Da sempre riteniamo le interviste un valore aggiunto della nostra rivista. Un filo diretto con i pensieri dei gruppi ultras molto importante, visto che di solito a parlare siamo noi, e parlare per interposta persona, dedurre un modus operandi o dei principi collettivi da semplici cori o striscioni non sempre è così facile. Riuscire a portare a termine un’intervista poi, non è certo più semplice: da una parte perché bisogna (prima ancora che trovare il tempo sufficiente) dapprima vincere il muro di diffidenza con i propri interlocutori, poi bisogna raccogliere risposte e spunti che risultino interessanti o che riescano sul serio a raccontare il gruppo intervistato. Non ultimo, bisogna spesso fare i conti con chi, dopo averti pregato o dopo essersi fatto pregare lungamente per un’intervista, poi sparisce nel nulla, sputando in faccia al lavoro di stesura fatto per le domande. Una volta tanto un lavoro dai buoni risultati, di cui dobbiamo ringraziare i ragazzi della “Gioventù” per la disponibilità e la serietà dimostrata.

 

  1. Prima di buttarci a capofitto sul vostro gruppo, ci sembra non meno importante capire il contesto cittadino in cui una realtà ultras vive e si muove. Che tipo di città è Pagani? Quanto è grande? Quali sono i limiti che la città pone al movimento ultras cittadino e quali invece i punti di forza che da essa ricavate?

03Pagani è una piccola cittadina di 35 mila anime, non tanto diversa da molti altri centri urbani meridionali, e come tante realtà più e meno grandi di lei vive le solite difficoltà del Mezzogiorno, in quell’eterno conflitto tra rassegnazione e speranza di rilancio dove l’azione ultras spesso si integra o si sostituisce addirittura, a volte, alle carenze del tessuto politico/sociale. Tanto basta per capire quali possano essere i limiti e i punti di forza che da questi processi possono emergere.

 

  1. Quando nasce la “Gioventù Azzurra” e quale tipo di esigenza vi ha spinti a voler creare qualcosa di diverso e nuovo nel panorama Paganese che già non ci fosse prima?

04Il drappo della Gioventù fa la sua prima apparizione sulle recinzioni del M. Torre il 23 febbraio del 1992, in occasione del derby con la Nocerina. Come tanti altri gruppi, ad accomunarci, all’inizio, è stata la smisurata fede verso la casacca. La passione, poi, si è arricchita di tanti altri contenuti. Parliamo dei primi anni ’90, anni bellissimi, che non torneranno più e che hanno segnato anche la prima vera evoluzione del movimento in Italia. Anni in cui era facile confondere, al Sud forse più che altrove, il confine tra tifo e folklore, e che vedrà proprio da questo conflitto la nascita dei gruppi moderni non di massa.

 

  1. Ci sono gruppi la cui spina dorsale è in un comune quartiere di provenienza, altri che nascono all’interno di una comitiva di piazza, in un bar, ecc. Anche per voi c’è (o c’era) alla base una stessa radice? Oppure la provenienza è del tutto casuale e sono ideali, modo di intendere lo stadio ad avervi subito aggregato?

01Con orgoglio ci riconosciamo e siamo riconosciuti come “i ragazzi della Cappella”, quartiere del centro storico divenuto ormai il nostro quartier generale e la seconda casa. Tra i portoni e vicoli di questo rione i più vecchi ci hanno visto crescere e a questi cortili sono legati i ricordi più belli della nostra giovinezza.

 

  1. A proposito di questioni storico/sociali, concedeteci questa breve parentesi: potete chiarire le ragioni del soprannome “Pezzari” con cui gli avversari vi bollano con disprezzo, ma che voi rivendicate con orgoglio?

13I pezzari sono gli straccivendoli o quelli che vendono, sulle bancarelle, capi di abbigliamento usato. Spesso questo termine viene usato con tono dispregiativo come equivalente di “morto di fame”. Esso indica invece chi vende, per lavoro, “pezze” di stoffe e tessuti. Un mestiere onesto, ricco di tradizione, che rivendichiamo appunto orgogliosamente.

 

  1. Torniamo a tematiche più strettamente connesse al vostro gruppo. Nel corso di questi anni siete stati protagonisti di alcuni cambi di settore, dapprima dagli storici Distinti alla Curva Nord, non appena la stessa fu costruita; in tempi più recenti avete deciso di rifare il percorso inverso e tornarvene nei Distinti. Ci sembra palese che alla base ci possano essere delle differenze con i gruppi rimasti nella Nord, è altrettanto logico che le vicende personali devono restare tali, ma fermo restando il rispetto di queste premesse, ci potete dire i perché generici di questa scelta? Non sarebbe stato più logico restare compatti, ultras tra gli ultras, cercando di valorizzare i valori comuni e accantonare le divergenze? Un settore almeno teoricamente meno popolare e più borghese della Curva, non diventa un ostacolo al tifo?

