A fine partita resta il dubbio che mi ha accompagnato per buona parte della gara: la tifoseria amaranto è divisa oppure compatta? E quando mi pongo la domanda mi riferisco all’ormai conflittuale rapporto con il presidente Spinelli.
Un passo indietro nella vicenda: con la squadra adagiata all’ultimo posto in classifica, il figlio del presidentissimo Aldo Spinelli, Roberto, si lancia in dichiarazioni piuttosto forti che coinvolgono squadra, tecnico, tifoseria, politici locali e città, in pratica ce n’è per tutti e per dare più enfasi alle sue parole, usa una terminologia piuttosto chiara ed a tratti scurrile. A queste sue dichiarazioni gli ultras, ed anche qualche rappresentante di club, si indignano e per la partita odierna scelgono la via della diserzione, invitando tutti gli sportivi a lasciare deserti gli spalti dell’Armando Picchi. Numeri alla mano l’appello non è certamente cascato nel vuoto, si tocca il minimo stagionale di presenze, neppure mille paganti considerando che nel settore ospite sono presenti un buon numero di tifosi.
Vittoria ottenuta? Si potrebbe dire che il bicchiere è mezzo pieno perché detto che la diserzione, soprattutto in curva, è visibile anche ad occhio nudo, c’è da dire che il rapporto ultras – società è ormai logoro e deve prendere una direzione chiara, indipendentemente dai risultati sul campo, dalle campagne acquisti, dal tecnico che si siede in panchina e dal bene della squadra. Perché a questo punto la gente, lo sportivo medio più che l’ultras, ha bisogno di certezze, consapevole che la gestione Spinelli in questi anni è stata particolarmente oculata: mai un problema finanziario o uno scandalo, conti in ordine e pagamenti puntuali. Sull’altro piatto della bilancia c’è da dire che in troppe occasioni il presidente ha parlato, direi sparlato, con troppa sufficienza, scivolando volentieri su tante bucce di banana che trovava sulla sua strada. Una visione da padre padrone, una gestione societaria che ricorda i presidenti degli anni ’80 quando c’era una persona al comando che faceva il bello e cattivo tempo. Ora abbiamo ampiamente superato gli anni duemila, i Rozzi, gli Anconetani ma anche i Moratti ed i Sensi sono ormai ricordi chiusi in un cassetto, oggi c’è bisogno di coinvolgere le varie anime della città, c’è, o almeno ci sarebbe, bisogno di una politica per riportare la gente allo stadio, farla nuovamente riavvicinare all’ambiente, cercare di coinvolgere, far tornare quel senso di appartenenza.
Ma se l’ultras in prima istanza deve fare l’ultras, un secondo interrogativo va posto: la tifoseria amaranto, ed in special modo la Curva Nord, ha ancora quella forza, quel carisma per convogliare e non obbligare, i restanti tifosi a scendere sul piede di guerra contro un presidente che, dati alla mano, resta il più vincente della storia della società? Interrogativo non da poco visto che nel passato, alla voce contestazione, si sono sottratti larghi strati di tifoseria che raramente hanno accompagnato la curva nelle iniziative. Da ciò si evince una scollatura che sembra presentarsi anche all’interno della stessa curva dove, nelle ultime partite, non sono stati esposti i recenti vessilli e dove regna, per svariati motivi, un grosso cartello immaginario di lavori in corso. Tutto questo con la squadra ultima in classifica, con un nuovo allenatore in panchina, con il mercato di gennaio che si avvicina e con qualche trasferta al sud che può rappresentare un banco di prova per chi indipendentemente da tutte le problematiche, mira ancora a seguire la squadra ed a portare in alto il nome di una città che nel passato, anche in categorie dilettantistiche, si poteva fregiare di numeri importanti.
Chi porta dei numeri interessanti in Toscana è la tifoseria beneventana, il primo posto in classifica galvanizza l’ambiente ed invoglia anche lo sportivo medio ad uscire dai propri confini. Gli ultras fanno il loro ingresso nel settore con una decina di minuti di ritardo, il tempo di attaccare le principali pezze alla balaustra e poi via a fare gruppo e coinvolgere il restante pubblico, che almeno in parte si unisce all’ala più intraprendente del tifo giallorosso.
Senza una vera e propria controparte davanti, si sentono solo ed esclusivamente gli ospiti che per tutta la partita si esibiscono in un bel tifo, continuo e caloroso. La Curva Sud formato trasferta non delude, tenendo i cori alti anche per decine di minuti ed assicurando un bel tocco di colore con le numerose bandiere.
Come, classifica alla mano, ci si aspettava, il Benevento strappa tre punti al Livorno e prosegue la propria marcia verso la promozione. Ai locali non resta che l’onore delle armi ed un ultimo posto che comincia a far paura. La festa è tutta di marca giallorossa, la Strega, anche se siamo vicini a Natale, vola e lo fa spinta dai suoi tifosi. Il binomio può essere vincente.
Valerio Poli