Il mio fine settimana in Germania prosegue con una partita in 3. Liga (la Serie C locale). Da Magonza, con la macchina, mi serve un po’ più di un’ora per raggiungere Karlsruhe.

Il sole oggi c’è e contrasta decisamente con la giornata precedente, con un’umidità pazzesca e un bel freddo.

Il fischio d’inizio è previsto per le ore 13.00. Per una volta arrivo veramente in anticipo e, con l’accredito stampa, la società locale mi ha anche messo un parcheggio a disposizione. Dettaglio significativo che fa sempre piacere.

Mi sono deciso a venire a Karlsruhe per un motivo molto semplice: su internet ho visto che lo stadio sarà totalmente distrutto per essere ricostruito e rifatto. Quindi, due settimane fa, la tifoseria locale ha organizzato una festa per dire addio alla sua casa storica, in occasione dell’ultima partita nel vecchio Wildparkstadion ancora integro. Intanto il Karlsruher Sport-Club continuerà a giocare nel vecchio impianto, mentre i lavori proseguiranno con la distruzione e la ricostruzione di un settore per volta.

Lo stadio, e da qui si capisce il nome (letteralmente tradotto “parco selvaggio”) è in mezzo ad un parco dove una volta c’erano cervi. Questo spazio è abbastanza particolare perché si trova vicino al centro storico ed al castello di Carlo III Guglielmo.

Per chi non lo sapesse, Karlsruhe è una delle ultime grandi città in Europa ad essere edificata e pianificata ex novo, nel 1715. Il margravio di Baden-Durlach, decise la sua costruzione e disegnò la pianta urbanistica. Fu una specie di città modello, dove, partendo da un castello al centro, si dipartivano le strade nella parte meridionale, come i raggi del sole.

In due anni, lo Schloss (castello in tedesco) e la città furono edificati. Difatti, per chi viene qua, e guarda le strade che portano allo stadio, il percorso è a cerchi concentrici! Il cerchio più piccolo vede il castello al centro con attorno un parco e nella sua parte sud il centro storico; nel secondo cerchio, più grande, a nord ovest c’è un bosco e là sorge lo stadio.

Il castello è dunque una tappa obbligatoria per chi viene a Karlsruhe e la sua visita è consigliatissima. Poi, dalla torre del castello c’è una vista perfetta, sia sullo stadio che sulle 32 strade che sono come dei raggi che corrispondano alla rosa dei venti. L’urbanistica storica della città è davvero pazzesca e fa capire che visione aveva Carlo III Guglielmo. Difatti, la città che venne inaugurata nel 1717, prende il nome dal suo fondatore, poiché Karlsruhe in tedesco significa «riposo di Carlo».

Nel parco attorno al castello, posso notare tanti tifosi che vanno allo stadio camminando sotto il bel sole autunnale. Lo stadio è sì e no a venti minuti a piedi. Il clima fa proprio venire voglia di andare alla partita.

Gli ospiti sono i bavaresi del TSV München 1860, una squadra storica per chi mastica un po’ di calcio tedesco. A livello di titoli, è la seconda squadra di Monaco di Baviera, ma la prima a livello storico (è più vecchia di un anno del Bayern). Ha conosciuto la disgrazia del fallimento nel2016/17. La stagione scorsa i leoni(il soprannome della squadra) sono ripartiti dalla Serie D (la Regionalliga) e sono stati immediatamente promossi in 3.Liga dopo appena una stagione.

Il Karlsruher SC invece nasce dall’unione di varie compagini locali. Una di queste era il Karlsruher FC Phönix sorto nel 1894. Dopo varie fusioni, il 16 ottobre 1952, il KFC Phoenix e il VfB Mülhburg si unirono per dare vita al Karlsruher Sport-Club Mühlburg-Phönix.

La società bianco-blu non ha un palmares eccezionale, l’ultimo scudetto risale al… 1909 e le due coppe di Germania sono state vinte nel 1955 e nel 1956. Negli ultimi 50 anni, la squadra ha giocato 18volte in Bundesliga, 28 volte in 2. Bundesliga e 4 volte in 3. Liga.

Difatti l’anno scorso il KSC ha mancato la promozione per un soffio. Finendo al terzo posto il campionato di 3. Liga, i biancoblu si sono giocati la promozione in due partite contro la 16ma di 2.Bundesliga, il FC Erzgebirge Aue, che ha vinto la seconda sfida ed è rimasto nella sua categoria.

