Terza ed ultima parte del tanto lungo quanto interessante reportage del nostro Sebastien Louis dalla Tunisia. Per chi se le fosse perse, questi i link della prima e della seconda puntata.

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Finisco questo viaggio in Tunisia con la società più titolata del paese. Primo club autoctono, fondato nel 1919, l’Espérance, (“Speranza” in francese, dal nome dell’omonimo Café in cui il club fu fondato) deve la sua esistenza a Mohamed Zouaoui, ma il primo presidente fu un francese, obbligo all’epoca in una Tunisia sotto il protettorato.

Oggi l’Espérance è tra le società più titolate dell’Africa, in Tunisia ha vinto ben 25 campionati nazionali, 14 coppe, due Coppe dei Campioni d’Africa ed altri titoli continentali.

È la mia ultima partita di una settimana ricca di incontri ed aspetto questo derby di Tunisi con la speranza di qualche nota interessante. In classifica l’Espérance è prima e gli ultras giallorossi che ho incontrato in settimana mi hanno detto che sarà una bella partita, almeno sugli spalti, a maggior ragione che l’incontro si svolge di domenica. Però i biglietti non sono in vendita allo stadio, ma alla sede dell’Espérance, a quindici chilometri di distanza: un’altra restrizione come quella del limite dei diecimila spettatori.

Come per il Club Africain, la partita si svolge all’impianto Olimpico di Radès. Mi organizzo con un amico tunisino e via in taxi. Ad un chilometro dallo stadio la polizia si fa notare con alcuni cavalli ed altrettante auto: meglio scendere e fare l’ultimo centinaio di metri a piedi.

La folla giallorossa è imponente, tutte le macchine sono strapiene di tifosi, per la prima volta dal mio soggiorno posso notare una degna atmosfera in questo pre-partita, un giusto mix di eccitazione e di sana tensione.

Anche questa volta i controlli sono capillari, ma dentro è un piacere: oggi ci sarà il pienone, cioè quasi dieci mila spettatori sugli spalti, finalmente una cornice all’altezza di un evento del genere. Non sarà numericamente il top, ma visti i due precedenti, mi accontento di questo.

Subito guadagno la pista d’atletica che ho varcato già cinque giorni fa e ritrovo i soliti poliziotti in borghese. Ci sono davvero tanti poliziotti dentro e fuori lo stadio, ma si vede che la concezione dell’ordine pubblico all’interno dell’impianto è molto “vecchia maniera”: l’idea che passa è che per assicurare la sicurezza basti mostrare i muscoli e far vedere tanti agenti in dispiegamento. In curva invece non c’è nessuno, né forze dell’ordine né tanto meno steward. Sembra di fare un viaggio indietro nel tempo, tipo Italia anni ’80.

Mancano una ventina di minuti e la maggior parte dei gruppi della curva sud dell’Espérance ha già messo gli striscioni. Gli ultimi a farlo sono i “Blood and gold”, che saltano nel fossato per poterlo attaccare alla rete.

Oggi sarà più facile capire la geografia del tifo giallorosso, con gli striscioni appesi. Ci sono 6 gruppi in curva: i “Zapatistas”, i “Fedayn”, gli “Ultras”, la “Torcida”, i “Blood and gold” ed infine i “Matadores”. Invece in gradinata ci sono i “Warriors” che hanno anche uno striscione in italiano: “Unico grande amore”. Al secondo anello c’è un altro striscione con la scritta in italiano, “Passione e mentalità” ed un altro con “Nessuno può fermarci”, accanto al quale si può anche leggere un “Forza Taraji”, dove Taraji rappresenta il simpatico personaggio simbolo della squadra. Infine, durante tutta la partita, sarà sventolato un bandierone con la scritta “Diffidati”.

Si potrebbe dire che è esagerato scimmiottare tutto, ma del resto non sono i primi a farlo, ed anche in Italia chi non ha mai copiato ad un’altra curva i nomi, i simboli oppure lo stendardo “all’inglese”? È vero che nel caso tunisino è un po’ esagerato, ma ciò deve essere inquadrato come un omaggio alla patria del tifo. Pur essendo in crisi, l’Italia ultras rimane un modello di riferimento, non solo in Europa, ma anche nel Nord Africa e in altri continenti.

