È sicuramente l’ultima partita dell’anno solare tra le mura amiche per la compagine amaranto, ma poteva essere anche l’ultima partita della stagione per via di un fallimento che, ad un certo punto della telenovela, sembrava veramente inevitabile. Storia che si snoda in parecchie puntate, lungo ed estenuante farne un rapido riassunto, però il presidente Spinelli, ormai arrivato al capolinea della sua gestione, ha deciso di passare la mano evidentemente alle persone sbagliate, cosicché da inizio stagione, più che i risultati sul terreno di gioco, agli sportivi amaranto interessavano le vicende societarie, con scoop degni del miglior rotocalco rosa che si susseguivano di settimana in settimana, fino ad arrivare ai nostri giorni dove le news, sempre più drammatiche, sembravano rincorrersi nell’arco delle canoniche ventiquattro ore. Poi, continuando con la similitudine delle peggior carte patinate nostrane, ecco il colpo di genio, la notizia inaspettata, il coniglietto che esce dal cilindro: ancora una volta il presidente Spinelli mette mani al portafoglio, paga quel che c’è da pagare ed il Livorno può continuare la propria storia ed il proprio campionato. Storia quasi strappalacrime, un epilogo degno del miglior film di Alfred Hitchcock, non fosse per una squadra che ovviamente si barcamena nell’indifferenza più assoluta ed una penalizzazione che inevitabilmente cadrà sulla testa della compagine. Bazzecole al confronto di sparire dalla faccia del calcio, il giusto prezzo da pagare per chi ha come dirigenti dei personaggi che hanno fatto disordini un po’ in tutto lo Stivale.

Del resto il Livorno non è immune dal fallimento, già nel lontano 1991 aveva salutato la compagnia per via di una gestione societaria piuttosto allegra. Al tempo la notizia ebbe un risalto nazionale perché era uno dei primi club calcistici a dichiarare bancarotta, in seguito il tifoso si è dovuto abituare ad associare la parola “fallimento” al nome di un club calcistico: Entella e Juve Stabia nel 2001, Trapani nel 2002, Pordenone 2003, Cosenza con tre fallimenti (2003, 2007, 2011) vince il premio per la coerenza e la perseveranza dimostrate, Venezia nel 2005 e 2015, Foggia 2012 ma l’elenco è lungo e racconta di club spesso nobili. Tra questi emerge il ricordo della Fiorentina di Cecchi Gori che nel 2002 dichiarò bancarotta e fu fatta ripartire dall’allora C2; la storia ci racconta di un Cecchi Gori condannato ad otto anni di carcere e di una Florentia Viola che, dopo aver giocato contro Montevarchi e Sangiovannese, salto a piè pari una categoria finendo di diritto in serie B. Alla fine, nonostante il fallimento, alla Viola non andò poi troppo male e il club rinato dalle proprie ceneri ora è stabilmente nella massima serie, con una squadra che, nonostante il pessimo inizio di torneo, potrebbe ergersi tranquillamente a metà classifica.

A ben vedere quello della Fiorentina non è un caso isolato, generalmente nel calcio, al netto di rare eccezioni, il fallimento non è un dramma sportivo ma il prezzo da pagare per ripartire con slancio e soprattutto con debiti azzerati. Se infatti un club fallisce, la nuova proprietà non salva la vecchia ma riparte economicamente da zero, anche se dal punto di vista sportivo mantiene quasi inalterato il nome, perdendo magari solo una-due categorie, in genere riparte dalla serie D oppure, come nel caso Vicenza – Bassano, si inventa una fusione che di fatto salva il salvabile.

Oggi, in epoca di Covid e di stretta economica, se un cittadino ha un’azienda o una qualsiasi impresa in crisi e dichiara fallimento, i nuovi proprietari devono cambiare nome, investire in innovazione e tecnologia, rilanciare il brand e sgomitare con la concorrenza, tutti aspetti che per una società calcistica incidono in maniera marginale. Del resto il cambio di denominazione è quasi del tutto influente, la Fiorentina passato il periodo Florentia Viola è tornata ad assumere la propria denominazione, il brand non viene intaccato e la concorrenza è quelle delle altre squadre del campionato, sia questo di serie A, di cadetteria o della serie C. Infine, se vengono sbagliati gli acquisti di questo o quel giocatore, c’è la seria possibilità di non entrare nelle coppe europee o alla peggio retrocedere di una categoria con un “paracadute” economico che ti permette di continuare a vivere.

Infine c’è da prendere in considerazione la sfera politica locale che generalmente tende a fare salti mortali per salvare la squadra cittadina: anche nel caso del Livorno il sindaco si è esposto in prima persona per cercar di portare chiarezza a livello societario, mentre nel passato non sono mancate le richieste di aiuto del presidente Spinelli al primo cittadino, tutte rivolte ad avere dei “benefit” per continuare la propria opera nel settore. Nulla di strano sotto il sole visto che anche ad altre latitudini la sfera politica cittadina spesso ha dato una mano, in maniera diretta o indiretta, al presidente di turno, del resto non è un bel ritorno di immagine essere il sindaco che ha partecipato magari anche con la propria neutralità, alla sparizione di uno storico club.

Allora il fallimento a chi nuoce? In termine economici ai creditori che difficilmente vedranno i propri soldi (le storie, a volte diventate leggende, si sprecano sull’argomento), in termini sportivi ai tifosi che vedono il proprio club compiere una discesa negli inferi. La storia anche su quest’ultimo punto è abbastanza complessa, si naviga nella soggettività e nel giudizio personale, però possiamo dire senza troppi giri di parole che anche a livello ultras, alcuni fallimenti si sono rivelati poi salutari per ripartire dal basso, con un nuovo entusiasmo e con la novità di calcare campi e stadi magari mai visti. L’importante è che la risalita non sia troppo lenta. Dal punto di vista economico, infine, ci sarebbe da chiedersi se un sistema simile può reggere ancora, se gli introiti delle televisioni potranno alimentare la sete dei club e se nelle categorie inferiori, soprattutto, si potrà continuare a fare a meno dei tifosi, degli incassi domenicali e di tutto ciò che ruota intorno ad uno stadio di calcio.

Valerio Poli