Si, lo so, il titolo non è dei migliori, ma penso possa esprimere al meglio quanto visto in occasione della partita tra Novara e Monza. La squadra di casa è alla ricerca del pronto riscatto dopo la caduta interna contro il Lumezzane mentre gli ospiti sono in piena crisi societaria.

E’ proprio da qui che vorrei partire: nell’estate il Monza viene rilevato da Emery Armstrong, imprenditore che promette alla piazza un’immediata promozione in cadetteria. Le premesse sono più che ottime: la società conduce una campagna acquisti di tutto rispetto, tanto da diventare una delle pretendenti alla vittoria finale. Dopo poche partite, ahimè, il giocattolo si rompe. Gli stipendi vengono a mancare e la tifoseria inizia a rendersi conto che le promesse fatte dell’estate altro non erano che vaneggiamenti della nuova presidenza.

Non voglio fare la cronaca dell’ennesima farsa tipicamente italiana, ma solamente lamentare come per la milionesima volta siano i tifosi a pagare le conseguenze di questa gestione che definire ridicola è un eufemismo.Una cosa però non è mai venuta a mancare in quel di Monza: il sostegno ai propri colori. Portato avanti nonostante tutto e tutti. Anche a Novara si è ripetuto questo copione: compatti e carichi gli ultras (li fregio di tale nome pur non avendo la certezza), hanno sostenuto fino allo sfinimento la propria squadra facendole agguantare un prezioso pareggio.

Sul versante novarese la presenza ultras si assesta attorno al centinaio di persone. Oltre allo striscione Curva Nord Novara a centro curva, ci sono le pezze del gruppo Sezione, Vecchio Stampo, Zoo e Provincia alcolica. Il sostegno alla maglia non viene mai a mancare ma non coincide con l’impegno della squadra che, dopo aver rimontato l’iniziale svantaggio, si fa recuperare. Il risultato finale di 2-2 scatena reazioni diverse nei settori: i brianzoli festeggiano il punto conquistato chiamando i giocatori sotto al proprio settore e qualche fortunato riceve maglietta e pantaloncini a ricordo della trasferta, mentre ben diversa è l’aria che tira in curva Nord: i giocatori si recano sotto il settore ma vengono inizialmente accusati di scarso rendimento in campo e successivamente allontanati. Tra le due tifoserie volano diversi sfottò, figli del campanilismo nato e cresciuto negli anni, ma il tutto si ferma a questo.

Concludo riprendendo il discorso fatto all’inizio dell’articolo, mi chiedo come ancora oggi possano essere affidate squadre a personaggi come Armstrong (ma l’elenco potrebbe essere chilometrico) che prima illudono la piazza promettendo mari e monti per poi scomparire lasciando la squadra al suo triste destino, vedi il Napoli o la Fiorentina tanto per citare i casi più famosi o, rimanendo nell’ambito Lega Pro, il Mantova. Onore a chi, come i monzesi, mostrano attaccamento ai colori nonostante tutto e tutti.

Alessio Farinelli