Attorno allo stadio c’è un bel po’ di gente. Il clima prepartita è molto tranquillo e, anche se ci sono dei rischi di scontri, la polizia si vede solo in maniera rilassata attorno al settore ospiti; non ci sono transenne, e si può passare tranquillamente.

I botteghini sono aperti e la gente fa la fila per comprare i biglietti. I prezzi non sono così economici per una Serie C, ma non sono neanche troppo alti. La curva costa 13€ per un adulto e 10€ per un bambino ed il posto più caro, cioè la tribuna alta, arriva a 36€. C’è la fila per entrare, ma in pochi minuti sono dentro, dove trovo efficienza e tranquillità nei controlli di sicurezza; come al solito, in Germania si può fare il giro dello stadio (tranne il settore ospiti).

Approfitto dell’occasione per andare al container dietro la gradinata per comprare un po’ di adesivi e fanzine degli ultras locali. Poi via a ritirare la pettorina dei fotografi.

Ho pochi minuti per trovare il posto giusto per scattare sia alla gradinata di casa che al settore ospiti. Appena metto piede in tribuna mi trovo un po’ disilluso sullo Wildparkstadion. Me l’immaginavo più grande. Stessa cosa per il settore degli ultras di casa: non so perché, avevo in mente l’immagine di un settore molto ampio. Ma, dopo alcuni minuti, rivaluto tutto.

La tribuna dove mi trovo è stata costruita nel 1993, mentre il resto della struttura è piuttosto vecchio. Difatti lo stadio fu edificato nel 1955 per una capienza di 55.000 spettatori. Sulla mia sinistra c’è un bel vuoto, dato che la curva è stata abbattuta da due settimane. Ma prima dei lavori, la capienza dello stadio era di 28.762 spettatori. Con il nuovo stadio, la capienza sarà ampliata a 34.000 posti, ma devo dire che il progetto mi sembra abbastanza triste, come sempre succede con questi stadi «Ikea».

Oggi ci sono 16.477 spettatori, un numero ottimo per una partita di Serie C. Come già scritto nel mio articolo di Magonza, qua non servono i motti «tifa la compagine locale», perché andare allo stadio a sostenere la propria città è scritto nel DNA dei tedeschi. E qua, per me, risulta il vero fascino delle tifoserie della Germania: non il loro modo di fare gli ultras, ma il fatto di essere veramente un popolo di tifosi, di andare allo stadio in tutto il paese.

Qui non servono discorsi per far «tornare le famiglie», perché le famiglie, come le giovani coppie, o i più anziani e gli adolescenti, già ci sono negli stadi. La ricetta? Non c’è bisogno di essere un esperto in marketing: biglietti a prezzi normali, botteghini aperti a tutti il giorno della partita, non serve un documento o un controllo d’identità per andare allo stadio, stress zero e sicurezza ben organizzata ma senza esagerare.

Certo, non bisogna credere che tutto vada bene; infatti, anche qua ci sono degli eccessi dei tutori dell’ordine, come provato dai tre pullman di tifosi marsigliesi diretti a Francoforte quattro giorni dopo e arrestati dopo il confine franco-tedesco con minuziosa perquisizione (tre ore e mezzo di sosta e obbligo di tornare indietro senza vedere la partita con minaccia di arresto per quelli che volevano proseguire).

Di fronte a me c’è la tribuna dove prendono postogli ultras locali. Ci sono tre gruppi a fare il tifo per i biancoblu. Il gruppo trainante sono i Phönix Sons (i figli della fenice), che prendono il nome dalla vecchia denominazione del KSC. Sono attivi dal 1999 e sono appoggiati dai Rheinfire (dal 2002), dagli Armata Fidelis (2003) ed infine dai Wild Boys (dal 2004).

I quattro gruppi sono posizionati nel lato in alto a sinistra della gradinata. Il lanciacori si posiziona in basso, sopra ad uno stendardo col ritratto di Moser, un tifoso purtroppo scomparso. Accanto a lui c’è un ragazzo con un tamburo (abitudine che ho già visto in Polonia, ed è anche abbastanza diffusa in Germania).

Cinque minuti prima del fischio d’inizio, tre portabandiera del club salgono sul campo, come era già successo a Magonza.Dagli altoparlanti si diffonde l’inno del KSC e quasi tutto il pubblico presente, ad eccezione del settore ospiti, fa una sciarpata.

