All’Olimpico di Roma si affrontano Lazio e Inter, match speciale non solo per aspetti prettamente calcistici. Milano e Roma, infatti, rappresentano due modi opposti di vivere: la città lombarda da sempre considerata la locomotiva economica d’Italia, mentre Roma, come sapientemente descritta da Sorrentino nella “Grande Bellezza”, sede del potere temporale e papale che, con i suoi ritmi lenti, si autoconserva nel tempo. Realtà economiche e sociali troppo distanti, due modi differenti di essere capitale d’Italia: una del cinema mentre l’altra della moda e della TV;  nella città eterna si scrivono leggi e regolamenti, oltre ad essere sede di Ministeri e Autorità di vigilanza e regolamentazione, mentre nell’altra ha sede la finanza e la Borsa. Nonostante tutte queste diversità, da oltre 30 le due tifoserie hanno trovato nell’ideale ultras la sintesi perfetta di due mondi opposti e distanti, il punto di equilibrio sul quale costruire un solido gemellaggio.

Il ritorno alla normalità passa anche dall’ampliamento della capienza dei posti disponibili negli stadi, che da questa giornata passa dal 50% al 75%:  il pubblico risponde all’appello riempiendo l’Olimpico. Per l’occasione la SS Lazio, nonostante lo scandalo “tamponi” della  passata stagione, al fine di agevolare l’afflusso di tifosi li mette a disposizione gratis (l’accesso allo stadio può essere consentito solo esibendo il Green pass, che si ottiene o tramite la vaccinazione o appunto tramite tampone). In ottemperanza alle vigenti disposizioni governative l’ingresso allo stadio di Roma prevede, oltre ai normali controlli, anche un’ulteriore zona di pre filtraggio nella quale ai tifosi viene richiesto di esibire appunto il Green pass.

Il gemellaggio che lega le due curve “permette” ai tifosi interisti di girare liberamente attorno allo stadio e di prendere posto, oltre che nel settore ospiti, anche in altre zone dello stadio. Prima del fischio di inizio Simone Inzaghi, oggi allenatore avversario, raccoglie il tributo dei suoi ex tifosi che lo omaggiano con uno striscione e con un lungo applauso. Sul piano del tifo gli interisti partono subito forte, aiutati anche dal vantaggio, ma calano insieme alla squadra nella ripresa. Il gol del vantaggio laziale, nato mentre Dimarco era per terra, surriscalda gli animi dei tanti tifosi presenti sugli spalti, facendo emergere una certa “antipatia” tra i semplici tifosi, repressa però dal forte legame ultras che lega le due curve. La società nerazzurra negli anni ha infatti spesso “usato” la SS Lazio come serbatoio da cui attingere: in principio furono Stankovic e Sinisa Mihajlovic a prendere il treno direzione Milano, oggi invece lo stesso percorso è stato fatto da De Vriy e  Correa. La logica predatoria dell’Inter, però, non si è estesa solo ai calciatori ma anche agli allenatori, Roberto Mancini ieri, Simone Inzaghi oggi. Nonostante gli sgarbi calcistici sia la nord nerazzurra che quella laziale hanno mantenuto il rapporto solido, andando quindi oltre le logiche sportive e i fischi piovuti a seguito del gol del vantaggio laziale non hanno coinvolto i rispettivi gruppi ultras.

Al triplice fischio finale gli interisti dedicano gli ultimi cori a Gabriele Sandri e più in generale alle comuni rivalità, Milan e Roma, gesto prontamente ricambiato dalla nord laziale.

Se è vero che “gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come fossero partite di calcio”, il ritorno alla normalità può essere misurato anche dal progressivo ripopolarsi degli stadi e rivedere finalmente gli spalti pieni, nonostante le restrizioni imposte, regala una prospettiva più rosea per il futuro. 

Michele D’Urso