atalanta-coreoLa lettera in questione è stata pubblicata sul portale atalantini.com e, a quanto pare, ha avviato un certo dibattito.

Ultrà e polemiche tornano di nuovo a farsi compagnia. Questa volta nel mirino della critica c’è la protesta fatta dalla Curva Nord nerazzurra sabato sera nei confronti delle forze dell’ordine. Il motivo degli insulti a polizia e questura è stato il daspo inflitto a C. G., storico capo ultrà bergamasco meglio conosciuto come “il B.”. Nel primo tempo di Atalanta-Shakhtar dalla Nord sono partiti solo cori contro le forze dell’ordine; intorno al 35′ un fortissimo petardo è esploso vicino alla porta difesa da Sportiello e in campo è arrivato anche un fumogeno. Poi gran parte degli ultrà ha abbandonato la curva esponendo uno striscione: “A tutto c’è un limite. Scusa fam. Bortolotti”.

Sul blog Atalantini.com, punto di ritrovo di una grossa fetta di tifosi atalantini, lunedì 7 settembre è apparsa una lettera firmata Rodrigo Diaz e indirizzata al mondo ultrà bergamasco. Lettera che vi proponiamo in forma integrale. 

Speravo non dovesse succedere. Lo speravo proprio. Speravo di non dover raccontare di una partita a tennis, seppur virtuale, fra due anime opposte di Bergamo. Invece eccoci qua. Solo pochi giorni fa, con piacere e vigore, abbiamo preso una forte posizione a nei confronti di un articolo uscito su un quotidiano locale. Posizione poi condivisa trasversalmente in tutta la provincia. Nel tennis equivale ad una palla alzata malamente, che metterebbe (il condizionale speravo di non doverlo usare) l’avversario nella condizione di “schiacciare”. Un colpo secco. Letale. Micidiale. Invece la protesta di sabato sera allo stadio, incauta nei luoghi, nei tempi e nei modi, non solo ha buttato all’aria l’errore dell’avversario, ma si è dimostrata un’incredibile “steccata”. Non solo non ha portato il punto sperato, bensì si è tramutato in uno scivolone che ha portato il punto addirittura all’avversario.

Che ci siano ragioni serie per intavolare una protesta, non siamo certo noi a metterlo in dubbio. Che ci siano dei comportamenti che inducono a manifestare, non entriamo in merito. Non conosciamo tutti i fatti per farlo e non ci compete. Che invece ci siano luoghi, tempi e modi appropriati per far valere le proprie ragioni, ne siamo certi. Lo stadio Achille e Cesare Bortolotti, sabato sera durante il Trofeo in loro Memoria, cantando di tutto tranne che cori per l’Atalanta o per i Bortolotti e lanciando un fumogeno in campo, non erano né il luogo, né il momento e nemmeno il modo.

La storia ci ha sempre insegnato che proteste giuste, nei luoghi giusti, al momento giusto e nel modo giusto hanno cambiato il mondo. Ma proteste giuste, in luoghi, tempi e modi sbagliati, non solo sono miseramente fallite, ma hanno ottenuto l’effetto contrario.

Opinione di chi scrive? Assolutamente no. Lo ha detto lo stadio intero sabato sera. Lo hanno detti quelli che in curva ci sono rimasti. Lo ha detto chi l’Atalanta la ama per davvero. Lo ha detto Bergamo intera nelle ore successive. Ma soprattutto, lo hanno detti i bambini. Sabato sera, i bambini, una volta terminati i cori assurdi e ormai fuori dal tempo contro le forze dell’ordine (generalizzando, cioè facendo proprio quello che gli ultras contestano), liberi dal clima di tensione che si è voluto creare all’interno del tributo ad Achille e Cesare, si sono prodigati ad urlare “Atalanta, Atalanta.” Da soli, senza input. Senza un capo claque. Nel pieno della loro innocenza a franchezza. Ed abbiamo visto uno stadio applaudire. Uno stadio tornare a sorridere. Un Raimondi affondare improbabili tackles persi in partenza contro due avversari e vincerli grazie ad una ferrea convinzione di poterlo fare, un Papu dribblare quattro avversari, un Giorgi giganteggiare nonostante solo pochi minuti di gioco, un Reja uscire dall’area tecnica per spingere i suoi quasi anche con le mani, uno Sportiello salire fino a centrocampo per spingere i compagni alla ricerca del pareggio.

Vorrà dire qualcosa questo? Pensiamo di sì.

Cari ultras. Bergamo non vi ha mai lascito soli, quando avete radunato folle per giusti propositi. Bergamo vi sosterrà in una protesta, qualora fosse legittima, nelle opportune sedi. Ma Bergamo ha dimostrato di non sopportare più colpi di testa che danneggiano tutti e non vanno a favore di nessuno. Ed è inutile chieder scusa alla famiglia Bortolotti. Nell’anno del venticinquesimo dalla scomparsa di Cesare. Pensate proprio che sia sufficiente un lenzuolo con una scritta per farvi perdonare? No, come non era sufficiente il lenzuolo a Dortmund per trasformare una città in un centro d’accoglienza.

Bergamo vi ha detto basta. In maniera garbata. Ma i bambini vi hanno allungato, ancora una volta, una mano. Sabato sera, i bambini, nella loro ingenuità e schiettezza, hanno chiesto a tutti di cantare “Atalanta, Atalanta”. L’hanno chiesto a chi stava nello stadio e l’hanno chiesto a chi lo stadio lo aveva appena lasciato.

I bambini vi hanno lanciato un appello molto forte. Cantate con noi “Atalanta, Atalanta”, perché voi lo sapete fare meglio di chiunque.

Avete ignorato gli appelli di Bergamo. Avete ignorato l’appello di tutti coloro che amano l’Atalanta (e sono tantissimi, più di quanti voi crediate). Ascoltate almeno l’appello di questi bambini, tantissimi bambini. Potrebbe essere l’ultimo.

Rodrigo Dìaz