Rieti. Centro d’Italia. È questo il cartello che campeggia all’ingresso della città, da qualunque parte tu venga. Ed effettivamente non è un’indicazione mendace. Rieti, e la sua provincia, rappresentano il centro perfetto del Belpaese. Incastonata nell’Appennino, la Sabina è da sempre una punto nevralgico che mette in comunicazione Lazio, Abruzzo e Umbria, tanto è vero che nel dialetto locale è possibile riscontrare molti dei vocaboli disseminati in queste regioni.

Di certo a livello paesaggistico è una provincia che offre molto, peccato che io decida involontariamente di lasciarmi ammantare dalla sua bellezza nel momento più sbagliato, saltando l’uscita di Fiano Romano e uscendo a Ponzano-Soratte, dove giustamente decido di percorrere quella che, almeno sulla carta, sembra essere la strada più breve, ma che in realtà si dimostra più dissestata e scomoda. Delle vere e proprie mulattiere che salgono all’infinito, squarciando in due paesaggi mozzafiato che, con il passare dei chilometri, si fanno sempre più inquietanti a causa del crepuscolo che diviene poi definitivamente buio. Le Pro Loco ringrazieranno, al termine della scarpinata infatti mi riprometto di tornare per onorare almeno con una visita il borghetto di Poggio Catino e tutta la sua zona limitrofa.

Ma non c’è problema. Memore di un’esperienza simile, un paio di anni fa, andando a Terni, ho capito che io e questa parte del Lazio dobbiamo imparare ad amarci, soprattutto a livello stradale. Alla fine riesco ad arrivare al PalaSoujourner giusto in tempo per la palla a due. La prima cosa che noto è la solita, egregia, cornice di pubblico. Nel capoluogo sabino la pallacanestro è sport amato e seguito, lo si vede chiaramente dalle movenze di ogni singolo tifoso, in grado di trasformare il palazzetto in una bolgia in occasione di ogni decisione avversa da parte del direttore di gara.

Su fronte senese l’impegno infrasettimanale non ha certo favorito un esodo e, nel settore ospiti, sono una decina i supporter toscani che sosterranno saltuariamente la Mens Sana. Per quanto riguarda la Curva Terminillo, il discorso è invece diverso. I ragazzi amarantocelesti seguono con pathos il match, non smettendo mai di cantare. La scelta, effettuata a gennaio, di trasferirsi dal balconcino laterale al centro curva, come un tempo, ha sicuramente giovato agli Old Fans, che possono usufruire così anche dei tifosi posti dietro di loro. Sebbene non partecipino attivamente al tifo, si uniscono agli ultras con battimani e cori, di tanto in tanto, producendo un bell’effetto e portandosi dietro tutto il palazzetto. Degna di nota anche la sciarpata effettuata nel secondo quarto.

In campo il clima si surriscalda, con i giocatori che non se le mandano a dire, sfiorando in più di un’occasione la rissa. La cosa manda in fibrillazione il pubblico, tanto che nel finale si accende un piccolo diverbio tra un paio di tifosi mensanini e quelli reatini posti in tribuna. Nulla di eclatante, ma intervengono gli addetti alla sicurezza per riportare la calma. Alla fine a vincere sono i padroni di casa, con la rissa che stavolta scoppia davvero nel tunnel degli spogliatoi.

Il pubblico sabino festeggia un successo fondamentale, mentre io riprendo l’attrezzatura e, con relativa calma, rimonto in macchina direzione Roma. Stavolta tutta Salaria, senza strane deviazioni. Almeno il ritorno fila liscio, favorito anche dalla totale assenza di traffico e dalla pace che governa l’antica strada consolare, sempre ricca di fascino e storia.

Simone Meloni.