Le piccole soddisfazioni di un “lavoro” portato avanti a guadagno zero, anzi addirittura auto-tassandoci pur di far sopravvivere l’amore per il mondo del tifo e la voglia di contro-informare, arrivano quando dalla Grecia ti contattano per un’intervista.
Autori di questa piccola inchiesta sono i ragazzi di “Humba”. Ai quattro angoli dell’Europa del tifo si indaga sulla repressione del calcio moderno e della politica. Interpellate riviste storiche che abbiamo sempre guardato come delle vere e proprie istituzioni, dell’inglese “When Saturday Comes” alla francese “So Foot”. Trovarsi accostati a questi “mostri sacri” è già per noi la migliore delle gratifiche. Comunque, al netto di questa sana auto-celebrazione (concedetecela…), a partire da oggi vi proponiamo le 4 interviste in questione. Cominciamo dalla nostra e a seguire tutte le altre. Interviste ovviamente elaborate e raccolte da “Humba”, traduzione a cura del nostro AM.

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  1. Cosa prevede la legislazione in materia di prevenzione della violenza negli stadi?

– Per prima cosa e senza ombra di smentita, ci sentiamo di dire che l’apparato legislativo italiano ha carattere puramente repressivo non già della sola violenza, che si potrebbe pure arrivare a capire, ma dell’intero fenomeno del tifo. Banalmente il tifo organizzato viene ritenuto causa principale della violenza, per cui cercano di “sterilizzarlo” sottoponendolo a leggi discriminanti o a volte addirittura in contrasto con i più basilari diritti che la nostra Costituzione stabilisce. Di preventivo c’è poco quanto nulla, come per esempio lo SLO, Supporters Liason Officer, imposto oltrettuto dalla Uefa ma che, obbligo normativo a parte, funziona poco quanto nulla. Non esistono “fanprojekt” né qualsiasi altro tipo di rapporto che non subordini il tifoso allo status di cliente. Di fatto è la legge contro la violenza che vieta alle società di avere rapporti con i tifosi, in barba agli auspici (tra l’altro ipocriti) dell’Uefa.
In sostanza la legge prevede, senza possibilità di difesa davanti ad un Giudice, che un tifoso possa venire immediatamente allontanato dagli stadi solo sulla base di una segnalazione di polizia (il cosiddetto D.a.spo., Divieto di Accesso alle manifestazioni SPOrtive). Spesso e volentieri queste segnalazioni sono strategicamente mirate a colpire le persone più attive di un gruppo, a prescindere dalla loro effettiva partecipazione ad atti violenti. Non è un caso se poi, nella maggioranza dei casi, l’eventuale e successivo processo in Tribunale finisce con l’assoluzione degli imputati. La beffa è che dati i tempi lunghi della giustizia, queste persone hanno già finito di scontare il loro periodo di “diffida” ad avvicinarsi allo stadio. Parlo di “avvicinarsi” perché non è solo proibito entrare dentro uno stadio, ma anche transitare nelle sue vicinanze. Il divieto è valido anche per i palazzetti dello sport ed ogni altro ambito in cui si giochino eventi sportivi. Fattivamente il divieto viene fatto rispettare obbligando i proscritti ad andare a firmare in Questura due o più volte durante lo svolgimento delle partite. Si può essere “daspati” (e/o multati) per cose molto banali come aver anche solo tentato di introdurre un fumogeno, non aver rispettato il proprio posto a sedere, essere saliti in piedi su una balaustra per protestare, aver cantato cori contro la polizia o altri atti di violenza non reale ma puramente simbolica. Per i casi più gravi, per i recidivi o per chi non va a firmare, può scattare l’arresto.

 

  1. Esistono apposite commissioni o magistrati e p.m. che si occupano di questioni sportive? Qual è il loro rapporto con il mondo del calcio e la federazione di calcio? Possono intervenire, se necessario, nel mondo del calcio?

– Esiste una giustizia sportiva ed una ordinaria teoricamente indipendenti tra loro, anche se la giustizia sportiva è amministrata in maniera ridicola e faziosa, attenta più alle esigenze dei padroni del calcio che a ripianare torti e stabilire equità, tanto che spesso e volentieri i club rifiutano i verdetti e ricorrono alla giustizia ordinaria per difendere le proprie ragioni. Emblematico e grottesco fu il caso della Serie B 2003/04 in cui intervenne il Tribunale a riammettere il Catania retrocesso in C1. Il campionato fu quindi allargato a 24 squadre e la Federazione reintegrò tutte le squadre retrocesse, per una sorta di sgangherato principio di uniformità.
Esiste invece una divisione investigativa della polizia, la Digos, che si occupa specificatamente di stadio e di tifosi.

 

  1. Che pene sono previste per le società sportive e per i tifosi? C’è la possibilità di disputare una partita a porte chiuse o di vietare le trasferte?

– Oltre alle pene individuali citate, ai tifosi possono essere comminate tutta una serie di sanzioni collettive. Per responsabilità oggettiva, anche le società vengono multate.
Sono previste partite a porte chiuse, con il solo settore ospiti chiuso o aperte ai soli abbonati, a discrezione del giudice sportivo. In alcuni casi particolari, si sono giocate persino partite a porte chiuse ed in campo neutro per scongiurare qualsiasi possibilità di incidenti tra tifosi.

  1. Recentemente ci sono stati dei cambiamenti in materia di legislazione sportiva dopo episodi di violenza negli stadi e che tipo di conseguenze hanno avuto?

