Partita di campionato che si gioca con una cornice di pubblico degna di un’amichevole estiva neanche tra le più nobili: a parte gli abbonati sono davvero pochi gli spettatori che si son presentati al botteghino armati della buona volontà di far strappare il fatidico biglietto di ingresso. La frattura tra il popolo amaranto e la società è ormai insanabile almeno a giudicare dai numeri che questa città sta esprimendo.

Eppure Livorno ha dimostrato in passato di avere un ottimo feeling con la propria squadra calcistica, una tradizione fatta di ottimi numeri nonostante una vita di serie C e addirittura categorie dilettantistiche. Poi si è aperto l’olimpo della serie A e della serie B ma a parte qualche stagione di inevitabile e scontato entusiasmo, c’è stata una parabola discendente che andrebbe analizzata in maniera schietta ed oggettiva. Perché addossare esclusivamente la colpa alla gestione Spinelli sarebbe troppo facile e tra le altre cose sarebbe pure la medicina meno amara da mandare giù in quanto se ci fosse un cambiamento societario, si tornerebbe ai fasti antichi. Questa prospettiva è reale? Lo stadio Armando Picchi tornerebbe un catino ribollente di tifo? Non c’è una risposta certa, occorrerebbe che si verificasse la condizione prestabilita, un cambio al timone della società che al momento sembra piuttosto lontano.

Ma l’aspetto che mi lascia perplesso è che se la Curva Nord e gli ultras in particolare nelle ultime stagioni non sono stati certo tenere con la presidenza, gli altri settori dello stadio non hanno seguito costantemente questa linea, sostenendo a più riprese come il buon Aldo Spinelli abbia ottenuto alla guida della società risultati prestigiosi. Non voglio star qui ad analizzare venti anni di gestione Spinelli, non avrei neanche le carte in mano per parlarne in maniera dettagliata, però tanto per confermare le differenti linee di pensiero, prima della partita Spinelli si presenta in tribuna per premiare un paio di giocatori amaranto che tagliano le cento presenze e riceve più pacche sulle spalle ed attestati di stima che critiche ed attacchi sulla sua gestione, segno che il tifoso, lo sportivo e l’ultras amaranto viaggiano su piani se non proprio opposti, sicuramente non paralleli. Resta però una frattura evidente dai numeri proposti in questa partita di campionato: qui si è toccato il fondo, tanto che a fine partita, con la sconfitta di una squadra che ha mostrato davvero poco davanti al proprio pubblico, i fischi che si sono alzati ed i cori di contestazione sembravano sussurri, con il pubblico che più che arrabbiato ed insoddisfatto sembrava rassegnato. Rassegnato come la squadra, rassegnato come un ambiente che si deve ritrovare ma che al momento non dà segni di risveglio. In attesa di sviluppi, la luce nel tunnel non sembra vicina, anzi, a dirla tutta pare di essere nel punto più buio.

Pescaresi che si godono la bella giornata di sole, gli ultras si ritrovano dietro le solite insegne e colorano il settore con qualche bandiera. Il tifo sarebbe anche di buona qualità ma l’assenza dell’avversario di turno non stimola certo i presenti, che nella ripresa si concedono pure qualche pausa. La partita sul terreno di gioco genera poche emozioni, il risultato non è mai stato in bilico ed anche per loro il triplice fischio del direttore di gara è una liberazione, dato che c’era poco da offrire e poco da chiedere alla squadra che si presenta sotto il settore per i rituali saluti.

Valerio Poli