Tecnicamente parlando, penso di aver assistito ad una delle più brutte partite di basket della mia vita: un anti-spot per non far avvicinare il pubblico a questo sport. Sugli spalti non è andata molto meglio: da una parte gli sforzi volenterosi della “Gioventù Forgiata” di Legnano, dall’altra la presenza striminzita dei rosetani.

Proprio la tifoseria abruzzese, essendo passati più di 10 anni dall’ultima volta che la vidi in quel di Roma, meritava il mio breve viaggio verso la città del Palio. Avendo maturato un certo credito nella scena ed essendo la gara uno degli snodi cruciali della stagione (trattandosi di gara 1 dei playoff, peraltro giocata in un Sabato di ponte), mi aspettavo una buona prova dei biancoblu. Non conosco le cause dello scarso numero al seguito, ma, oggettivamente parlando, si poteva pretendere qualcosa in più.

La “Gioventù Forgiata”, incoraggiata dalla stessa società del Legnano Basket, ha dimostrato una certa crescita nel corso degli anni. Da poco più di uno striscione appeso, come vidi io stesso poche stagioni fa, la sigla è riuscita a raggruppare qualche volenteroso componente che cerca di dare una scossa in più al PalaBorsani.

Tra l’altro, quando vidi la compagina biancorossa la prima volta nel 2014, l’impianto ufficiale era ancora il “Palaknights” di Legnano, di appena 650 posti. Troppo piccolo per quella che è stata l’evoluzione rapida della società lombarda, quest’anno classificatasi a sorpresa terza nel suo girone.

Il PalaBorsani, in realtà, si trova a Castellanza (già provincia di Varese) in via per Legnano, e Legnano (provincia di Milano) inizia a pochi metri di distanza, all’incrocio successivo. La capienza non è di quelle da capogiro (1.600 spettatori totali), ma per ora ci si può accontentare.

È il giornalino ufficiale del Legnano che introduce il tema “Gioventù Forgiata”: in una breve intervista rilasciata dal gruppo, si parla dei numeri (da una ventina di ragazzi effettivi fissi ad una sessantina nelle occasioni più importanti), di amicizie e rivalità (Biella tra gli amici, Treviglio tra i rivali) e di un direttivo composto da 7 persone. Quest’oggi saranno una trentina i ragazzi in prima linea, mentre il resto del palazzo fa registrare buoni numeri.

Il mio arrivo a Legnano coincide con quello dei Rosetani, giunti con un Transit. Entrato nell’impianto, vedo che a tutti gli spettatori vengono regalate delle t-shirt rosse per creare una macchia di un unico colore. Tra l’altro, il biglietto vale anche per gara 2 di Martedì.

Insomma, l’entusiasmo c’è e l’ambiente ha risposto abbastanza bene.

Il palazzetto ha due piccole tribune e una curva un po’ più grande dove, con mia sorpresa, trovano spazio sia i padroni di casa che gli ospiti.

Alla fine i Rosetani si attestano sulla trentina di unità, con una decina di ultras rappresentati dalle pezze “Curva Nord 1927” e “Diffidati con noi”.

Come già “spoilerato”, una pessima partita da vedere. Squadre pessime in attacco, percentuali disastrose e, nel più dei casi, il tabellone va avanti solo grazie ai tiri da tre punti, se e quando entrano. A fine secondo quarto (punteggio 27-28 per Roseto), mi chiedevo se le due squadre sarebbero state capaci di raggiungere i 60 punti (solo gli Sharks ci sono riusciti di poco).

Se per tre quarti di gara Legnano sembra avere qualcosa in più (tra secondo e terzo quarto Roseto non è in grado di realizzare per quasi 8 minuti) nella modestia generale, l’inconsistenza dei padroni di casa fa maturare una vittoria ospite che manda in visibilio i tifosi abruzzesi presenti.

A proposito dei rosetani, si capisce sin dal primo minuto che non tifano e non fanno gruppo. A parte qualche sporadico coro e il tentativo di alcuni di mettersi a petto nudo, la loro è perlopiù una presenza passiva, salvo per l’ultimo quarto quando, data l’euforia del capovolgimento del punteggio, prima aumenta leggermente la quantità dei cori, e nelle battute finali anche l’intensità, grazie al coinvolgimento di tutti i presenti.

Diciamo che il finale, col sorpasso rosetano e l’entusiasmo dei tifosi biancoblu, riesce a dare quel minimo di interesse che una partita dei playoff necessiterebbe di default. Bella anche l’esultanza congiunta di tifosi e squadra a partita terminata.

Prova più che onesta quella della Gioventù Forgiata: l’incitamento, accompagnato da un tamburo e un megafono, è costante e, di tanto in tanto, raggiunge buoni picchi d’intensità, specie quando il resto del palazzo si aggrega al tifo. Siamo molto lontani da un gruppo organizzato in stile ultras vero e proprio, ma va premiata senz’altro la genuinità del loro approccio, unita a generosità e viva passione.

Stefano Severi.