Deserte, assolate, spoglie di umanità e costruzioni urbane. Sono queste le strade che scavallano la dorsale appenninica una volta abbandonata l’ormai ex eterna incompiuta Salerno-Reggio Calabria.

Lecce è una di quelle trasferte che per la sua lontananza geografica e per l’innato fascino esercitato da una terra ricca di storia e tradizione è ormai in grado di richiamare parecchia gente. Il bell’entusiasmo che ruota attorno alla Roma quest’anno ha fatto il resto e il 1.075 biglietti messi a disposizione dalla società salentina sono andati polverizzati in poche ore. Buona la prevendita anche per i padroni di casa, che tra abbonamenti e tagliandi faranno registrare oltre 26.000 presenze.

L’estate sembra esser rimasta ben attaccata alla parte meridionale del nostro Paese e – appena scesi dalle aspre montagne che caratterizzano il confine Campania/Basilicata – il sole si fa sempre più prepotente, baciando un paesaggio adesso più dolce in cui si distinguono chiaramente le vaste distese di uliveti che danno il benvenuto in terra di Puglia.

Ho lasciato lo stadio “Via del Mare” in un piovoso pomeriggio di inizio aprile del 2012. Un Lecce-Roma 4-2 (prima e sinora unica vittoria dei padroni di casa contro i capitolini tra le mura amiche) segnato dal poco pubblico e dalla trasferta vietata ai supporter ospiti.

Ai tempi (forse adesso posso anche accennare qualcosa, penso sia tutto caduto in prescrizione. Sic!) riuscivo con una certa dimestichezza ad aggirare i primi (e comunque ferrei) divieti di trasferta, acquistando biglietti di altri settori nei più svariati modi. A distanza di tanti anni posso dire che forse si è trattato di un “percorso” inutile, perché fatto in solitaria o, al massimo, con pochi altri folli. Tuttavia mi ricorda quanto nella mia vita abbia sempre odiato in maniera incredibile ogni limitazione della libertà personale. Soprattutto quando in vigore con assurde e inette motivazioni!

Lecce è una città elegante e per certi versi borghese, ben distante da un certo tipo di stereotipo con cui generalmente si descrive il Sud. Quello che mi ha sempre colpito di questa parte d’Italia è il suo essere quasi totalmente avulso dalla regione in cui è inglobato. Basti pensare al dialetto, profondamente diverso rispetto alle altre province pugliesi. Una differenza che, manco a dirlo, si rispecchia anche nello strato sociale di un luogo che non essendo – sua fortuna – particolarmente stritolato da problematiche comuni in molti centri meridionali, ha un’esistenza paradossalmente più “tranquilla” rispetto ad altre zone.

Se ciò è un bene da una parte, ha sicuramente un risvolto negativo sotto tanti aspetti. E lo stadio è uno di questi. Portare avanti un discorso di tifo organizzato a Lecce non dev’esser stato affatto facile per i ragazzi della Nord. Basterebbe ricordare la repressione, gli arresti e i divieti subiti negli ultimi dieci anni per le più disparate (e veniali) motivazioni. Un accanimento, quello della Questura locale, che denota quanto in un centro urbano dalle criticità limitate spesso e volentieri l’unica strada per fare carriera siano gli ultras e/o i manifestanti.

Eppure, a prescindere da ogni giudizio personale sugli ultras salentini, penso vada loro riconosciuto un grande pregio: la coerenza. L’aver saputo portare avanti il proprio credo e le proprio battaglie malgrado tutto. Sarebbe forse riduttivo citare solo quella sulla tessera del tifoso, ma in un mondo che prima ha detto all’unisono “no” e poi l’ha sottoscritta il giorno dopo è sempre bene rinfrescare la memoria!

Se ai calciofili quella tra Lecce e Roma ricorda giocoforza l’incredibile vittoria per 2-3 dei pugliesi all’Olimpico nel 1986 (successo che tolse di fatto lo scudetto dalle mani romaniste) agli appassionati di movimento ultras rammenta un altro episodio accaduto a margine della finale del campionato primavera 2004/2005, quando al “Via del Mare” si sfidarono Roma e Atalanta. In quell’occasione alcuni leccesi riuscirono a strappare parte dello striscione AS Roma Ultras, esponendolo poi alla prima occasione utile. Non a caso, oggi, i primi cori della Nord sono propriamente “a tema”. I romanisti non si lasciano pregare e rispondono immediatamente per le rime. Ennesima conferma della poca simpatia esistente tra le opposte fazioni.

Il colpo d’occhio offerto dal settore ospiti è davvero notevole. Il miglioramento “estetico” dei romanisti negli ultimi anni è un qualcosa di tangibile. Pezze e stendardi curati e perlopiù fatti a mano fanno bella mostra fungendo da cornice a una prestazione che si rivelerà davvero di ottimo livello. Se in più di un’occasione ho evidenziato come con un potenziale del genere i capitolini avrebbero senza dubbio potuto dare di più penso sia altrettanto giusto evidenziare il loro ottimo stato di forma, segno di un lavoro lento e oculato che comincia a dare i primi frutti. Cosa tutt’altro che scontata in una città come Roma, da sempre falcidiata dalle divisioni e da tutte le “patologie” disgregative che caratterizzano ormai le nostre metropoli.

La Nord offre un buon colpo d’occhio, con il nucleo centrale che tifa per tutta la partita. Senza dubbio – nessuno me ne voglia – i salentini rendono di più lontano dalle mura amiche. La vastità della loro curva evidenzia come la parte attiva del tifo sia formata da un paio di migliaia di persone, che di tanto in tanto riescono a trascinarsi dietro il resto dei presenti. Per inciso: è comunque un successo veder cantare ancora tutta quella gente malgrado da oltre due lustri i ragazzi degli Ultrà Lecce abbiano scelto di non portare i classici strumenti del tifo per non chiedere alcuna autorizzazione.

In campo la Roma riesce ad avere la meglio grazie a un gol di Edin Dzeko nella ripresa. La squadra di Liverani ci prova, dà l’impressione di essere viva, ma non riesce quasi mai a pungere veramente i dirimpettai. Esulta il settore ospiti, che torna a festeggiare tre punti dopo la sconfitta interna con l’Atalanta.

Il deflusso si svolge senza particolari problemi, con steward e polizia a vigilare attentamente le strade attorno allo stadio.

Adesso le strade che portano a Sud vanno lentamente spegnendosi con la notte che avanza. Superato il confine Puglia/Basilicata è quasi impossibile intuire il classico paesaggio lunare. Giusto dei selvaggi fuochi accesi nella boscaglia ricordano quanto queste terre siano troppo spesso vittime di infami e avvelenatori assassini. Ma questa è un’altra storia…