Una vittoria ottenuta all’ultimo istante, all’ultimo respiro. Con un gol segnato proprio sotto la Curva Nord, da un giovane romano, laziale da sempre, che con un piattone, al centro dell’area, la butta alle spalle di Gigi Buffon e regala la Supercoppa Italiana alla Lazio, scatenando la gioia incontenibile dei tifosi biancocelesti.

Ma le emozioni e gli episodi da raccontare in occasione di questa sfida sono molteplici. Una partita che potrebbe essere stata tranquillamente scritta e diretta da un regista di film ad alta tensione, con un finale inaspettato e mozzafiato.

E tutto comincia, come ogni pellicola che si rispetti, già parecchie ore prima del fischio d’inizio, quando Simone Inzaghi decide, a sorpresa, di non convocare per questa finale Keita Blade Diao, al centro di un vero e proprio intreccio di mercato, tra contratti non rinnovati, presunti accordi già trovati con un’altra squadra e polemiche quotidiane per una situazione che si trascina ormai da settimane. Il tutto, tra l’altro, e secondo i bene informati, dovrebbe concludersi con il calciatore destinato proprio alla Juventus. Ma la scelta dell’allenatore laziale di escluderlo per questa sfida, nonostante anche alcune assenze di rilievo, a poco più di ventiquattro ore dall’inizio della partita spacca, di fatto, i tifosi laziali, che si dividono tra chi appoggia pienamente la scelta di Inzaghi e chi invece si scaglia contro la società della Lazio, colpevole di non aver gestito al meglio la questione legata al calciatore cresciuto nelle giovanili del Barcellona.

La Curva Nord è, ovviamente, chiara sulle proprie posizioni in merito. Nella mattinata di domenica, infatti, in quel di Formelo, appaiono uno striscione e alcune scritte sui muri piuttosto eloquenti, firmate Irriducibili Lazio. “KEITA-CALENDA: MAIALI DI QUESTA SPORCA FACCENDA!” è un messaggio esplicito, che fa comprendere perfettamente come gli ultras laziali siano sostanzialmente stanchi di questo lungo tira e molla fortemente voluto, evidentemente, dal calciatore e dal suo procuratore, senza alcun tipo di riconoscenza, di fatto, nei confronti della squadra che gli ha dato spazio e ha creduto in lui.

E con questa rinnovata fiducia della parte più calda della tifoseria biancoceleste nei confronti di Mister Inzaghi, si giunge quindi alla serata della finale. Oltre 50.000 persone sono presenti allo Stadio Olimpico per questa partita. La Curva Sud e la Tribuna Monte Mario è stata assegnata ai tifosi bianconeri. La Nord e la Tribuna Tevere, come di consueto, ai sostenitori biancoazzurri.

Una serata di metà agosto calda, si, ma fortunatamente non come i giorni che l’hanno preceduta. Una serata di metà agosto, però, carica di tensione e di aspettativa da parte di entrambe le compagini e delle relative tifoserie. Ci si aspetta una sfida combattuta, in campo e sugli spalti.

Mentre le squadre fanno il proprio ingresso sul rettangolo di gioco, nel settore bianconero vengono alzati al cielo diverse bandiere e stendardi. Molti di questi sono rappresentativi della varie città, sparse in tutta Italia, di provenienza dei sostenitori bianconeri. In particolare poi, nella parte in basso a destra della Curva Sud, i tifosi assiepati dietro lo striscione 1986 espongono alcune due aste tutte con la scritta “Sei il nostro folle amor che abbiam nel cuore…“. In Curva Nord invece i tifosi laziali colorano l’intero settore grazie all’ausilio di migliaia di bandierine. Nei distini sono bandierine tricolori. In curva sono biancocelesti. Al centro della curva una grossa immagine che rappresenta tre ultras laziali: il primo a sinistra mostra fieramente la propria sciarpa della Lazio, quello al centro invita con le mani gli avversari a farsi avanti e l’ultimo, a destra, è pronto a sferrare qualche pugno. Completa il tutto un enorme striscione affisso in vetrata e che riporta testualmente la scritta: “CREDI CHE CHI C’HA L’ORO SIA ‘N SIGNORE, L’ORO PE’ ME NUN CONTA… CONTA ER CORE!”.

Pronti, via. E la partita ha inizio. Con le due tifoserie impegnate a sostenere a gran voce i propri giocatori sul rettangolo di gioco. L’intensità e la continuità del tifo, nel corso dei novanta minuti, saranno influenzati, ovviamente, anche da quanto accade in mezzo al campo. Con le due formazioni che si fronteggiano sul manto erboso. E con le due curve che inneggiano, insultano, esultano ed inveiscono a squarciagola, spingendo i propri giocatori all’attacco o aiutandoli quando c’è da difendere.

Diversi i cori di reciproca offesa e contro la repressione. Diversi anche quelli contro gli odiati romanisti da parte della curva della Lazio.

