Ci sono degli aspetti che l’ultras ha rimosso. Del resto i tempi cambiano ed anche il mondo del tifo si aggiorna, è in continua mutazione ma dovrebbe tenere ben fermi alcuni fondamentali elementi che l’hanno contraddistinto nel tempo. Anche a livello estetico, vuoi per obblighi, vuoi per scelta, abbiamo avuto dei profondi stravolgimenti. , pure per quanto riguarda termini e frasi fatte c’è stata una profonda mutazione. Tanto per fare un esempio, una ventina d’anni fa ci fu il boom delle sciarpe a listelli, quelle che volgarmente si chiamavano “stile inglese”, con i colori della squadra ed in genere un ricamo ai lati della stessa.

Ultimamente mi pare che sul mercato questo genere di sciarpe sia quasi del tutto sparito; del resto, non erano il massimo a livello estetico e la fantasia era piuttosto limitata. Puoi alternare i colori come vuoi, cambiare lo spessore del listello, variare il ricamo ma in definitiva le sciarpe erano piuttosto simili tra di loro.

Estetica a parte, ciò che l’ultras non può proprio demandare, è la presenza, costante, chiassosa, magari colorata. Oggi facciamo tanti giri di parole, l’ultras si interessa a tutto tondo di ciò che succede intorno alla squadra, alla società, magari anche ad eventi o aspetti extracalcistici ma, in alcune occasioni, perde di vista la propria origine, cerca di riciclarsi in altre vesti dimenticandosi da dove proviene ed il proprio percorso di crescita.

Ovviamente non a tutte le latitudini troviamo questi aspetti ma, mentre sono ai bordi del campo e guardo il settore ospiti, non posso non notare con entusiasmo il numero dei cosentini presenti a Livorno; qualcuno dirà che una buona parte dei presenti proviene dal centro–nord Italia, che una fetta di questi non sono ultras in senso stretto; ma, al di là del giudizio personale, c’è quello oggettivo, ci sono i numeri a testimoniare quanto vale una tifoseria. Poi, è ovvio, il discorso deve essere fatto a tutto tondo, valutando una serie di aspetti. Però la prima impressione che ho è quella di una presenza corposa, massiccia, discretamente colorata.

Ad occhio direi circa settecento presenti. Considerando l’andamento della squadra che annaspa nelle retrovie, si può tranquillamente affermare che la tifoseria cosentina in questo pomeriggio numericamente compie ampiamente il proprio dovere, non venendo meno al principio fondamentale che l’ultras segue la squadra a prescindere. Obiettivo centrato, perciò, che viene impreziosito da una prova vocale importante, di quelle che lasciano il segno; un tifo vivace ed appassionato, continuo per tutti i novanta minuti con alcuni bei picchi soprattutto durante la prima frazione di gioco che è, tra le altre cose, quella più emozionante della partita.

Curva Nord che prosegue sulla linea della contestazione alla presidenza, solito spicchio a centro curva deserto e striscione eloquente appeso alla vetrata. Le presenze non sono il top della stagione ma almeno la curva è abbastanza popolata. Il recente pareggio in trasferta e questa partita definita un crocevia per la salvezza hanno motivato un ambiente che sembra immerso in una crisi depressiva.

Le cose per il pubblico di casa si mettono subito male, la prima frazione si chiude con il Cosenza avanti di ben tre reti e gli unici rari cori che vengono intonati colpiscono senza fronzoli il presidente Spinelli ed in seconda battuta i giocatori.

Nella ripresa prevale l’indifferenza ed al termine della partita vengono replicati ed amplificati sonori fischi per una sconfitta che poteva assumere dimensioni maggiori.

Nel settore ospiti fanno festa i cosentini che si augurano di restare in serie cadetta, categoria che probabilmente nella prossima stagione non vedrà più il Livorno ai nastri di partenza. Tutto questo a meno di un miracolo sportivo.

Valerio Poli