Nel settore ospiti si preannuncia qualcosa di carino visto lo striscione gigantesco che sta per essere disposto. Al momento noto solo una cinquantina di bandiere biancoblu che danno un bel tocco di colore ad uno dei due settori occupati dagli ospiti. Ore 12.58, i 22 giocatori, accompagnati dal trio arbitrale, entrano sul prato verde.

Dal settore di casa sventola qualche bandierone e niente di più, mentre dal settore ospiti, occupato dagli ultras di Monaco di Baviera, si può leggere sullo striscione: «i padroni del campionato», mentre un tifoso squallido (o scomodo?) seduto su un divano tiene un mastino col guinzaglio. Poi ci saranno più di trenta torce accanto a questo personaggio.

Per capire questa auto rappresentazione un po’ ironica del tifoso medio del Monaco 1860, bisogna pensare che questi è sempre stato considerato come uno della classa operaia, mentre quello del Bayern proviene dalla Monaco “bene”, dal quale deriva il soprannome di “Schikeria” (che è anche il nome del gruppo ultras del Bayern). Infatti, la società biancoblu di Monaco ha come sede il quartiere operaio di Giesing.

Secondo me, il risultato di questo spettacolo è d’impatto, e mi fa piacere vedere anche tanta pirotecnica a corredo. Ma, gli ultras locali sapevano già il messaggio dei nemici bavaresi, perché hanno risposto su uno striscione: «Il padrone del campionato? È ancora il KSC!».

Ma, questo striscione, già appeso dietro la porta, è stato anch’esso soggetto di una risposta immediata degli ospiti: «I vostri padroni sono a Berlino e Zurigo!», per prendere in giro i locali sulle loro amicizie.

Posso notare che la pirotecnica non è finita dallato bavarese, con alcuni fumogeni a barattoli bianchi. Devo dire che l’impressione sugli ospiti è davvero buona! Definire il loro numero è sempre difficile, direi che si aggira sulle 2.000 unità, un numero altissimo se si considera la categoria (Serie C). Bisogna dire che la distanza, 300 chilometri, non è così proibitiva, ma vorrei vedere numeri simili in Francia ed in Italia. Tra l’altro, siamo solo alla prima parte della stagione e dopo 15 partite il TSV München 1860 è solo al 10° posto.

Questa è un’altra qualità delle tifoserie tedesche, e non parlo solo degli ultras che, come avevo già spiegato nell’articolo precedente, sono solo una vera minoranza del pubblico; mi riferisco al tifoso tedesco medio, di qualsiasi squadra, che viaggia eccome, indipendentemente dal risultato! E ovviamente anche l’ultras tedesco viaggia su ottimi numeri.

Gli ospiti hanno un solo gruppo che si chiama «Münchner Lowen», cioè i Leoni di Monaco. Fondato nel 2017, il gruppo trainante della tifoseria ha sostituito i vecchi Cosa Nostra (sciolti nel 2016), che si erano segnalati per un mega graffito inItalia, ed i più giovani Giasinga Buam, (anche loro sciolti da poco tempo).

Nel settore ospiti è possibile vedere un posto dedicato ai lanciacori, segno che i tifosi sono trattati di una maniera totalmente diversa rispetto alla Francia o all’Italia. A coordinare il settore sono quattro ragazzi, due coristi in basso e due in mezzo al settore, aiutati da alcuni tamburi.

Posso notare una certa rivalità tra le due fazioni; bisogna dire che i bavaresi sono amici con i ragazzi di Kaiserslautern, tra i peggiori nemici di quelli di casa. Come sappiamo bene, la legge del beduino vige nelle curve e dunque: «gli amici dei miei nemici, sono i miei nemici».

Con i ragazzi di casa si nota una pezza berlinese, più precisamente dei ragazzi degli Harlekins. Questo gemellaggio tra Karlsruhue e l’Hertha Berlino dura da un bel po’. Credo che ci sia anche una presenza di ragazzi provenienti dall’Austria, più precisamente della Brigata dello Sturm Graz, con cui c’è un’altra amicizia. Infine, per essere preciso, si notano anche alcune sciarpe pisane in mezzo ai tifosi del KSC.

Il tifo dei locali è buono e costante, ma non sono affascinato del repertorio vocale, che trovo molto tedesco nello stile, cioè abbastanza lento sul ritmo dei canti.

