Ci sono poche presentazioni da fare per un derby come quello di Genova. Un derby che, con Roma asfissiata dall’ossessione per la sicurezza e la diserzione fisiologica degli ultras, resta ormai una sorta di Fortezza Bastiani, un ultimo baluardo rimasto a ricordarci cosa erano un tempo i derby in Italia o come, con quale attaccamento e con quanta passionalità, li si vivevano sugli spalti e per le strade.
Il derby è un po’ l’apoteosi massima di questo modo di vivere il calcio, un’amplificazione estrema delle sensazioni che poi non facciamo altro che ricercare e rincorrere continuamente di stadio in stadio.
Ci provano anche le televisioni con i loro sistemi HD, il dolby surround, il 3D e mille altri artici. Ecco, “artifici” è una parola perfettamente calzante: potranno provarci all’infinito, ma non ci riusciranno mai, il loro calcio etere trasmesso risulterà appunto, sempre e immancabilmente artificiale.
Eppure attorno alla Fortezza Bastiani non c’è altro che il deserto dei Tartari, com’è possibile? Le televisioni da sole, ad armi pari non ce l’avrebbero fatta. Con loro, indefesso ed infame è stato il lavorio delle istituzioni calcistiche e politiche, così di aumento in aumento ai prezzi dei biglietti, di giro di vite in giro di vite con la repressione, di persuasioni su persuasioni da parte della stampa siamo arrivati alla sterilizzazione massiva della religione calcistica e di tutti i suoi fedeli. No, non è più la stessa cosa: ripetiamo le giaculatorie ma la fede vacilla nel vuoto del fervore, si attacca alla liturgia proprio per nascondere il venir meno dell’ortodossia.
Il derby di Genova fa specie. Sarà pure la famosa eccezione che conferma la regola, ma tant’è: a tanta grazia ricevuta, in tempi come questi, non si guarda con distacco o sufficienza. L’entusiasmo, per questa gara sembra essere tornato ai picchi di quel tempo perduto.
La sponda rossoblu di Genova è in piena crisi non solo tecnico-tattica, ma anche di pazienza verso patron Preziosi, per cui vincere non è solo importante, per parafrasare un vecchio adagio, ma è l’unica cosa che conta per risollevare una stagione veramente maledetta.
In casa Samp si è riusciti invece ad invertire la rotta da quando le strade dei blucerchiati si sono divise da quelle del tecnico Walter Zenga, col quale il feeling non è mai sbocciato. In panchina adesso siede l’ex aeroplanino Montella e dopo un avvio problematico, adesso le cose cominciano a girare: quantomeno mentalmente sono loro ad arrivare meglio a questa stracittadina, anche se in queste sfide nessun ragionamento a priori sembra mai avere ragion d’essere.
Prima del fischio d’inizio lo spettacolo è di quelli sontuosi. In Gradinata Sud, leitmotiv di questi ultimi tempi, si incentra tutto su “Siamo l’armata blucerchiata”, come recita lo striscione in alto, completato poi da “…e mai nessun ci fermerà” in basso. Identico è il coro che l’accompagna, bellissimo il colore delle tante bandiere e bandieroni che riempiono gli spazi. Qualche torcia alla chetichella, sotto la tettoia, in zona UTC, aiuta a rendere ulteriormente suggestivo il tutto.
Per il calendario il Genoa gioca in casa, così lo spettacolo può addirittura raddoppiare, con i Figgi do Zena nei Distinti che bissano quello messo in scena nella Nord. Anche il cuore del tifo genoano punta tutto sulla tradizione, con un mare di bandiere, bandieroni e due aste di colore rossoblu.
Per ragioni opposte, il verdetto che va maturando in campo inficia la piena riuscita del tifo vocale di entrambi: poco dopo un quarto d’ora la Samp è in vantaggio, qualche giro di lancetta oltre la mezzora raddoppia, mentre al 49′ si troverà addirittura sullo 0-3. Al di là dell’ovvia ed irrefrenabile gioia, viene meno una certa tensione che fa perdere inevitabilmente di mordente ad un tifo comunque sempre continuo e positivo. Per lo stesso motivo ma con risultati diametralmente opposti, la cosa si ripercuote anche sul tifo genoano che subisce una vera e propria doccia fredda, con la speranza e la voglia di vincere che lasciano spazio allo scoramento e alla rabbia, palesatasi poi in uno striscione di protesta e in diverse torce lanciate in campo. Con il tentativo poi vano di rimonta della squadra di Gasperini, arrivata fin al 2-3, la tifoseria tornerà a farsi sentire con più forza, ma sarà sempre la rabbia il sentimento predominante.
Finirà con la Samp in estasi e il Genoa con le ossa rotta. Nella buona e nella cattiva sorte, nota di cronaca di cui avevo dimenticato di far menzione, ci sono sempre i fratelli al proprio fianco: diverse delegazioni di amici su entrambi i fronti (Cosenza, Ancona da una parte; Bari, Terni, Sankt Pauli dall’altra) e a proposito di amici, non poteva mancare il ricordo all’amica Marsigliese Christine da poco scomparsa, a cui sia UTC che Rude Boys dedicano uno striscione.
Attorno alla Fortezza Bastiani hanno fatto il deserto è l’hanno chiamato pace. Alcuni fiori però sono ostinati e continuano a sbocciare anche in mezzo al deserto. Come gli ultras che ancora non s’arrendono: lunga vita a loro.
Testo di Matteo Falcone.
Foto di Alberto Cornalba.