Clima quasi primaverile, più di 40 mila presenti per una partita sulla carta non irresistibile, spettacolo di gol in campo. Messa così, Lazio-Spal “si vende” da sola. Ma tutto appare più complesso, uscendo dal cuore della curva e spostandosi in un settore più laterale, che permette peraltro una visione terza delle cose. Al botteghino scopro che curva Nord e Distinti Nord Est e Sud Est sono già esauriti dai giorni precedente. La società di casa, anche sull’onda dell’entusiasmo dovuto all’eccellente posizione in classifica, offre ingresso gratuito per gli under 14 accompagnati da un adulto per i settori Tribuna Tevere e Distinti Sud, questi ultimi alla modica cifra di 14 euro. Il clima più degno di una giornata di inizio marzo che di una domenica di fine inverno, rende inoltre appetibile l’opzione stadio nella variegata offerta sportiva proposta dai palinsesti tv.  Al mio ingresso però noto come la struttura dello stadio sia completamente avversa ad ogni tipo di tifo organizzato. La Curva Nord è in realtà divisa in tre settori, Distinti Nord Est e Nord Ovest e Curva Nord, quest’ultima però letteralmente spezzata a metà da un cordone di steward che crea una divisione di 3-4 metri. Improponibile quindi creare un coordinamento tra lanciacori nei vari settori; si necessiterebbe semplicemente di uno spazio più concentrato. Il settore dove mi trovo è occupato da molti under 40 spesso con figli al seguito; e qui cambia tutto quello che si potrebbe idealizzare su uno stadio  pieno e vivo. Portare un figlio allo stadio, noto, è diventato un evento da fissare su pellicola e da condividere. Frotte di bambini e ragazzini che filmano ogni momento e genitori che a loro volta fotografano e riprendono i figli, tutto viene vissuto come un qualcosa di tiepido e piacevole che deve essere mostrato; non siamo però davanti ad un fenomeno isolato da una logica di massa. Chiaramente il discorso vale per la maggior parte dei presenti, non per la totalità; intuisco però che se un ragazzino vorrà un giorno approcciarsi al mondo del tifo organizzato, dovrà prima passare indenne attraverso tale modo di affrontare la partita di pallone fomentato dalla stesse società di casa, con il ruolo fondamentale della musica altissima ad eccitare l’ambiente e dello speaker, ormai novello lanciacori dei tempi contemporanei.

Fuori da quello che è il cuore del tifo, la Curva Nord, tutto rimane piatto ed ovattato, seppur appetibile alle telecamere. Pochi cori fanno il giro dello stadio, giungendo fino alla parte opposta, nonostante la classifica ottimale ed il primo tempo devastante di Immobile e compagni. Questo approccio lontano dalla realtà, unito alle politiche repressive e securitarie in atto da svariati anni, viene confermato dalle presenze nel settore ospiti. Sono circa 200 i ferraresi presenti e, guarda caso, il 90% di essi svolge un tifo attivo, confermando il divario fra ultras e chi al massimo si barcamena fra divano, partite in casa e trasferte sì, ma solo nei momenti buoni. Le scelte si fanno e si pagano, come sanno ampiamente i biancazzurri ospiti. Un Olimpico con più di 40 mila presenze ha oggi messo in risalto più i confini, le barriere che separano i settori riempiti da consumatori dotati di smartphone. Il ruolo dello stadio è solo simbolico, finalizzato ad una azione primariamente economica, lontana dai fatti; oggi Larkin perderebbe di efficacia paragonando l’innocenza di una lunga fila di persone a quella delle persone che escono “dallOval o dal Villa Park”, dal momento che in quegli stadi oggi ci si distacca da ciò che si vede, non si vive più una collettività pura e sincera. Nella mente rimangono però i bandieroni di stoffa dei settori più caldi, che si muovono lenti nell’aria soleggiata di questo catino sede di emozioni, ricordi, valori forse oramai logori.  

Amedeo Zoller