Il lato della gradinata dove ci sono gli ultras locali segue benissimo le direttive dell’unico lanciacori. Al quarto minuto ilKSC segna per la gioia dei locali. Un paio di minuti dopo, posso notare unlungo striscione contro la federazione: «Tutti lo sanno, corruzione e sentenze assurde sono collegate a voi»; poi, ci sarà un altro messaggio molto chiaro:«DFB vaff…» (DFB sta per la Federazione tedesca di calcio). I vari gruppi ultras del paese sono spesso d’accordo nel denunciare le magagne della federazione locale. Tra l’altro, ci sono dei grossissimi dubbi sul fatto che la federazione di calcio abbia comprato alcuni voti per l’assegnazione alla Germania della Coppa del Mondo 2006.

La gradinata dove prendono posto gli ultras del Karsruhe è molto bella e ne rimango affascinato. Peccato che debba essere distrutta perché è un vero esempio di tempio del tifo popolare. Nella parte bassa, lungo il rettilineo, ci sono migliaia di persone in piedi, come sui lati dell’unica curva che ancora c’è. La maggior parte di questa gente segue la partita e tifa poco, ma offre un aspetto vintage incredibile e ricorda proprio gli spalti come erano una volta.

Ultimo dettaglio, c’è una «no man’s land» sulla destra di questa tribuna perché contigua col settore ospiti. Nella parte alta della «no man’s land» si possono notare una decina di agenti delle forze dell’ordine che da questa posizione possono controllare ad occhio e telecamere il settore ospiti.

Il primo tempo sta per finire ed il tifo degli ospiti sembra anche molto costante. Decido di fare il secondo tempo sotto il loro settore.

La partita sul campo è un monologo del Karlsruhe. Anche se al 29° minuto gli ospiti segnano il goal del 1-1, un minuto dopo è già 2-1 per il KSC e al 25° è 3-1.

Appena il primo tempo è terminato decido di andare sotto l’unica curva rimasta in piedi, postazione perfetta per sentire i biancoblu di Monaco e vedere anche i locali.

Il tifo dei leoni è buono, anche se sono sotto due goal, e ci sono decine di bandierine biancoblu, sempre in movimento, alcune coni colori gialloneri, che sono quelli della città di Monaco di Baviera. Poi vari bandieroni sono sventolati nella parte bassa del settore, quella occupata dagli ultras. Nel secondo settore ospiti ci sono diversi striscioni di club, con gente che segue la partita al 95% seduta, senza partecipare quasi mai al tifo.

Poi, al 60° minuto, c’è la tradizionale sciarpata dei tifosi del TSV München 1860. Vista la data di fondazione, si capisce perché a questo momento preciso c’è questa esecuzione. Anche il secondo settore partecipa, con la gente che si alza e tira fuori la sciarpa e la voce. Poi, bella sorpresa, i ragazzi dei Münchner Lowen decidono di accendere ancora una quindicina di torce! Tra tifo e coreografie sono sorpreso degli ultras ospiti, devo essere sincero, non m’aspettavo uno spettacolo simile.

La partita sta per finire, e sul campo si capiscono i limiti tecnici dei bavaresi. Gli ultras locali aspettano il triplice fischio per festeggiare, anche se all’ultimo minuto gli ospiti segnano il goal del 3-2 che non serve a niente. Alla fine, il KSC mette nella sua bacheca 3 punti importanti per la promozione in 2. Bundesliga.

A fine partita i portabandiera dei club vanno sotto il settore degli ultras locali e aspettano i giocatori. Come sempre in Germania, la comunione tra ultras e calciatori è abbastanza duratura.

Anche i giocatori ospiti vanno a salutare e ringraziare i propri tifosi. Durante i festeggiamenti con la squadra, gli ultras locali non dimenticano i loro diffidati e tirano fuori uno striscione per loro. Poi, dopo un po’ di minuti, la gradinata comincia a svuotarsi e posso notare dei graffiti.

Se penso che questa bellissima tribuna sarà distrutta e con lei tutti i sogni, le gioie, le speranze accumulati in 63 annida generazioni di tifosi del KSC, mi viene già nostalgia. Non è la mia società, è solo la prima volta che vengo qua, ma capisco benissimo che questa è stata, più che una tribuna, una vera casa; forse non la più comoda, la più bella, ma andava bene a tutti. Fra alcuni mesi la gradinata sarà distrutta e credo che per i suoi frequentatori sarà durissimo lasciarla. Di sicuro un pezzo del loro cuore resterà tra le rovine.

Perché quando uno si innamora per la prima volta della sua squadra, anche queste cattedrali di calcestruzzo emanano il loro fascino.

Sébastien Louis
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