OlimpicoCurvaNordDivisaLa questione della divisione delle curve a Roma ha tenuto banco per tutto quest’ultimo periodo. Interessata prevalentemente ed ovviamente la città Capitolina, ma nel vivo è stato toccato un po’ tutto il mondo del tifo: non si può non guardare con sospetto o non temere che quello del prefetto Gabrielli diventi una sorta di progetto pilota per il resto degli stadi italiani.

Come da buona tradizione comunque, in Italia siamo così stupidi che riusciamo ad arrivare secondi persino in una gara di stupidità: a Gabrielli e soci quindi, nemmeno la soddisfazione di rivendicare la paternità di questa assurdità che già da qualche tempo è in voga soprattutto in Spagna. Da quelle parti, tra i tanti, hanno cercato di colpire i “Biris Norte” di Siviglia, dividendo i due anelli del loro settore, o gli “Ultras Sur” a Madrid, prima confinati in un quadratino dietro la porta, poi banditi definitivamente dal “Santiago Bernabeu”.

Chi pensa che dopo tanto scavare sia stato toccato definitivamente il fondo, sia cauto: tra non molto potrebbero imitare l’altro scempio Iberico di assegnare coattamente posti differenti e distanti fra loro per annullare ogni velleità di socializzazione, che per loro è visto a priori come un oscuro tentativo di assembramento sedizioso. Certo ad oggi sembra un orizzonte lontanissimo, visto che nei settori popolari non è ancora così rigido l’obbligo di rispettare i posti a sedere, ma se pensiamo alle libertà svanite in meno di un decennio, faremmo meglio a non prendere troppo sottogamba il futuro. In una manciata di anni portare semplicemente uno striscione, un tamburo o strumenti di tifo innocui, è diventato indizio di reato. Banalmente e estremizzando, sarebbe come vietare a chiunque di guidare un auto perché potrebbe potenzialmente investire qualcuno. La riduzione del rischio diventa sciocco, ipocrita e totale divieto. La questione stadi/curve sociologicamente è molto ampia, ma parlare di sociologia con queste controparti, in questo periodo storico, è utile tanto quanto parlare di filosofia con i piccioni al parco.

Ma tant’è. In barba alla UEFA che, almeno in linea teorica, da anni spinge per l’abbattimento di ogni barriera, che caldeggia la “normalizzazione” dei rapporti tifosi-istituzioni attraverso la figura (obbligatoria) dello SLO. Alla bella faccia del modello tedesco, del “muro giallo” di Dortmund che piace tanto citare all’opinione pubblica nostrana. La stessa che poi ignora i “fanprojeckt” ed il confronto totale anche con le ali più oltranziste delle tifoserie, il confronto che resta serrato e continuo anche quando queste frange divergono dalla loro idea di tifo che – almeno in casa nostra – si sono creati su basi sciattamente ipotetiche, senza mai allontanar piede dai loro banchetti in Tribuna Vip e confrontandosi con la realtà del resto dello stadio.

In Lazio-Bologna la divisione della Curva è stata puramente simbolica e non strutturale, con un cordone di steward ad aprire una ferita fosforescente nel mezzo del cuore del tifo biancoceleste. La tifoseria organizzata, da parte sua, aveva già fatto sapere nei giorni precedenti il match che non sarebbe entrata. Che sarebbe rimasta all’esterno per protestare contro questo “attacco” al modo popolare di vivere il tifo e il calcio proprio nei settori popolari. Che poi, diciamocelo francamente, di popolare non hanno più niente, né la composizione e  nemmeno i prezzi.

Orbene, in merito a quell’annunciato “sciopero del tifo”, stamattina un comunicato della Questura ai mezzi di stampa ha fatto sapere che:

Prima dell’inizio della partita 40 appartenenti ai gruppi ultras si sono radunati in Piazzale Dodi, per manifestare contro il nuovo modello organizzativo di sicurezza degli incontri di calcio. Tenuti sotto controllo dalle Forze dell’Ordine, sono stati tutti identificati.

Dunque si evince che da oggi, anche far gruppo fuori dallo stadio per una birra o due chiacchiere in compagnia a cavallo del match, potrebbe diventar pretesto utile per venire “identificati” dai questurini di turno. Ci sono stati scontri con le forze dell’Ordine? Pare proprio di no. E quali sarebbero le ipotesi di reato da spingere ad un’identificazione massiva? È stato reintrodotto il reato di lesa maestà? È tornata l’Inquisizione? Essere in disaccordo con Gabrielli è passibile di punizione?

Alla buona pratica della riduzione delle tensioni sociali, del riavvicinamento delle parti, della comprensione del dissenso, si antepone come sempre il testosteronico mostrar muscoli e aizzare repressione. Dicono che a qualcuno agli stadi piaccia fare sfoggio di forza fisica e bruta, ma a quanto pare quel qualcuno sembra piuttosto incapace di guardarsi allo specchio.

Buon inizio di campionato.

Matteo Falcone, Sport People.