Le bandiere sventolano incessantemente. I battimani si sprecano, dettando il ritmo dei cori. Sugli spalti si sta dando il massimo, così come in campo dove la partita è viva, combattuta su ogni singola palla.

Dopo i primi minuti di gioco con la Juventus sicuramente più propositiva, sale in cattedra, piano a piano, la Lazio che riesce a portarsi in vantaggio grazie ad un calcio di rigore ottenuto e poi trasformato da Ciro Immobile. Il gol scatena ovviamente l’entusiasmo dei tifosi biancocelesti che aumentano notevolmente i decibel del proprio apporto vocale. Delusione e amarezza nella parte opposta dello stadio, dove si continua a tifare, ma sicuramente con minor convinzione di prima. Convinzione che viene ancora meno all’inizio del secondo tempo, quando ancora Immobile, con un colpo di testa beffardo, supera in pallonetto l’estremo difensore della Juventus Gigi Buffon. Quello stesso Buffon che all’inizio della seconda frazione di gioco, andato a difendere i pali sotto la Curva Nord, era stato acclamato a gran voce (come ogni volta che è venuto a giocare all’Olimpico contro la Lazio) dagli ultras biancocelesti, rispondendo ai cori di stima con ampi gesti di saluto.

Due a zero. Sembra finita. Ma la Juve, si sa, da grande squadra qual è, è piena di risorse. Ed il regista del film di questa sera ha ancora in serbo molte sorprese. Mentre sugli spalti sale l’ansia e l’attesa, in campo la Juve prova a reagire. E a pochi minuti dal triplice fischio accorcia le distanze con una punizione magistralmente calciata da Dybala, che tra l’altro indossa per la prima volta in una gara ufficiale il numero 10 sulle spalle.

Due a uno e partita riaperta. Si riaccendono le speranze anche in Curva Sud che ricomincia a farsi sentire, credendo nella rimonta.

Scorrono i minuti, siamo al novantesimo ma ecco l’ennesimo colpo di scena: l’arbitro assegna un calcio di rigore per la Juventus. Dal dischetto si presenta nuovamente Dybala, che spiazza l’estremo difensore laziale e riporta in parità la partita, siglando la rete proprio sotto il settore degli ultras juventini. Il ruggito della curva bianconera al gol del pareggio è assordante. La Juventus ha compiuto la rimonta e lo spettro dei supplementari si staglia sopra lo stadio Olimpico.

La Lazio sembra non abbia più le gambe per reagire, ma la Nord continua ad incitare a gran voce. Mancano davvero pochi istanti al termine della partita, il recupero è di appena quattro minuti. Ma il regista di questa serata vuole terminare col botto, lasciando letteralmente a bocca aperta lo spettatore. Mentre le lancette scorrono inesorabili, Lukaku si invola sulla fascia, supera un difensore e con una rasoiata indirizza il pallone al centro dell’area juventina. Il più lesto di tutti è un ragazzo di appena 21 anni, cresciuto nelle giovanili biancocelesti e tifosissimo della Lazio. Si chiama Alessandro (un nome che per i tifosi laziali rievoca bellissimi ricordi) e di cognome fa Murgia. E’ entrato da appena dieci minuti e si avventa su quel pallone con rapidità, impattandolo e indirizzandolo in porta. Rete. Al 93′ minuto. Dopo essere stata raggiunta, nonostante il doppio vantaggio, il colpo di coda finale ha dell’incredibile. Buffon è battuto per la terza volta e l’autore del gol corre a perdifiato, inseguito da tutti i suoi compagni, sotto la Nord, che esplode letteralmente di gioia per un’impresa che sembrava irrimediabilmente compromessa. E mentre lui raggiunge la Curva biancoazzurra, proprio davanti lo striscione Irriducibili, i tifosi laziali scendono giù, verso la vetrata, a valanga, unendosi in un ideale abbraccio con i propri giocatori.

Tre a due per la Lazio e cala, quindi, definitivamente, il sipario. E mentre scorrono i titoli di coda, la Lazio alza al cielo il trofeo e festeggia insieme ai suoi tifosi, tutti sotto la Curva Nord, ancora una volta. I tifosi juventini abbandonano mestamente lo stadio, mentre i sostenitori laziali, ebbri di gioia saltano, cantano, sventolano le proprie bandiere. Di li a poco invaderanno le vie principali della città, colorandole di biancoazzurro. E poi a notte fonda si daranno tutti appuntamento a Formello, per festeggiare ulteriormente insieme alla squadra. Insieme a quei calciatori che hanno realizzato un sogno e che hanno dedicato questa vittoria, come dichiarato più volte ai microfoni dei cronisti al termine della partita, al popolo laziale, che anche questa volta è stato al fianco dei suoi giocatori.

Testo di Daniele Caroleo.
Foto di Salvatore Izzo.