Oggi la partita è il classico testa – coda. Il Como veleggia al primo posto della classifica della serie C girone A, mentre il Livorno è adagiato sul fondo della stessa con il fardello di una situazione societaria che definire disastrosa è un eufemismo. Tra penalizzazioni e ricorsi ormai la classifica si fa più nelle aule dei tribunali che sul terreno di gioco.

L’incontro rievoca ricordi poco felici, con le due tifoserie che iniziarono nel lontano 1997 una rivalità che fin dai primi incontri ha assunto le sembianze di un reciproco e atavico odio che non si è sopito neppure in tempi recenti ma non ha più toccato i picchi del passato. Il 23 novembre 1997 si giocava all’Armando Picchi l’andata della sfida tra Livorno e Como e fu un pomeriggio di autentica guerriglia con i comaschi asserragliati nel settore ospite che devastarono lo stadio ed appiccarono il fuoco alle biglietterie del loro settore, mentre i padroni di casa ingaggiarono un violento scontro con le forze dell’ordine per riuscire a raggiungere i rivali. Le scene di guerra urbana andarono avanti fino alla sera quando si fece la conta di feriti, arresti e diffidati. Anche la partita di ritorno non fu tra le più tranquille, i padroni di casa non mancarono di salutare i rivali con un paio di striscioni non propriamente amichevoli e contornati da qualche croce celtica a rimarcare altresì la distanza politica tra i due schieramenti. A pensare che ai nostri giorni esporre una bandiera di questo genere porterebbe ad una sicura diffida ed a interminabili discussioni di carattere sociale e politico, ci indica come il calcio e tutto il contorno, vivono di un mix di falsa sportività ed ipocrisia che fa rabbrividire anche i personaggi più scafati.

La rivalità tra le due tifoserie negli anni non si è affievolita dicevamo, e nel 2001 le due compagini si giocarono la possibilità della promozione in serie B tramite i play off con l’andata che terminò a reti inviolate a Livorno, mentre al ritorno il Como ebbe la meglio grazie ad una autorete di un difensore amaranto al centoventesimo minuto: festa di marca lariana e tifosi che iniziarono i caroselli mentre gli ospiti masticavano amaro.

Decisamente diversa è l’attualità, uno stadio chiuso al pubblico, uno stadio vuoto, uno stadio stranamente silenzioso così come è strana l’abitudine a sentire le voci dei ventidue in campo invece dei cori provenienti dalle curve. In Curva Nord è presente solamente il drappo che ricorda Piermario Morosini, il giocatore del Livorno che il 14 aprile 2012 trovò la morte sul terreno di gioco durante un Pescara – Livorno per un’improvvisa crisi cardiaca derivante, si scoprì in seguito, da una rara malattia ereditaria, la cardiomiopatia aritmogena. Dopo questa tragedia costata la vita ad un ragazzo di venticinque anni, c’è stata un’opera di sensibilizzazione all’uso del defibrillatore che probabilmente, ma è solo un’ipotesi, se usato nell’occasione avrebbe potuto salvare la vita al giocatore. Anche la società del Livorno Calcio ha ricordato Morosini con un mazzo di fiori portato prima dell’inizio della partita sotto la gradinata dal capitano Andrea Mazzarani.

La vicenda di Piermario Morosini, nella sua drammaticità, ha colpito l’opinione pubblica e l’intero mondo del calcio, il ragazzo non ha avuto una vita agevole rimanendo orfano di padre e madre a soli quindici anni, con un fratello disabile suicidatosi nel 2004 e con la sorella anch’essa disabile. Il Lanerossi Vicenza ed il Livorno hanno ritirato la maglia numero 25, a Livorno la gradinata porta il suo nome, a Bergamo, all’Atleti Azzurri d’Italia gli è stata intitolata la Curva Sud mentre a Pescara il settore ospiti porta il suo nome. Nel vuoto totale, almeno vive il ricordo.

Testo e foto Valerio Poli