Da non tralasciare che c’è pure tanta sostanza, con un tifo che comincia appena le squadre entrano in campo. Non c’è una vera e propria coreografia, solo alcuni bandieroni ed alcune due aste, del resto questo offre già da sé colore.

La passione anima questi ultras e come per i loro colleghi delle altre squadre, non c’è un vero lanciacori: sono decine le persone spalle al campo, ma tutto parte in una maniera quasi naturale e poi si diffonde. Sembra un ritorno al muretto dello stadio Olimpico a Roma negli anni ’80.

C’è un rumore permanente, molto argentino, e questo mi piace. L’intensità potrebbe essere migliore, ma si vede che i canti seguono l’andamento della partita in un clima spontaneo e comunque molto bello.

In curva si notano i nuclei dei diversi gruppi, ma c’è una sorta di unità che rende la curva compatta e non frammentata. Non c’è protagonismo ma voglia di esternare una fede.

Anche nei distinti, la trentina di Warriors canta durante tutta la partita: sono gli unici in piedi in questo settore, dove ci sono anche le famiglie, papà con le figlie che sfoggiano i colori giallorossi in un clima di sano divertimento, soprattutto per i più piccoli.

La partita in campo si mette male, lo Stade Tunisien segna ed il gol mi permette di notare come una ventina di tifosi rossoverdi si siano infiltrati nello stadio. Sono nel posto più comodo, nelle logge, ed addirittura tifano. Un bel gesto perché, come detto prima, i tifosi ospiti teoricamente non possono entrare: loro almeno ci hanno provato e ci sono riusciti. Molto velocemente, l’Espérance pareggia per l’immensa gioia del popolo giallorosso ed alcune torce sono accese nella Curva Sud.

Il primo tempo finisce, c’è un bel caldo e ne approfitto per andare a prendere dell’acqua in tribuna, dove noto tre fedeli che pregano. La cosa mi diverte ed è parecchio “esotica”.

Approfitto della pausa per guardare i vari simboli dei gruppi. Alla sinistra della curva prendono posti gli “Zapatisti”, striscione con i colori rasta, simbolo e nome pure, questo dovrebbe essere un covo di estrema sinistra, ma non lo è. Parlando con un ragazzo del gruppo, lui mi fa sapere che hanno preso il simbolo per il fatto che il sub comandante Marcos è sempre nascosto, e di politica se ne fregano anche se alcuni hanno simpatia per i jihadisti che partono in Siria. Non sono gli unici a tenermi questo tipo di discorso durante il mio soggiorno.

Accanto a loro ci sono i Fedayn con il simbolo che tutti conosciamo e al centro della curva il gruppo pionere, cioè gli “Ultras l’emkachkhines”. Accanto a loro noto i “Blood and gold”, una sciarpa di loro produzione riprende lo slogan “Orgoglio capitolino” di un disciolto gruppo romanista. Un’altra sciarpa di questo gruppo ha un grande “Odio tutti”, slogan che ritrovo dipinto su un muro dello stadio. L’Italia è IL paese del tifo per loro, infatti quando la partita riprende, uno striscione è srotolato con il motto: “Avanti Taraji la curva con te”, poi ci sono vari fumogeni accesi mentre sul campo, in questo secondo secondo tempo, l’Espérance segna due altri goal per vincere finalmente 3-1.

Dove ci sono i ragazzi della “Torcida” noto uno di loro esibire una maglietta con scritto “Ultras liberi”. Come ho già detto, per andare in prigione qua c’è bisogno di poco ed allo stadio c’è un vero odio verso le divise, questo è un retaggio del regime di Ben Ali: non si possono tralasciare i continui scontri con la polizia, che segnano una tensione sempre più alta verso chi, teoricamente, dovrebbe mantenere l’ordine pubblico.

Oggi la passione della curva è stata ripagata, a fine partita gli striscioni sono tolti molto velocemente, ma dopo pochi minuti la curva risulta vuota visto che tutti sono defluiti ai parcheggi per tornare in fretta verso la capitale.

È la fine del mio soggiorno e pure io devo tornare, ma in aeroporto, dopo una settimana ricca di incontri sia sul campo che sugli spalti. La Tunisia è davvero bella, non solo per il suo popolo e per le attrattive paesaggistiche, ma anche per sua cultura ultras.

Sebastien Louis.