Non ho l’età. Non, come cantava la Cinquetti, per amarti, ma più banalmente per vivere la trasferta come se avessi ancora 20 anni. Ho invece ancora l’età per seguire ed emozionarmi, ho l’età per esultare per l’importante gol vittoria di Re Umberto Del Core, ho ancora l’età per tifare Altamura.

Il calcio, inteso come passione, unisce le generazioni, elimina qualsiasi steccato culturale e annulla ogni forma di divisione per classi: ingegnere e operaio, avvocato e idraulico tutti sullo stesso pullman, uniti dalla stessa fede in comune, quella biancorossa.

Alle 10 di sera la gioventù altamurana decide di bivaccare per le vie del centro cittadino: vorrei ma non posso, vorrei ma non ho l’età. Per noi vecchietti infatti il raduno è previsto per le 4, con la speranza di metterci in viaggio alle 4:30.

La tifoseria Altamurana arriva alle porte di Acireale alle 14:30, ma prima di varcare i cancelli dello storico impianto acese bisogna essere perquisiti e filmati. I funzionari della polizia ci informano che, elenco alla mano, vogliono controllare che tra le nostre fila non ci siano diffidati, “figura” mitologica, quest’ultima, che tanta paura crea nell’opinione pubblica. I gruppi di casa sono presenti nel loro settore già un paio di ore prima del match, pronti a sistemare striscioni e bandiere: Passione e mentalità, Boys e Brigata Anonima da un lato, Seguaci Granata dall’altra.

Il Tupparello lentamente si riempie e al fischio d’inizio sono circa 3.000 i granata assiepati sulle tribune dell’impianto acese. La squadra viene chiamata sotto il settore di casa e spronata a gran voce. I Murgiani, dal canto loro, incoraggiano i propri beniamini: la partita sugli spalti è già iniziata.

Le squadre entrano in campo, gli Altamurani colorano di bianco e rosso la Sicilia con le loro sciarpe; gli acesi, invece, accendono fumogeni granata che per un’istante mi riportano indietro negli anni, quando nelle curve le torce erano la consuetudine, non una rarità. Il giorno successivo al match verrò a sapere che la lega dilettanti sanzionerà la società granata per l’accensione degli stessi.

Il settore siciliano forma un bel quadrato, con bandiere sempre in movimento e continue manate; alternano cori vecchio stile (“mi diverto solo se vedo giocare i granata…”) ad altri più “moderni”: vivere il presente ricordando il passato. Conoscevo i granata e avevo già avuto occasione di vederli all’opera: a distanza di anni, nonostante le continue delusioni, li trovo in gran forma.

I pugliesi dopo qualche iniziale sofferenza passano in vantaggio, fomentando ancora di più gli ultras ospiti; gli acesi non demordono e sostengono a gran voce la squadra di casa. Il pareggio, che arriva nella ripresa, viene accolto da un vero e proprio boato, ma la gioia dura pochi istanti. Ci pensa infatti il Bomber Del Core a regalare all’Altamura un’importante vittoria. A fine partita festa sugli spalti per i murgiani; gli acesi invece invitano la squadra a non mollare e a giocarsi le speranze di passaggio del turno nel match di ritorno.

Passiamo alle note di colore.

Da ogni trasferta si possono trarre importanti spunti di riflessione, e anche questo lungo viaggio mi ha lasciato qualcosa. Percorrendo la costiera jonica ho avuto la conferma che i responsabili degli “acquisti” del tifo Altamurano si sono fatti ingannare dal prezzo: l’ufficio “approvvigionamenti” della carovana Altamurana ha deciso di comprare, la sera precedente alla partenza, un numero indefinito di lattine di “Alpen”, al modico prezzo di 12 centesimi, ignorando del tutto che, come per il vino, anche per la birra esiste una correlazione positiva tra prezzo e qualità. La strana bevanda, dal gusto alquanto dubbio e spacciata per estratto di luppolo, è stata usata come olio per il pullman, visti gli effetti chimici che stava scatenando. Infine dal viaggio in Sicilia ho imparato che, almeno in trasferta, non esiste alcuna differenza tra colazione e pranzo, e che servire prima il salato e poi il dolce è una regola di poco conto: ore 05:00 torta salata e caffè borghetti; ore 20:00 caffè borghetti e panino con la cotoletta: al fegato ci pensiamo dopo!

Testo di Michele D’Urso.
Foto di Fabrizio Sciacca e Michele D’Urso.