Nella vomitevole logica del divieto selvaggio e senza alcun motivo pregresso cui quest’epoca sempre più ci sottopone, ricade appieno la decisione con cui la sindaca di Amsterdam, Femke Halsema, a poche settimane dalla sfida tra l’Ajax e i biancocelesti, ha ben pensato di dichiarare vietata la trasferta, sottolineando come i supporter capitolini non siano i benvenuti in Olanda in quanto razzisti e antisemiti. Può il primo cittadino della Capitale di uno dei primi paesi firmatari del trattato di Schengen, nonché promotore da sempre dell’Europa unita e dove i suoi cittadini possono circolare liberamente, alzarsi una mattina e bandire letteralmente da un luogo pubblico come lo stadio una categoria, discriminandola in base a uno stereotipo? È normale che ciò, inoltre, avvenga dopo che biglietti aerei, soggiorni, attrazioni e biglietti dello stadio siano già stati lautamente pagati da quelli che prima ancora di essere tifosi sono cittadini italiani ed europei? Se il limite dello schifo in tal senso si era raggiunto con i grotteschi fatti di Napoli-Eintracht dello scorso anno, quanto accaduto relativamente alla partita di cui sopra non è assolutamente da me. Eppure qualcuno pensa che, al di là alle ufficiali e ridicole motivazioni, alla base di una simile imposizione ci sia la paura che alcuni episodi vissuti prima di Ajax-Maccabi Tel Aviv possano ripetersi, scatenando un’altra bufera politica e mediatica sui Paesi Bassi. Una paura ovviamente del tutto decontestualizzata, considerato come sono andate le cose quel giorno (e di come sono state raccontate in seconda battuta, sic!). Un divieto che sembra nascere (per dirla in soldoni) più da “un’antipatia” personale che da vere esigenze. Più da questioni di convenienza politica, che da seri pericoli. Un divieto – come tutti i divieti – che restituisce la totale dismissione degli organi preposti nei confronti del proprio lavoro.

Il divieto per i tifosi laziali non è ovviamente passato inosservato innanzitutto presso il club capitolino, che sin dalle prime battute ha cercato – anche attraverso la mediazione del Ministero degli Esteri – di trovare una soluzione che andasse oltre il minimo sindacale (la restituzione del prezzo dei biglietti di accesso alla Amsterdam Arena), chiedendo il rimborso delle intere somme spese dai supporter italiani per soggiornare in Olanda. Richiesta a cui sindaca e autorità coinvolte hanno risposto negativamente, reiterando ulteriormente un comportamento a dir poco grave per uno Stato, lo ripetiamo, membro fondatore dell’Unione. Uno Paese che, tuttavia, negli ultimi anni si è sempre contraddistinto per metodi poco ortodossi nella gestione dell’ordine pubblico e dei tifosi ospiti. Basterebbe ricordare quanto accaduto, proprio ai laziali, poco meno di un mese e mezzo fa a Enschede, dove – come sua consuetudine – la polizia locale sequestrò letteralmente i tifosi romani, costringendoli a non uscire dai loro alberghi e successivamente portandola allo stadio. Una cosa simile era successa anche ai fiorentini, sempre in quel di Enschede, l’anno precedente. Ma più in generale, chiunque abbia fatto una trasferta in Olanda conosce fin troppo bene il comportamento delle forze dell’ordine autoctone, sempre molto inclini a recintare e ghettizzare gli ospiti. La prescrizione firmata dal comune di Amsterdam, oltre a contravvenire a qualsiasi principio di libera circolazione garantito dall’Europa, rappresenta dunque un grave atto discriminatorio, nonché un affronto al principio di responsabilità individuale, che dovrebbe essere caro e inviolabile per qualsiasi nazione avanzata, civile e democratica. Una sanzione che colpisce trasversalmente centinaia di persone senza alcuna ragione, senza che le stesse abbiano compiuto un reato o si siano rese protagoniste di azioni e parole in grado di mettere a repentaglio l’incolumità pubblica, è un modus operandi a dir poco inquietante, che funge da pericoloso precedente per le future occasioni. E non fa certamente maturare un’idea positiva su chi lo mette in atto.

In merito alla partita dell’Olimpico contro i bulgari, è stato necessario approfondire con questi due paragrafi, anche per motivare i numerosi cori dei tifosi biancocelesti contro la città di Amsterdam; un naturale sfogo per chi si è visto negare un proprio diritto dopo aver profumatamente pagato pacchetti, viaggi e alberghi (a proposito, in questi casi i soldi dei supporter italiani non erano uguali a tutti gli altri? Non implicavano discriminazione, razzismo e antisemitismo? Un modo di fare alquanto sui generis!). Per quanto riguarda la sfida contro il Ludogorets, poco da segnalare su fronte ospite. Il club di Razgrad, infatti, malgrado l’ottimo blasone degli ultimi anni non ha mai potuto contare su un gruppo organizzato, portando anche stasera qualche decina di tifosi normali, armati di uno striscione e un paio di bandiere. Si fronte casalingo sono 23.000 i biglietti venduti, con la Nord che presenta un bel colpo d’occhio e si rende protagonista di una buona prestazione. In campo le due squadre non vanno oltre lo 0-0.

Testo Simone Meloni