La “Coppa dalle grandi orecchie” la chiamavamo una volta. Quando era bello giocarla. Quando a disputarla c’erano davvero i campioni. I soli vincitori di ogni campionato. Io me la ricordo, anche se ero piccolo. Ed essendo nato in una città che di Coppa dei Campioni ne ha fatta davvero poca, su tutte e due le sponde, ricordo quasi con nostalgia quanto a Roma questa competizione fosse vista come un’oasi lontana e irraggiungibile. C’era la Coppa Uefa, quella sì, era spesso teatro di buone prestazioni da parte di Roma e Lazio. Poi c’era la Coppa delle Coppe. Che torneo! Vi partecipavano solo i vincitori delle coppe nazionali e, prima dell’avvento della Champions League che lentamente ha distrutto e saccheggiato tutte le altre competizioni europee decretando la morte della Coppa delle Coppe, questo torneo non era affatto secondario. Basti pensare che tra i vincitori si annoverano Barcelona, Bayern Monaco, Sampdoria, Lazio, Fiorentina, Juventus, Tottenham, Milan, Manchester United, Parma, Atletico Madrid e Chelsea. La realtà, come detto, è che la riformulazione dei tornei continentali ha portato alla sua morte in luogo dell’ascesa di questa Champions League.

Una coppa creata solo ed esclusivamente per l’èlite del football europeo. Ovvio che una coppa fatta per i campioni debba essere la più prestigiosa, ci mancherebbe. Ma non deve neanche fungere da parassita divora tutto. E invece così è stato. Un aspetto che si è ripercosso sul nostro calcio il quale con l’avvento della crisi, la perdita di credibilità e importanza in ambito internazionale, tende sempre più a gettarsi in questa competizione per guadagnare quei 15-20 milioni e poi subire eliminazioni con figure barbine. O peggio ancora venir retrocessi in Europa League senza avere mai l’obiettivo di vincerla ma, anzi, schierando spesso e volentieri le seconde linee venendo buttati da fuori da sodalizi nettamente inferiori.

Per questo io non amo la Champions League, non amo il suo clima, non amo le sue regole e non ne amo nemmeno i tifosi. “Eh ma se andiamo avanti la società incassa tot euro”. Dicono. Come se noi fossimo la società e i soldi li incassassimo nelle nostre tasche. Ma soprattutto come se questi soldi davvero permettessero alle società di tornare a essere vincenti (negli ultimi 10 anni quanti bonus Uefa hanno incassato le squadre italiane e quante coppe hanno vinto?). Questo è un ragionamento in voga tra molti tifosi, che preferiscono un ottavo di Champions piuttosto che una finale di Europa League. Assurdità. Soprattutto quando si è tifosi di Roma, Lazio, Napoli e Fiorentina. Società che nella bacheca hanno davvero ben poco. Io sarò per tutta la vita un sostenitore delle coppe che si possono vincere e dove, oltretutto, è un piacere affrontare trasferte perché spesso lontane, pericolose e totalmente diverse dalla standardizzazione di questo circolo privato dove se non hai Cristiano Ronaldo piuttosto che Guardiola sulla panchina, sei un morto di fame da schiacciare.

E allora non mi si chieda questa sera di raggiungere l’Olimpico con entusiasmo. Oltretutto giocassimo contro un avversario con una belle tifoseria almeno avrei uno stimolo, ma questi del City li ho già visti a Napoli qualche tempo fa e so di che pasta sono fatti: pasta frolla che si spezzetta appena la guardi. Metto piede in tribuna stampa alle 20:15 con lo stadio che registra un’ottima cornice ma non di certo il tutto esaurito come qualcuno ha voluto far credere (gli spettatori sono 54.119, come riportato dai dati ufficiali). E non potrebbe essere altrimenti con una Curva venduta a 40 Euro e un Distinto a 60. Almeno per ora la società di Pallotta su una cosa si sta davvero allineando ai grandi club europei: il prezzo dei biglietti.

Alla mia sinistra i tifosi mancuniani, 1.500 circa. Molte sono le bandiere contro la Uefa esposte da loro (come da quelli del Bayern nelle gare precedenti) che recitano “Respect fans”. Spero che ai nostri fenomeni giornalai non sia sfuggito il fatto che hanno seguito tutta la partita in piedi e tra loro spiccava la presenza di una banana gonfiabile. L’avessero portata i tifosi italiani probabilmente si sarebbe gridato al razzismo, quando ovviamente si tratta solamente di un oggetto goliardico per sfottere i tifosi avversari. Detto ciò posso anche liquidare qui la loro prestazione, si faranno timidamente sentire giusto dopo i due gol dei Citizen e al triplice fischio. Per il resto davvero il nulla cosmico. Una delle peggiori tifoserie viste a Roma. Peccato perché un tempo ero un grande sostenitore del Manchester City. Fino a metà degli anni 2000 era la mia squadra preferita in terra d’Albione. Ero intrigato dalla sfortuna che li accompagnava in quegli anni, stagioni in cui scesero fino alla terza divisione. Ricordo il loro ritorno in Premier League e il primo derby vinto con lo United dopo che la sfida mancava da anni. Ricordo il vecchio stadio Maine Road. Ma oggi non c’è più nulla di tutto ciò, al suo posto una società ricca e vincente, con tifosi che si permettono il lusso di venire in Italia e sbeffeggiare un calcio che, giustamente sia chiaro, vedono attualmente nettamente inferiore.

A inizio partita la Sud si esibisce invece con un bel mix di torce e fumogeni. Uno spettacolo pirotecnico alla faccia della Uefa che vorrebbe interdire completamente questi oggetti fondamentalmente innocui. Molti i bomboni lanciati sulla pista d’atletica. Qualche torcia fa capolino anche in Curva Nord. La gara ha inizio e il tifo si mantiene su buoni livelli con le bandiere sempre tenute in alto. In campo la Roma, come le è successo tante volte nella storia, perde l’ennesima occasione e viene buttata fuori dalla Champions con i gol di Nasri e Zabaleta nella ripresa. Per i giallorossi sarà Europa League e chissà se la società, oltre a fare chiacchiere su quanto sia importante essere competitivi a livello internazionale, imporrà per una volta alla squadra di disputare questa competizione come si deve.

Al triplice fischio la Sud chiama i giocatori sotto la curva riservandogli un lungo applauso e il coro “Vinceremo il tricolor” che, come in occasione della partita malamente persa contro il Bayern, sta a significare “la Champions era ovvio che non la vincevamo, ma vedete di vincere il campionato che è alla nostra portata”. Niente di più, niente di meno. Anche questo sarebbe un atteggiamento da sbattere in faccia ai nostri cronisti che troppo spesso, vedendo tifosi stranieri che applaudono nonostante la sconfitta, apostrofano le nostre curve con la frase “scene che in Italia non vedremo mai”, mentendo sapendo di mentire. Perché non è certamente prerogativa dei romanisti quella di incoraggiare la squadra anche dopo una prestazione pessima.

Il freddo che stasera cala su Roma è pungente. Da quando sono tornato dalla Russia ho imparato a non lamentarmi mai delle basse temperature, anche fossero 3-4 gradi. Ma il vestirmi abbastanza leggero mi gioca un brutto scherzo. Così allungo il passo per raggiungere la macchina e tornare a casa. In attesa che i sorteggi di Europa League mi regalino qualche tifoseria degna da vedere nel settore ospiti dell’Olimpico.

Testo Simone Meloni

Foto Cinzia La mia Roma