietanti e misteriosi.

“Come si fa a chiedere l’archiviazione del caso senza aver minimamente visto la testa di mio fratello?”, si chiede Massimiliano Fanesi, ex calciatore professionista ed attualmente ancora impegnato nel mondo del calcio, al fianco di Luca sin dai primi momenti alla ricerca della verità. “Noi – spiega – abbiamo fatto una consulenza privata, in cui proviamo che le ferite hanno una causa ben diversa rispetto alla caduta accidentale. Abbiamo trovato un cicatrice sulla testa che lui non ha mai avuto prima di quel maledetto 5 novembre. A dimostrazione di come le cose non siano andate esattamente come narra la versione ufficiale”.

Ma come sono andate esattamente le cose quel giorno?
Di sicuro si sono registrati alcuni attimi di tensione tra le due tifoserie, arginati abbastanza presto dalla polizia. A tal merito va sottolineato come un punto nevralgico per il deflusso dei supporter (la rotatoria dove convogliano Viale Trissino, adibita al transito degli ospiti, e Via dello Stadio, che termina proprio davanti la curva di casa) venga presidiata soltanto dai vigili urbani. Nessuna macchina della polizia impiegata.

“Tra i presenti – spiega Massimiliano Fanesi – una vigilessa afferma ci fossero 7/8 tifosi del Vicenza non travisati e non armati, se non di ombrelli dovuti alla pioggia. Nel momento in cui passano i tifosi marchigiani, inveiscono contro di loro e iniziano le scaramucce. Questa è una delle quattro versioni esistenti. A sottolineare come ci sia davvero poca chiarezza su quel pomeriggio”.

“Per quella gara erano stati venduti 618 biglietti per il settore ospiti – ricorda. Mettiamo il caso che 100-150 si siano mossi con mezzi propri, tutto il resto ha raggiunto la destinazione con pullman e minivan. Una volta arrivati al casello di Vicenza Est hanno trovato solo tre navette ad attenderli. Una chiara sottostima. Inoltre fa pensare come oggigiorno, con tornelli e stadi militarizzati, un punto dove potenzialmente si verificano incidenti venga presidiato da una sola vigilessa. A cosa serve, dunque, tutta questa retorica sulla sicurezza alle partite di calcio?”

E le altre versioni quali sono?
“C’è un poliziotto che ha assistito alla scena da circa cento metri e dice di aver visto 15/20 vicentini travisati con spranghe e ombrelli, che al passaggio dei tifosi sambenedettesi li hanno assaliti. C’è una versione data da una parte di tifosi del Vicenza che però non è stata suffragata da un contraddittorio e che, anzi, non trova d’accordo la ‘Squadra tifoserie’ di San Benedetto”.

Infine c’è il video de Le Iene?
“Sì, da quello si vede che la polizia manganella deliberatamente sulla schiena i tifosi che sono a terra o che stanno scappando. Questo – sottolinea – è un video molto importante, perché è l’unico che ho preso io, girando e bussando a tutti i palazzi, senza passare prima per la Questura. Le deposizioni dei poliziotti sono antecedenti all’uscita di questo video. Il testimone dice che i vicentini hanno tirato torce verso i tifosi rossoblu, questi ultimi sono scesi e un ragazzo è stato circondato da venti persone. A detta sua sambenedettesi. La polizia sostiene che sentendo del venti contro uno avrebbe dedotto che questo “uno” fosse proprio Luca. Ma questo è facilmente smentibile dal video della scientifica, in cui si vede mio fratello correre senza nulla in mano e passare dietro il cellulare della polizia con la faccia pulita. Senza segni di colluttazione. Poi fa altri cento metri e, guarda caso, scivola proprio di fronte al portellone del blindato!”

La mappa della zona dove è ubicato lo stadio “Menti”.
In evidenza il “punto di contatto”, dove è avvenuto il probabile pestaggio.

