Quando lascio il mio trancio di pizza più che sazio, ai bambini del Burundi non ci penso proprio. Così come, quando annaffio il giardino con sin troppa abbondanza, non penso alla siccità del Chad. Allo stesso modo, non credo che al pubblico milanista sia importato di avere un minimo di competizione contro il tifo compatto dei Perugini, mentre al di fuori del settore ospiti imperversava un silenzio imbarazzante.

In fondo, la vita è una questione di punti di vista. Ma anche di relatività. La fame nel Burundi o la siccità del Chad sono problemi reali, ma difficilmente ci si può pensare mentre si fa spreco di cibo o si butta via l’acqua. Così come, nonostante sia la terza volta in tempi recenti che vedo i Milanisti, e per la terza volta sono in contestazione, importa di più il campionato di blasone e altri aspetti prettamente da tifoso esigente piuttosto che non permettere agli ospiti di fare il bello e il cattivo tempo a San Siro. Relatività, appunto.

Ai tifosi del Grifo bastano 11 anni di assenza dal palcoscenico per sfoderare una presenza e una prestazione maiuscole, mentre dalla parte opposta prima si vogliono vedere i fatti in campo, e poi il tifo. E poco fa che la quasi totalità degli spettatori della tribuna, dove sono assiepato, guardino per una buona metà del tempo l’anello dei tifosi umbri. Inconsciamente, si sa, lo spettacolo è là. Consciamente, quando ci si abitua a certi livelli, scendere diventa difficile. Si pretendono risultati dalla squadra, chiarezza dalla società.

Anche a livello personale, il 95% degli scatti e la mia attenzione sono andate alla mia sinistra. Presenza di qualità e non di quantità, quella dei Perugini. La cosa migliore. Un migliaio di tifosi previsti alla vigilia, forse pure 1.500 per la mia valutazione. Improvvisati quasi zero. Tutti in piedi a tifare. Pause nessuna durante la partita. Picchi d’intensità veramente alti a più riprese; quelli bassi ci sono stati, ma pochi e fisiologici. Tra l’altro in un contesto senza partita. Subito in vantaggio il Milan, con Honda, e poi un assedio costante nella metà campo ospite, con qualche sprazzo di buon Perugia, specie nella ripresa. Ma la qualificazione non è mai stata in discussione. Per il tifoso rossonero, probabilmente, è stata una partita più divertente della maggior parte della scorsa stagione. Non che ci volesse molto.

Dicevo, settore ospiti: ottimo tifo, presenti tutti i gruppi, ognuno sopra il proprio striscione ma senza scompattarsi, qualche torcia accesa a più riprese specialmente in zona Ingrifati, due sciarpate veramente ben riuscite, tante bandiere, molto biancorosso. Peccato per quel terzo anello di San Siro buttato là nello spazio siderale. Inutile rinvangare.

Battimani continui e ritmati, in grado di coinvolgere spesso anche la signora in ultima fila. Non è solo un fatto ultras. La gente “normale” segue chi si sbatte dal basso, e questo è un segnale di salute e coesione. Numericamente non siamo ai livelli di alcune invasioni viste da me a San Siro ultimamente (La Spezia, St. Etienne, Partizan) ma, ripetendolo, la qualità c’è e si sente. 10.000 occasionali avrebbero probabilmente infierito sullo spettacolo.

Capitolo Curva Sud. In casa Milan c’è contestazione, quello si sa. Ma la diffidenza si amplifica in tutto San Siro. Il patetico rito contemporaneo di far urlare i cognomi dei giocatori non riesce. Lo speaker insiste, ma trovo tutto ciò triste. È chiaro che il feeling andrà ritrovato col lavoro e non coi lustrini, benché il pubblico intorno a me sia sempre più consumatore e meno appassionato.

Accolto freddamente Mihajlovic, ma non ci si potrebbe aspettare diversamente. Qualche mugugno per Cerci, poi ripreso dallo stesso allenatore milanista: “Non si può fischiare un proprio giocatore”. Eh no Sinisa. Non si può per chi, come te, concepisce un pubblico di marionette senza cuore. Magari disposto persino a perdonare chi ha detto, in passato, “Mai al Milan, piuttosto morirei di fame”. Non mi piacciono neanche a me le contestazioni facili, ma alcune prese di posizione sono sacrosante e permettono un minimo di controllo nel rapporto tra identità della tifoseria e giocatori e staff tecnici e societari spacconi e onnipotenti.

In Curva Sud pochissimi cori, giusto per rispondere alle provocazioni dei Perugini e per i Diffidati. Ma i numeri sono quel che sono, e il settore più popolare dello stadio San Siro sponda rossonera resta, tristemente, semivuoto.

Stefano Severi.