02Semplicemente crediamo che il mondo del tifo, a torto o a ragione, sia già cambiato e destinato, nel corso dei prossimi anni, a continuare a farlo. Di certo non mutano il sentimento, la passione e gli ideali originari, ma sicuramente, come già accade, saremo costretti a modificare ulteriormente i modi per andare avanti. Le vecchie carovane, solo per fare un esempio, intese come una volta, sono diventate quasi un lontano ricordo, tra daspo di gruppo, restrizioni e tutto il resto. Sarebbe stato più facile, come hanno fatto in tanti, adottare scelte di facciata, eliminando i segni distintivi e facendo finta di nulla. Noi, già da alcuni anni, nelle possibilità dei nostri limiti, abbiamo raccolto la sfida dei tempi, facendo scelte coraggiose e ben precise.

 

  1. Continuiamo il percorso storico chiedendovi di un’altra scelta, quella a seguito delle ultime leggi anti-tifo, che vi ha portato a riporre la vecchia sigla e le pezze del gruppo, per proporvi e firmarvi semplicemente con tre “X”. Motivi? Vantaggi? E di contro, per la logica di sfuggire a norme sempre più rigide, non si sta perdendo colore e tipicità che rendevano unici noi ultras italiani, diventando sempre più anonimi, uniformizzati e omologati come dall’alto vogliono?

07La tua domanda contiene già gran parte della risposta ed è il seguito di quanto detto prima. Spinta dalle stesse esigenze nasce anche la scelta di adottare le tre X, formula originale e fantasiosa per indicare qualcosa di anonimo e proibito. Ogni X, per noi, rappresenta un pilastro del nostro statuto: onore, prestigio, rispetto.

 

  1. Strutturalmente come siete organizzati? Vi state spontaneizzando come in tanti nell’ultimo periodo tendono a fare? Oppure avete ancora un’impronta alla vecchia maniera, avete una sede o qualche altro punto di ritrovo dove fate aggregazione ultras anche al di fuori dell’evento sportivo?

L’aggregazione e la partecipazione sociale, così come il sentimento di fratellanza vera, sono state sempre le linee che hanno guidato il movimento ultras dalla sua nascita e lungo queste direttrici anche noi continueremo sempre a muoverci. Si possono spostare le pareti, ma di certo non si possono eliminare i pilastri. Nel nostro covo, ora più piccolo e meno visibile, siamo cresciuti e si è rafforzata la nostra unione. Qui sono nate le idee più belle e i confronti più aspri. A queste quattro mura resterà legato il ricordo di abbracci, risate, serate spensierate, ma anche di lacrime per amici che non ci sono più.

 

  1. Vivere ultras, specie in provincia, vuol dire spesso essere guardati con pregiudizio, non solo dalla “città bene”, la cui opinione può lasciare il tempo che trova, ma anche dalle forze dell’ordine. A Pagani invece com’è la situazione?

06Alla tua premessa mi permetto di aggiungere anche al Meridione, dove sono ancora radicati molti anacronistici pregiudizi di classificazione e massificazione di pensiero, non solo tra i meno giovani. Quello che agli occhi dei più potrebbe sembrare un limite, per noi, invece, è diventato stimolo e motivo di riscatto dalla mediocrità. Con le fdo, invece, nulla da aggiungere, se non: ognuno fa il suo lavoro.

 

  1. In tema di rapporti, come vivete quello con la vostra società di calcio? Che “filosofia” applicate in merito? Anche qui ognuno fa il proprio compito, oppure pensate sia meglio far sentire maggiormente il vostro “peso” e vigilare strettamente sulle vicende della squadra?

Pensiamo che ognuno, nel rispetto delle posizioni, debba fare il proprio compito. La cosa importante è parlare chiaro sin dall’inizio. Le somme, poi, si tirano alla fine.

  1. Personalmente ho notato il vostro legame particolare con l’attaccante Ciccio Scarpa, salutato, solo per citare l’ultimo in ordine di tempo, da uno striscione durante la sua apparizione a Pagani con la maglia del Savoia. Oltre lui ci sono altri giocatori simbolo che hanno sconfitto il passare del tempo e che a Pagani ancora ricordate? Siete soliti fare cori per i giocatori? Oppure credete che nelle logiche del calcio moderno ci sia solo la maglia e sempre meno bandiere?

21Non amiamo fare cori per i calciatori, ma ci sono uomini, prima che giocatori, che meritano di essere onorati. Un rapporto particolare e un posto speciale nel cuore per noi l’avranno sempre Francesco Scarpa e “Cazzimma” De Sanzo. A loro restano legati i ricordi più belli della storia recente della Stella e sono gli unici ad aver ricevuto il nostro materiale. Non si potranno mai dimenticare il gol di De Sanzo, che segnò l’uscita dall’inferno dei dilettanti, sotto la curva di Brindisi, mostrando la nostra maglietta, o la doppietta di Scarpa alla Nocerina nel famoso 1-4.

