Approfittando di una serata libera, per ammazzare il tempo, mi incuriosisce (anche se uso un termine troppo forte) l’evento di pallavolo che parte venerdì 9 agosto, riguardante il girone C di qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020 composto da Italia, Serbia, Australia e Camerun. 

L’evento si svolge al PalaFlorio di Bari, dal quale mancavo, praticamente, da quando ero un pivello, e Bari aveva una squadra che vi giocava le partite interne (non ricordo neanche se fosse di basket o pallavolo, ma ricordo sicuramente il calore della gente, sempre vicina alle gesta dei colori).

La cosa più particolare è la vendita dei ticket chiamati “La tribuna del tifoso”, destinati alle curve create appositamente per l’evento. A chi acquista il tagliando viene consegnata una maglia speciale per dare colore al palazzetto. 

Visionando in questi giorni gli articoli usciti sull’argomento, la famosa “tribuna del tifoso” è stata creata per “We are Volley”, progetto che agglomera diverse tifoserie organizzate, nato per aiutare l’Italia a superare il girone e a conquistare un posto per le Olimpiadi. L’idea di base dei dirigenti pugliesi della Federvolley è quella di radunare, come detto, i tifosi di diverse squadre di Superlega che durante l’anno sono “nemici” ma che, in questa occasione, si radunano in un’unica curva. 

L’appello sembra avere successo e si segnala la presenza di delegazioni da un po’ tutta Italia (Trento, Verona, Vibo, Modena, Perugia per citarne alcune).  

Non potevo mancare, per visionare, con occhio, la “tribuna” che avrebbe dato un minimo interesse alla mia presenza. Non rimango esterrefatto da come si possa comandare a bacchetta il tifoso, perché questa sera, senza quel colore aggiuntivo, sarebbe stata una partita con mezzi spalti deserti. Personalmente, ritengo che i campi da parquet siano sempre stati le cavie per portare successivi cambiamenti negli stadi italiani. 

Dalle musiche sparate ad alto volume ad ogni punto, allo speaker che commenta la partita con il microfono amplificato e in ultimo anche gli speaker animatori, si cerca d’imitare e scimmiottare il modello americano, senza trovare valide soluzioni che possono essere quelle dell’emozione date da un coro spontaneo dei tifosi. Eventi e situazioni che si stanno verificando con il passare degli anni anche in parecchi stadi italiani.

Nella noia più assoluta, rimango a guardare il “tifo organizzato”. Il copricurva è sempre un bel vedere, anche se dovessi osservarlo in terza categoria; il pubblico anima il palazzetto con cori ritmati da tamburi e trombe. Famiglie bambini e tifosi, in un clima assoluto di festa, animano una classica e noiosa giornata di sport.

Massimo d’Innocenzi.