Match di terza serie croata fra l’NK Jadran e l’NK Grobničan in cui la tifoseria locale celebra i trentasei anni d’esistenza del proprio movimento ultras. Semplice ma gradevole la coreografia allestita dai Šajete Boys: uno striscione a tema, alcuni palloncini bianchi e azzurri, poi ancora bandieroni, battimani e tanta voce. In categorie simili chiaramente è un’impresa trovare tifoserie organizzate, per cui va da sé che quello dello Jadran è un lungo ed incontrastato monologo, senza nessuna tifoseria avversaria di fronte. Se non ci sono ultras avversari, ci sono però una trentina di esponenti dei “Demona” dell’NK Istra, sopraggiunti al fianco dei propri amici in questa ricorrenza per loro così speciale. Filo rosso che lega le due anime è la medesima area geografica di provenienza, quell’Istria terra secolare di rivendicazioni, scontri e fortissimo senso di appartenenza. Lo Jadran è infatti la rappresentativa di Poreč che da questa parte del confine conosciamo come Parenzo, mentre l’Istra è la squadra della città di Pula o Pola, com’è facile evincere anche per i meno avvezzi alla lingua o alla geografia. Su quale sia il sentimento prevalente allo stadio o l’identità in cui si riconoscono in loco, lo si evince anche dai murales e dalle scritte all’esterno dello stadio o persino da pezze e bandiere all’interno, fra le quali immancabile è la scacchiera biancorossa croata, mentre fanno capolino anche riferimenti a Vukovar, la città lungamente assediata e contesa, simbolo della guerra serbo-croata; o ancora a Juraj Dobrila, vescovo di Parenzo e Pola (e poi anche di Trieste) che fu fra i più strenui difensori delle culture e delle lingue slave, nelle chiese e nelle scuole, nel periodo storico in cui queste erano subalterne al controllo italiano dell’Istria.
In campo, per la cronaca, la spuntano prevedibilmente gli ospiti, lasciando sempre più solo lo Jadran sul fondo della classifica.

Foto di Anej Ujčič