Sono stati comunicati pochi giorni fa gli orari e le date delle partite degli Ottavi di finale di Coppa Italia. È dalla fine della scorsa stagione che rimbomba nelle orecchie il ritornello di chi, vanitoso di parole ma esiguo nei fatti, si tronfia di voler rilanciare la competizione che assegna la coppa nazionale. E allora ci si aspettava che, almeno per questo turno dove entrano in gioco le “big” del campionato di serie A, ci si potesse affidare a degli orari accettabili, che consentissero un’affluenza di pubblico degna. Ma anche questa volta, la speranza dei tifosi italiani è stata disattesa, lasciando il posto alla più totale delusione. Alcune partite giocate a metà settimana con calcio di inizio alle ore 15. Ma chi decide questi orari, a parte il compiacersi di sé stesso e delle proprie doti o qualità che rimangono nascoste ai più, cosa ha nel cervello? Scusate, ma la domanda nasce spontanea. Così come spontanea è la richiesta di capire cosa intendono fare con la Coppa Italia, rilanciarla una volta per tutte o affossarla completamente perché è solo un fastidio? Nel secondo caso, l’obiettivo è poco distante dall’essere raggiunto. Questa competizione dovrebbe essere un premio e dare soddisfazione ai tifosi e giocatori di tutte le squadre professionistiche, indipendentemente dalla categoria di appartenenza. Sì, perché il sogno di chi assiepa settimanalmente gli spalti obsoleti delle categorie inferiori (inferiori solo di nome) e di chi in quelle categorie vi gioca, magri lavorando pure durante la settimana, è anche quello di vedere la propria squadra esibirsi in un palcoscenico rinomato. Poter seguire la propria squadra in trasferta o in casa, contro una compagine che riempie le pagine dei giornali, giocare contro i Ronaldo della situazione. Poter portare il proprio nipote o il proprio figlio a vedere i suoi beniamini locali sputar l’anima contro gli strapagati giocatori ben più blasonati, nella speranza di assistere ad una partita che rimarrà negli annali storici della società, è il sogno di ogni tifoso, dal più giovane al più attempato. Per il bimbo in questione, anche quest’anno non c’è niente da fare, perché le big entrano in gioco quando tutte le squadre qualificate è ormai da agosto che si danno battaglia e il dedalo di eliminatorie sembra fatto apposta per cortocircuitare qualsiasi speranza. Ma, capitolo incontri e sorteggi a parte, è il punto degli orari che rimane un mistero a tutti gli effetti. Far giocare una partita di martedì o mercoledì alle ore 15, impedisce alla stragrande maggioranza delle persone che hanno la fortuna di avere un lavoro di essere presenti allo stadio. E chi non può essere presente allo stadio, si siederà comodo comodo sul divano di casa per vedere la diretta televisiva? Non penso proprio perché, se uno può prendersi un permesso per uscire prima dal lavoro, lo fa per andare allo stadio non di certo per rintanarsi in casa davanti alla tv. È lampante che ci sia troppo distacco fra la realtà che vivono le persone, i cittadini e i tifosi, e la realtà di quei pochi eletti che animano il palazzo. A questo punto, gli obiettivi di rilanciare la competizione e al tempo stesso riempire gli stadi italiani rimangono un vero e proprio miraggio, ben lontano dal concretizzarsi. Il risultato sarà, anche per questo turno, di avere gli stadi desolatamente vuoti. In più cotanta desolazione sarà possibile vederla addirittura in tutta Italia e ben oltre i confini nazionali, grazie ad una diretta televisiva che non ha né capo né coda. Si può di certo dire agli altri paesi europei, che magari stanno rinascendo sulle rovine di vicissitudini politiche interne, di fare esattamente il contrario di quanto viene deciso e fatto in Italia, per poter rilanciare il gioco del calcio. Il calcio era, è attualmente e rimane nonostante tutto, il gioco più bello del mondo solo grazie ai tifosi.  Altrimenti sono solo 22 viziati che corrono dietro ad un pallone.

Luigi Cantini