La partita inaugurale dell’Europeo Under 21 è il match di apertura di un campionato che ha bene o male sempre attirato su di sé gli occhi dei media; ma per chi ha varcato negli ultimi anni la soglia di uno stadio, un pubblico di circa 29/30 mila persone è un dato che merita attenzione.

I fattori che si inseriscono nel pienone bolognese sono tre: i media, lo stadio e lo stadio pieno.

Partendo dai media, la partita inaugurale di un campionato europeo della fascia più alta in ordine di età tra le sezioni giovanili, ha ottenuto la diretta su RAI 1, nonché ampie presentazioni sulle prime pagine dei quotidiani sportivi nazionali nei giorni precedenti. L’afa bolognese poteva quindi rimanere a fare da sfondo alla partita, mentre co-protagonisti sarebbero stati il caro divano, il condizionatore e qualche bibita fresca.

L’arena in cui si svolge il match è il Renato dall’Ara, storico impianto a tutti noto, buono però per le cartoline d’epoca, con la sua pista d’atletica a distanziare in maniera notevole le curve dal campo, limitando la visuale dei partecipanti all’evento. Nota di merito i nuovi seggiolini, chiaramente più comodi ma discutibilmente utili per chi vuole supportare attivamente la propria squadra, concetto ormai in disuso, dato che probabilmente le società calcistiche odierne preferirebbero di gran lunga essere taggate in migliaia di foto a partita su instagram o facebook e ottenere valanghe di follows su Twitter. È la società liquida, bellezza (semicitando Bauman).

Infine, vi sono le circa 30mila persone, accomodatesi su quei seggiolini scaldati dal sole estivo di uno stadio non coperto. E questa è la cornice di popolo. Ma cos’è il popolo? Il popolo sono le persone che vivono in una nazione, in un territorio delimitato da confini convenzionali nonché immaginari. Dal lavascale all’ingegnere passando per il maestro e il tabaccaio. Essi si assiepano, non solo oggi, sugli spalti per assistere a partite che, nella società odierna che nega il proprio provincialismo, valgono qualcosa, che poi in un eccesso di schizofrenia torneranno a lodare le sue bellezze, scoprendo di continuo il fascino di Barletta, Pistoia, Pesaro e via dicendo.

Il fattore più reale e cinico del pubblico è quindi presente, sicuramente al nord e al centro Italia, nelle partite di A e di B. Si sparpaglia in vari settori, spesso sintomatici di diverse possibilità economiche e soprattutto di un differente concetto di vivere lo stadio, ma c’è. Si agghinda diversamente, con bomber o parka in curva e con trench e giubbotti di marche meno legate al casualismo oramai dilagante nei distinti e nei settori più “nobili”.

Al Renato dall’Ara per Italia Spagna under 21, score finale di 3-1, c’è stato un evento. 8 euro biglietto intero, 5 euro ridotto, leggo poi di chi ha pagato 3 euro perché ha la fidelity card non del Bologna, città ospitante, ma della Fiorentina.

Non si è scardinato un sistema concettuale, lo stadio rimane per noi ragazzi che lo conosciamo, lo specchio della società e delle tendenze da essa propugnate, contro cui spesso si cerca di remare nelle curve, ma al fischio della prima giornata di A tornerà a essere un luogo degno di biasimo benché utile a qualche inquadratura televisiva. La curva di certo non viene chiusa, ma viene usata: la cornice è utile, ti fidelizza, ti porta a spendere 80 euro per la maglia. D’altro canto, si è dimostrato che riempire gli stadi è possibile, la base è: non mettere i biglietti per i settori popolari a 40 euro…

Amedeo Zoller