A circa quattro mesi di distanza da un Atalanta-Verona a dir poco “col botto”, la stagione 2014-2015 offre l’occasione di una possibile rivincita o, se preferite, di una replica. È per questo motivo che l’arrivo al Brumana avviene nuovamente con largo anticipo, ma già i primi indizi lasciano pensare che in questa domenica di fine estate (chiamiamola estate…) non si ripeteranno i fatti e misfatti del 19 aprile scorso.

La presenza delle forze dell’ordine è decisamente più corposa e più attenta: la stessa decisione di non fare giocare la partita in serata rivela la ferma volontà di non lasciare nulla al caso nella gestione dell’ordine pubblico.

I giornali annunciano una presenza di circa 1500 veronesi, trasferta organizzata in parte in treno ed in parte in pullman. Ovviamente di rivedere un corteo non se ne parla, quindi anche chi si è fatto scarrozzare da Trenitalia raggiunge poi lo stadio a bordo dei classici bus arancioni: alla fine ne conto complessivamente una decina, in due diversi momenti.

È all’arrivo del secondo contingente di bus arancioni che ci sarebbe possibilità e modo per vivacizzare la giornata: si crea infatti un piccolo ingorgo all’ingresso dell’antistadio riservato agli ospiti, i torpedoni si fermano, i butei scendono dal pullman e…. E niente, perché si portano verso lo stadio senza fare troppo rumore; del resto sul fronte orobico non c’è nessun comitato di accoglienza a indurre in tentazione…

Si guadagna quindi l’ingresso quando manca meno di un quarto d’ora al via. La Nord offre un buon colpo d’occhio, salvo qualche vuoto sui lati; non stipatissimo nemmeno il settore dei Forever Atalanta. Ad accogliere l’ingresso delle formazioni bandiere, stendardi e qualche fumogeno sparso da parte della curva di casa, mentre gli ospiti colorano il loro settore con la solita moltitudine di stendardi e drappi.

Il primo tempo non è certamente esaltante quanto a cronaca sportiva: la fase di studio si protrae a lungo e sono poche le situazioni degne di nota. Leggera supremazia scaligera nella prima parte, mentre gli uomini di Colantuono cominciano solo al 30’ a portarsi con maggiore frequenza verso l’area avversaria. La noia del campo obbliga ad indugiare forse con maggiore frequenza verso gli spalti, alla ricerca di quelle emozioni che ci piacciono tanto.

I veronesi non deludono e regalano treni, mani alzate, mani ammanettate, pollici insù, pollici ingiù: peccato non potere catturare, oltre alle immagini, i cori che accompagnano il loro agitarsi. Il repertorio proposto non ha novità di rilievo e mi fa sentire giovane: è da vent’anni che quando riesco vado ad osservarli e risentire le stesse canzoni mi fa ringiovanire.

Quello che considero il top della giornata arriverà verso la fine della partita, quando si metteranno con le braccia a forma di croce alzano il noto e dissacrante “Io credo risorgerò….”. L’unica pecca, perlomeno fino a quando sono rimasto allo stadio, la mancanza di una sciarpata ben fatta.

La Nord atalantina è decisamente lontana dai tempi migliori: a cantare con continuità il blocco centrale, mentre man mano che lo sguardo si volge ai lati della curva si nota una partecipazione meno massiccia e, soprattutto, discontinua; lo si nota soprattutto in occasione di manate e battimani: l’impatto è assai diverso dai muri umani di qualche anno fa. Sul fronte vocale i cori proposti non brillano per aggressività e, alla lunga, il tifo finisce per trasformarsi in un rumore di fondo e non un vero e proprio incitamento. Un po’ meglio nel secondo tempo, grazie anche alla migliore prestazione dell’Atalanta ed all’ entusiasmo che ne consegue.

Non mancano ovviamente i reciproci sfottò: oltre ai classici cori da segnalare uno striscione esposto in Nord ed uno stendardo nel settore ospite.

Lele Viganò.