 

  1. Rimaniamo sul discorso rapporti: quali sono le amicizie e i gemellaggi del vostro gruppo?

08L’unico gemellaggio che ha resistito al corso degli anni e alle generazioni è quello con i ragazzi di Frosinone. Oltre questo legame, più in generale, condizionati anche dagli eventi e dalle logiche delle nuove generazioni, non crediamo più alle amicizie, soprattutto allargate, ma diamo decisamente più importanza a stima e rispetto, che possono sorgere da situazioni e gesti inaspettati, dalla condivisione di comuni battaglie, così come dagli scontri. Valori ignorati dalla stragrande maggioranza della gente, che ti fanno riconoscere anche il valore del nemico e condividere azioni comuni.

 

  1. Chiudiamo il cerchio sui rapporti: le rivalità. Storica e nota a tutti quella con la Nocerina, più recente quella con Salerno, nata addirittura sulle ceneri di un’amicizia, ma da quali altre tifoserie siete divisi da odio reciproco?

Diciamo che in generale, in Campania, corre buon sangue con pochi. C’è tanta carne a cuocere. Rivalità preistoriche, di confine, di campanile, ma anche più recenti. Non ci facciamo mancare niente. Mettiamola così.

 

  1. Veniamo alla spinosa tessera del tifoso e permettetemi una domanda cattiva: la vostra linea, dall’inizio, è stata quella del rifiuto, cercando però di presenziare comunque in trasferta e fare da spina nel fianco a chi da quelle trasferte vi voleva bandire. Spesso siete riusciti a espugnare queste “zone rosse”, altre volte siete rimasti simbolicamente a tifare fuori, quando le porte dei settori ospiti restavano invalicabili. Da qualche tempo avete invece deciso di smettere con questa linea, di fronte all’impossibilità ormai perenne di entrare senza tessera ed anche considerate le diffide gratuite elargite a chi solo ci prova. Alla fine, dunque, non è servito a nulla tutto ciò? La battaglia contro la tessera si può dire persa o quantomeno sbagliata nella sua impostazione? Oppure siete tra quelli che credono in una differenza tra TdT propriamente detta, tessera “Home” e tessera “Away”, e considerano una vittoria poter sottoscrivere una tessera “diversa” seppur all’inizio se ne rifiutava categoricamente l’idea?

11In molti si sono seduti in poltrona, aspettando il corso degli eventi. Senza trasferta, per noi, l’ultras non esiste. Per questo ogni battaglia per continuare a viaggiare vale la pena di essere combattuta. Nel nostro piccolo, finché non siamo stati bloccati dall’alto, siamo riusciti ad aprire un buco presente nel sistema. Stando a filosofeggiare a casa questo non sarebbe stato possibile. Così come altri sono riusciti a evidenziare altre falle. Senza i tentativi di tanti gruppi e di tante curve oggi non saremmo neanche a farli questi ragionamenti, né a parlare delle aperture attuali. Anche gli esempi da te riportati sono figli di lotte ultras. In molti, però, per convenienza, vogliono iniziare il ragionamento dalla fine, per nascondere i propri scheletri. Per noi, invece, l’importante è vedere attraverso quale percorso si è giunti a un determinato risultato e a una certa scelta.

  1. Restando sullo stesso tema e su domande cattive, chiediamo una vostra considerazione/chiarimento al commento di chi, di fronte alle vostre diverse presenze in trasferte vietate, sosteneva che fossero tutte figlie di “1+1”, discrezionali concessioni di polizia/steward a cui comunque dovevate chiedere il permesso, e sotterfugi non meno ortodossi moralmente di quanto lo potesse essere invece sottoscrivere la tessera da subito.

09Sarebbe fin troppo facile rispondere che aspettando l’angelo scendere dal cielo si muore di vecchiaia. Vogliamo solo dire che una possibile soluzione, per tanto tempo, è stata sotto gli occhi e alla portata di tutte le realtà, almeno di terza serie. Bastava semplicemente provarci e usare un pizzico di fantasia. Al posto nostro potrebbe tranquillamente rispondere tanta altra gente, che abbiamo indirizzato e aiutato ad entrare in trasferta, senza chiedere il permesso a nessuno. Non abbiamo nulla da nascondere, né alcun motivo per farlo. Non ci siamo tirati indietro di fronte a questa battaglia, ci siamo presi i nostri rischi e non abbiamo chinato il capo dinanzi alle vittorie della propria squadra, a differenza di tanti altri. Ripetiamo: non si contestano le scelte, ma come ci si arriva.