In tutto questo va evidenziato l’ambiguo comportamento della polizia al momento in cui Luca cade a terra (ampiamente riscontrabile dai video di Chi l’ha visto). Nessuno si avvicina, gli agenti sembrano quasi aver paura.
“Le testimonianze della celere di Padova sono ovviamente fondamentali per le indagini. I poliziotti dicono che Luca cade – specifica -. Quasi tutti quelli che scendono verso il marciapiede dicono di vedere 20/30 ragazzi correre verso di loro armati e, per difendersi, gli agenti usano il manganello. Onde evitare di essere travolti. Dai video – spiega – si vede che invece che dalla parte del marciapiede passano 2/3 persone, compreso Luca. La maggior parte passa dall’altra parte. Quindi come fanno gli agenti a sostenere di aver rischiato d’esser travolti?”.

Una versione che viene prontamente smentita dalle immagini.
“Anche il video mandato in onda da Le Iene, e realizzato da un balcone che dà sulla strada, mostra queste contraddizioni. Loro erano quattro e avevano paura di esser travolti da tre persone? Dicono di aver manganellato per difesa e alle gambe, mentre invece dal video de Le Iene si dimostra che loro addirittura rincorrono i tifosi per picchiarli. E non solo alle gambe. Infieriscono anche quando i ragazzi sono in terra. Se confrontiamo le testimonianze dei poliziotti e i video emergono quantomeno dei dubbi. Quella non è legittima difesa! Perché non è stata confrontata la versione della polizia con video de Le Iene? Forse sorgerebbe il dubbio che sono state dette inesattezza. Addirittura dicono che Luca è stato travolto dai tifosi. Ma da quale calca? Quella che non c’era?”

Queste tuttavia non sono le uniche incongruenze in una storia che assume dei contorni torbidi. Se è vero che le dichiarazioni dei tifosi possono contraddirsi, è altrettanto vero che tutti sostengono ci sia stato un pestaggio. Mentre ufficialmente ci sono quattro “verità” che non tengono conto di aspetti fondamentali.
“Ci sono registrazioni telefoniche – racconta – in cui il coordinatore della Croce Rossa chiama il Suem (Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza, ndr) per invitarlo ad andare in Viale Trissino a soccorrere un tifoso picchiato dalla polizia. La cosa incredibile – dice – è che questo coordinatore non è fra i teste, almeno fra le carte che ci sono arrivate. Infatti è stato oggetto della nostra mozione contro la richiesta di archiviazione. Lui dovrebbe essere il primo teste a esser ascoltato e questo la dice lunga sulla superficialità con cui le indagini sono state condotte finora. Se un testimone neutro – non facente parte dei tifosi – va contro la polizia non va sentito? La sensazione è questa. Nella richiesta di cui sopra noi porteremo nuovi elementi”.

Inoltre nel referto del 118 si parla apertamente di:

“Trauma cranico senza PDC durante colluttazione con organi P.S.”.

“Nelle oltre duemila pagina del fascicolo aperto – sostiene – ci sono davvero tantissime contraddizioni. C’è un altro teste importante che al Pubblico Ministero dice una cosa, mentre nell’atrio del Pronto Soccorso ne dice un’altra. Ma le stranezze passano anche per la richiesta, da parte della procura, di esame del DNA di cui noi ancora non abbiamo ricevuto risposta”.

Le cicatrici ancora visibili sulla testa di Luca Fanesi

Nel frattempo arriva Luca, “scortato” dalla sua famiglia, che in questi mesi non solo non lo ha mai lasciato un attimo, ma si è battuta in prima persona perché la verità emerga e quanto accaduto all’esterno dello stadio Menti non venga messo a tacere per sempre.

Luca, come stai adesso?“Fisicamente non bene. Non sento più odori e sapori. Psicologicamente sto a pezzi. Dopo quello che mi hanno fatto devo anche sentirmi dire di esser caduto da solo. Dimmi com’è possibile questo? Avrei avuto almeno delle ferite al naso e alla bocca!”.

Chi era Luca Fanesi prima di questa storia? “La mia era una vita normale, divisa fra lavoro e famiglia. Faccio vigilanza antincendi in un centro commerciale e da qualche tempo ho anche ricominciato, seppur in maniera ridotta. Ora sto sempre in ospedale e ho continui dolori in diverse parti del corpo. Mi hanno detto che con il tempo la situazione migliorerà, ma ormai non ci credo più”.

E il tuo rapporto con la Samb? “Ho frequentato per 13 anni la curva, poi negli ultimi tempi, per impegni lavorativi alla domenica, sono andato molto meno. Quel giorno era meglio se stavo a casa – sorride amaramente – e comunque, anche dopo la fine del Daspo, dubito di tornarci”.