– La legislazione cambia ogni qual volta succeda un pur minimo episodio violento. Anche se a generarlo è stata la cattiva organizzazione della polizia. Anzi è specialmente in quei casi che politica e stampa martellano l’opinione pubblica, in modo da scaricare tutte le loro responsabilità e farle ricadere sui tifosi. Ad ogni occasione si aumenta la durata dei daspo, il numero dei comportamenti sanzionati, la possibilità temporale di arrestare in differita e pur senza flagranza, si elevano le somme delle multe, ecc. Senza vittimismo, ma in Italia in diverse circostanze si rischia di più per reati da stadio che non per reati contro il patrimonio o la persona. Esempi recenti: rissa prima di Catania-Roma, 5 anni di carcere a due tifosi catanesi; assalto ad un furgone portavalori in provincia di Vicenza, 5 anni di carcere ad uno degli autori.

 

  1. Esiste un regime particolare di controllo per entrare nello stadio, tipo una tessera speciale, biglietto nominativo?

– Esiste di tutto e di più. C’è un biglietto nominativo che si può acquistare solo previa presentazione di un documento di identità e solo in prevendita: il giorno della partita i botteghini sono chiusi. Esiste una “fidelity card”, cosiddetta “tessera del tifoso” che è obbligatoria se ti vuoi abbonare o se vuoi comprare un biglietto per una trasferta (che però possono ugualmente vietare per motivi di ordine pubblico) e che può essere ottenuta solo se nei 5 anni precedenti non hai mai avuto procedimenti disciplinari per questioni di stadio: per assurdo, se hai appena scontato un daspo o se sei stato appena assolto da un processo, potrebbero negarti “tessera” e biglietti. Quest’ultima possibilità è figlia di quell’“Articolo 9” che i tifosi tanto contestano da cui nasce la “black list”, una vera e propria lista di proscrizione per tifosi indesiderati: per ora viene applicata ancora di rado e a discrezione delle varie questure, ma al prossimo “Servono pene più dure” di qualche moralista della politica, state sicuri che entrerà a pieno regime anche quella.

 

  1. Nel passato recente si sono verificati fenomeni di corruzione nel mondo del calcio (partite truccate, scommesse illegali) e che tipo di provvedimento sono stati adottati?

– Se n’è appena verificato uno tra la Lega Pro e la Serie D (la terza e la quarta divisione italiana) che coinvolge 70 persone, 50 delle quali portate in carcere. Questi casi vanno avanti ciclicamente dal 1980, i provvedimenti sono puramente simbolici, eclatanti a volte, come quando mandarono in Serie B la Juventus nel 2006 o il Milan nello stesso 1980 per il coinvolgimento negli illeciti. Un altro grosso scandalo seguì nel 2011, quando diversi giocatori di Serie A furono scoperti a combinare incontri, anche quella volta un capro espiatorio (il Lecce) pagò per tutti e adesso ci ritroviamo di nuovo di fronte agli stessi problemi, tutto a causa delle pene finte e alla connivenza a vari livelli delle istituzioni calcistiche e politiche nel malaffare.

 

  1. Voi avete verificato delle ingiustizie nella modalità in cui viene gestita la violenza e qual è stata la reazione dei tifosi? Ci sono state delle reazioni organizzate collettivamente? Hanno portato dei risultati?

– Come detto in precedenza, ci sono diversi problemi nella gestione della violenza. Giusto per citarne uno di cui non abbiamo ancora parlato, la polizia italiana è tra le poche in Europa a non avere numeri di matricola sulle divise. Oltre alla notoria violenza di certi suoi reparti speciali, condannata anche in sedi non sospette quali la Corte Europea e Amnesty International, nel nostro ordinamento non esiste per esempio il reato di tortura, c’è un forte corporativismo interno che quasi mai porta a inchieste e condanne serie da parte dei vertici di Polizia o del Ministero. Ogni qual volta succedono incidenti fra polizia e tifosi, a prescindere dalle dinamiche, per la politica e la stampa le colpe sono sempre dei tifosi, seppur ci siano stati parecchi casi clamorosi, su tutti quello del laziale Gabriele Sandri, mentre parecchie ombre restano sull’altra morte famosa dell’ispettore di polizia Raciti, ma anche lì, pur davanti ad una perizia della polizia scientifica che lo scagiona, ha pagato il solito agnello sacrificale.
Reazioni dei tifosi ce ne sono state poche e quasi tutte sterili. Qualcosa di buono s’è visto a livello locale, ma a livello nazionale il movimento ultras è diviso da questioni “tribali” a volte ridicole e preferisce anteporre beghe da condominio alla tutela dei propri diritti e del proprio futuro. Ovviamente chi “divide per imperare” si frega le mani.

 

  1. Secondo voi, gli organismi internazionali del calcio (UEFA, FIFA) sono veramente interessati al bene del calcio o sono interessati solo allo sviluppo dell’aspetto commerciale?

– Risposta scontata: certo che no. Non lo dicono solo i tifosi, ma gli stessi scandali in cui sono stati implicati varie personalità delle due federazioni, basti pensare al cosiddetto “Qatargate” e alle pesanti accuse di corruzione ai vertici politici del calcio, da Blatter in giù. Da una parte la criminalizzazione assurda della pirotecnica, dall’altra il progressivo allentamento dell’ipocrita Fair Play Finanziario raccontano una verità di fondo importante, cioè che questi presunti organi di controllo e di giustizia sono, come i loro corrispettivi nazionali, deboli con i forti e forti con i deboli. I tifosi per loro non sono che mucche da mungere, clienti, stupidi consumatori di popcorn e coca-cola e qualora osassero protestare per qualche aspetto indigesto di questo “calcio moderno”, vanno immediatamente demonizzati e strumentalizzati per ribaltare nelle menti delle masse i ruoli di buoni e cattivi, preservando la piramide del potere.