“Come i pini di Roma, la vita non li spezza”, recita una celebre canzone che tutti noi abbiamo intonato uscendo per sempre dalla scuola. I pini di Roma non si spezzano. È vero. Resistono là da decenni. Alcuni da secoli. Sotto al vento, la pioggia, la neve e l’incuria dell’essere umano. I pini di Roma sanno resistere agli affronti e alle ingiurie. I pini di Roma sono come il Colosseo. E hanno un’anima forgiata da mille battaglie. Un po’ come il tifoso della Virtus.

Dove eravamo rimasti? Sì, a quei drammatici (sportivamente parlando) playout dello scorso anno. Alle debacle di Recanati, con lo spettro di una retrocessione in Serie B che si faceva sempre più concreto, fino alle vittorie contro Omegna. Ultimo tassello di una stagione da dimenticare in fretta per la Virtus Roma. Un’annata maledetta, forse degna prosecuzione dell’auto retrocessione che inizialmente aveva spaccato l’ambiente, per poi farlo magicamente ricomporre, nel finale.

Da là bisognava ricominciare. Da quel senso di unità ritrovato. Da quel palazzetto pieno non per una finale scudetto e nemmeno per un playoff di A1, ma per non far sì che Roma non rimanesse orfana anche della pallacanestro. Non me ne vogliano i tifosi di Omegna, in questo caso vittime sacrificali, ma a un centimetro del baratro la Virtus ha quanto meno saputo fare un passo indietro. Un qualcosa, diciamocelo pure, di dovuto nei confronti di una tifoseria tanto bistrattata e ridicolizzata in taluni casi, forse non eccelsa e numerosa, ma che ci ha messo la faccia non voltando le spalle ai propri colori per motivi di convenienza e categoria.

Motivi di lavoro mi hanno impedito di metter piede al PalaTiziano in queste prime giornate. Benché abbia segnato con un bollino rosso sul calendario l’inizio del campionato. Il basket è sempre un qualcosa di particolare. È una disciplina ancora “povera”, dove alcune sinergie resistono e quei meccanismi di avvicinamento allo sport in quanto tale, e non in quanto “praticato”, spesso emergono forti e chiari. Così tornare a un qualcosa che negli ultimi anni è diventata piacevole routine non può che farmi piacere. E ancor più piacere lo provo nell’entrare, scorgendo subito un bel colpo d’occhio sulle gradinate. Evidentemente il seme per una rinascita è stato gettato, ora sarà l’insieme delle componenti a doverlo curare fino a farlo ricrescere. Nonostante da più parti qualcuno abbia provato a stroncarlo. Nonostante l’ennesima estate burrascosa, segnata dal serio rischio di non iscriversi e dal patema d’animo anche laddove c’erano da dormire sonni tranquilli. Qualcuno ci ha sperato, magari illudendosi di poter raccogliere il testimone di una storia che non gli appartiene. Ma la Virtus è ancora là. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Le sue piccolezze e le sue storie pervasive. E se questa città avesse davvero a cuore lo sport, imparerebbe a ragionare senza invidie perenni e senza complessi d’inferiorità che costringono ad allungare viscidamente i tentacoli pure dove non dovrebbero mai arrivare. Accattivandosi più simpatie possibile. In tutti i modi. A buon intenditor poche parole.

Il roster di coach Corbani ha iniziato la stagione nel migliore dei modi e le tre sconfitte consecutive, da cui i capitolini sono reduci, non hanno creato malumori. Anzi, il pubblico è determinato a spronare la squadra per riprendere il cammino e centrare quanto meno i playoff. Cosa più che possibile, anche considerando il buon lavoro fatto in fase di mercato questa estate. Avversario di turno quell’Agropoli che da ormai un paio di stagioni staziona stabilmente in A2 con risultati più che discreti.

Sempre nel segno della continuità, lo striscione delle Brigate è prontamente al suo posto, con i ragazzi che si impegnano in balaustra per dar vigore ai cori e al sostegno del quintetto sul parquet. L’onta dell’auto declassamento, oltre al mero fattore sportivo, è andata a toccare anche l’aspetto del tifo, inserendo la Virtus in un girone con poche tifoserie e trasferte generalmente dallo scarso appeal. Sarebbe bastato militare nel raggruppamento Ovest per partecipare a una vera e propria A1 in miniatura (e forse anche meglio) con piazze del calibro di Bologna, Treviso, Forlì, Imola, Trieste, Udine e sicuramente ne dimentico qualcuna.

Il tifo si mantiene su buoni livelli per tutta la partita, con un bandierone sventolato continuamente e belle manate, che nei momenti topici della sfida coinvolgono anche gli altri spettatori presenti. Il contingente ospite, quantificabile in una decina di ultras, più semplici tifosi sparpagliati nel settore, segue l’incontro facendosi sentire a fasi alterne. In campo finisce con il netto successo della Virtus Roma che può guardare più serenamente alla trasferta di Legnano, dopo la quale potrà preparare l’inedita stracittadina con l’Eurobasket. Un match che saprà offrire spunti interessanti dopo le note acredini registratesi negli ultimi mesi tra i due club.

Simone Meloni.