Già, il Daspo. Perché oltre al danno, Luca ha dovuto subire anche la beffa della diffida con obbligo di firma (poi revocata grazie alla vittoria in Cassazione da parte degli avvocati Tuffali e Contucci). “Sono stato costretto ad andare a firmare pur non riuscendo a camminare. Questo è stato voluto dal Questore, ed è una decisione che dovrebbe far riflettere. Non solo per le mie condizioni fisiche, ma soprattutto perché io non ho fato nulla, semmai sono vittima di questa faccenda!”

A San Benedetto com’è vissuta la tua storia dall’opinione pubblica? “Quando sono tornato la gente mi ha accolto con calore. Sono state delle grandi persone. Ma ovviamente c’è anche chi mi ha guardato con sospetto, pensando chissà cosa avessi fatto. Non nascondo, inoltre, che da quel 5 novembre il mio modo di vedere le istituzioni è totalmente cambiato. E quando leggo determinate cose ci sto male e provo un infinito senso di rabbia. Io lavoro da vent’anni e non ho mai infranto la legge”.

Ricordi qualcosa di quel giorno? “Assolutamente no. Le prime immagini le ho riviste a ‘Chi l’ha visto’. Ricordo solo gli attimi precedenti, quando stavo camminando con birra e panino in mano. Da sottolineare come al mio arrivo all’ospedale più di una persona mi abbia sentito dire la parola “polizia”. Questo, stranamente, non risulta però agli atti”.

Che idea ti sei fatto? “C’è interesse affinché il tutto venga archiviato, malgrado noi faremo il possibile perché ci sia una proroga delle indagini e si arrivi a un regolare processo. La richiesta di archiviazione è stata fatta senza andare in fondo alla questione. Non voglio sapere neanche i nomi dei colpevoli, ma debbono pagare per quanto fatto. Questa vicenda non va insabbiata ed è importante che si tenga sempre alta l’attenzione”.

“Ci sono tanti aspetti poco chiari – continua -. Io sono stato ripreso quando cammino, mentre quando finisco in terra la telecamera della polizia viene abbassata. Perché? Inoltre, le riprese della scientifica non mostrano quello mandato in onda da Le Iene. Considerando che gli agenti si trovavano proprio sul posto e sicuramente avevano mezzi migliori per registrare il tutto, questo la dice lunga. C’è stato un inutile accanimento verso i tifosi. Sarebbe bastato far rientrare tutti nei propri minivan e – come poi successo – prendere i numeri di targa e procedere secondo il loro protocollo. Invece si è andati oltre le righe”.

E le altre tifoserie come si sono comportate? “Mi sono stati tutti accanto – racconta -. Curve italiane ma anche straniere. È stato bellissimo e mi ha aiutato molto. Inoltre non finiremo mai di ringraziare quei ragazzi di Vicenza che ci hanno supportato anche a livello economico”.

Striscione per Luca esposto dalla Sud romanista durante il derby della passata stagione

A Chi l’ha visto hai conosciuto Ilaria Cucchi, ti senti vicino alla storia di suo fratello? “Molto. Ho avuto solo la fortuna di rimanere vivo. Purtroppo chissà quante ne succedono in Italia. C’è una pericolosa immunità di cui godono taluni personaggi. Finché non ci passi non lo puoi immaginare”.

Da qui ai prossimi mesi sapremo quale direzione prenderà questa scabrosa vicenda. Intanto chiudiamo ponendo un quesito, forse retorico: le indagini sono state condotte, sin dall’inizio, dalla Questura di Vicenza, quindi dalla Polizia di Stato, che in soldoni è stata chiamata a indagare su sé stessa. Fermo restando che in una realtà piccola come quella berica i rapporti sono, giocoforza, molto più stretti tra tutte le componenti rispetto a quelli che possono sussistere – ad esempio – tra i vari commissariati di una metropoli, non sarebbe stato più saggio affidare il caso a un altro corpo di polizia giudiziaria come possono essere Carabineri o Guardia di Finanza? Sembra di trovarsi di fronte a un vero e proprio conflitto d’interessi che mette in pericolo gli equilibri e l’imparzialità richiesta per prendere delicate e vitali decisioni.

Simone Meloni