Nonostante una sorta di primavera della letteratura sportiva, che negli ultimi anni ha visto sbocciare una lunga serie di romanzi, saggi e persino fumetti – non sempre di eccelsa qualità, va detto – incentrati su personaggi o eventi famosi dello sport, gli stessi continuano a rimanere appannaggio di piccole case editrici specializzate, rivolti per lo più ad una nicchia di appassionatissimi. A parte la 66thand2nd, che grande ci è diventata, tutti gli editori maggiori, per blasone o longevità, hanno sempre un po’ snobbato questo argomento, affidandosi al massimo a quella sorta di usato garantito che sono le traduzioni di bestseller stranieri sul solco di “Febbre a 90°”, “Il maledetto United”, “Congratulazioni hai appena incontrato l’ICF” e via di questo passo.
Battendo una pista comunque calda, Einaudi ha dato alle stampe “La gioia fa parecchio rumore” di Sandro Bonvissuto. Un romanzo, fondamentalmente. Che racconta Roma, la Roma, il calcio, la tifoseria, la società civile tutta, a partire dalla famiglia fino ad esondare nel quartiere, la scuola, in parallelo il Paese tutto. Cronologicamente tutto si svolge a cavallo fra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 del secolo scorso: traguardo finale la vittoria dello scudetto della Roma di Falcao, che svetta riconoscibilissimo in copertina ma che fra le righe non viene mai chiamato per nome. Così come non viene mai menzionato esplicitamente nessun personaggio o evento reale di cui si fa cenno, ma che basta davvero poco a riconoscere, dalla tragica morte di Paparelli a scendere verso episodi senza dubbio più faceti.
Il punto di vista è quello di un bambino, che respira calcio in casa e finisce per innamorarsene. Perdutamente. E fra una partita in radio, poi il battesimo allo stadio, la prima trasferta col papà e i suoi amici si realizza la sua crescita che è un po’ anche la crescita della sua Roma, che poi non è certo un percorso così lineare o esente da buche e scossoni. Compagni di viaggio sono gli immancabili amici di strada e di scuola, una famiglia che in linea con gli standard dell’epoca sembra persino grossolana nei metodi, ma alla luce dei mostri generati dall’iper-protezionismo odierno potrebbe ambire ad una cattedra in Pedagogia. Poi dentro c’è pure uno spaccato sociale molto realistico di Roma di quegli anni, che è più o meno lo stesso del resto dell’Italia popolare, in cui è facilissimo immedesimarsi se si è vissuto in quell’arco temporale.
Gioca sul velluto l’autore, perché in fondo un ritratto virato nei toni seppia della nostalgia e del ricordo non può che risultare accattivante. Bonvissuto ha però il merito di non abusare di quella retorica e conta moltissimo anche sulla sua capacità comunicativa, sul suo stile fresco e immediato, che rapisce a prescindere dal tema. C’è ritmo, analisi lucide che spesso focalizzano il proprio sguardo anche sulla Curva e sugli ultras (fra le altre cose, c’è un bellissimo elogio del “lanciacori” che da solo vale il prezzo dell’intero libro) e in definitiva una storia bella, ben costruita e altrettanto ben raccontata. Uno dei migliori libri sull’amore per il calcio che abbia letto, forse meno “aforistico” di “Febbre a 90°” ma, almeno per quanto mi riguarda, da bambino cresciuto in quegli stessi anni e in quello stesso scenario calcistico-sociale, mi riconosco molto di più nelle sue pagine che non in un racconto più prettamente anglosassone, per quanto, l’amore, anche quello per il calcio, resta pur sempre un linguaggio universale. A scanso di equivoci, non mi sto avventurando in paragoni azzardati ma parlo di rappresentatività e al di là della questione generazionale, “La gioia fa parecchio rumore” è un libro che possono leggere tutti, anche i tifosi nati dopo, anche i non romanisti o persino i meno appassionati di calcio. In fondo l’amore è un linguaggio universale.
Matteo Falcone