 

  1. Torniamo a disegnare i tratti caratteristici del vostro gruppo: che ne pensate della politica allo stadio? A parte qualche tricolore, non si sono mai viste prese di posizione smaccatamente politiche da parte vostra: qual è in realtà il vostro orientamento in merito? È sempre stato lo stesso dal 1992 ad oggi, o anche in questo avete subito una maturazione ed una mutazione nel tempo?

Il secondo punto del nostro statuto, pietra miliare della nostra azione sin dal 1992, al quale tutti noi, più o meno giovanotti, abbiamo scelto di aderire, recita testualmente: azzurrostellata è la nostra bandiera, mai nessun simbolo politico la coprirà!

 

  1. Fuori dagli schemi ideologici o di partito, è capitato comunque di vedervi schierati in cause politiche che riguardassero la vita civica e sociale della vostra città, ricordiamo ad esempio uno striscione a difesa dell’ospedale locale. Quanto è giusto e necessario che gli ultras difendano a tutto tondo la propria terra, anche in tematiche niente affatto ultras? Non si corre il rischio di finirne strumentalizzati o ulteriormente repressi come accaduto ai napoletani durante le proteste per la discarica di Pianura?

05Il rischio strumentalizzazioni, è inutile negarlo, c’è sempre, anche se parliamo di situazioni diametralmente diverse. Ci sono battaglie, però, che travalicano le sigle e i colori di partito, che colpiscono l’intero tessuto sociale e che meritano di essere combattute, sempre, al di là di tutto. L’importante, in ogni caso, è mettere subito le carte in chiaro.

  1. Con le nuove opportunità tecnologiche, anche gli ultras hanno cominciato a far sentire la loro idea in maniera più ampia rispetto ai classici canali (striscioni, fanzine, ecc.). Opportunità spesso buttata al vento con comunicati dai toni del gossip morboso o scritti in un italiano raggelante. Si può davvero costruire una rete controinformativa capace di riequilibrare almeno parzialmente i luoghi comuni dei media “mainstream”? Oppure finiremo sepolti con le nostre stesse mani sotto montagne di trash? Internet, Facebook, i mezzi di comunicazione in sé: non è un alibi bollarli come il male degli ultras moderni? Non sono piuttosto gli ultras causa del proprio male e farebbero meglio a piangere la propria incapacità di usare il cervello, piuttosto che cercare capri espiatori. Se un auto finisce fuoristrada è colpa dell’auto o dell’autista? Impareremo mai a guidarla con prudenza e a nostro vantaggio?

10Il problema non è Facebook, così come non lo è qualche altro social, internet in generale o le ultime diavolerie moderne. Sono queste nuove generazioni di ultras, che non hanno più un granché da dire e si arrampicano dietro discorsi anacronistici, che ripetono per sentito dire e li stravolgono secondo i costumi attuali. Personalmente ho smesso di leggere comunicati e quanto altro di molta gente. Copia e incolla di luoghi comuni, spesso messi in rete per far vedere che si è ancora in vita. Non vogliamo stare qui a fare discorsi di tipo antropologico o sociale. Pensiamo semplicemente che internet sia lo specchio dello società e di come molta gente campa e agisce nella vita. Ognuno, poi, tiri le sue somme.

 

  1. In uno slancio provocatorio qualcuno ha stabilito che fare l’ultras è aprioristicamente un reato. Guardando voi viene invece da pensare alla validità del postulato opposto, che ultras non è criminalità ma ideali, aggregazione, vita di gruppo ben oltre i soli 90′. La verità è in una via di mezzo o siete convintissimi della vostra, di verità? In chiave futura, per concludere, con la repressione ormai psicotica, quanto spazio ci sarà per portare ancora avanti un gruppo secondo questi crismi? Quanto futuro hanno ancora i gruppi concepiti alla vecchia maniera? Ci aspetta una nuova evoluzione o inesorabilmente lo spazio sociale verrà distrutto per far posto ad un calcio inteso come centro commerciale? Sciarpa al collo e bandiere finiranno per lasciare tristemente il posto a secchielli di popcorn e ditoni in gommapiuma con il nome dello sponsor? Oppure, come una fenice, gli ultras rinasceranno ancora, diversi ma ugualmente forti?

22Gli anni ’90, è bene mettercelo in testa, non torneranno più. Crediamo che il calcio, di conseguenza anche il tifo, sia destinato a cambiare, così come già è successo e sta continuando ad accadere. Questo, però, non vuol dire la morte del movimento, ma una sua inevitabile trasformazione, dettata anche dall’evoluzione dei tempi. In tutto ciò non possiamo esimerci dal fare anche noi un mea culpa, ripartendo dagli errori del passato e riprendendo a fare quella scuola ultras che i più giovani oggi ignorano.

Intervista raccolta da Matteo Falcone.