Non è un derby, questo è “il” derby, una di quelle partite che devono essere preparate fin dall’uscita dei calendari e forse anche prima. Bisogna necessariamente farsi trovare pronti, coreografie e striscioni a tema richiedono tempo ed inventiva. Non siamo più ai tempi delle mastodontiche coreografie anni ’80-’90 ma comunque qualcosa si può ancora introdurre negli stadi e con quel che passa il convento si possono fare comunque ottime cose.

Anche per quanto riguarda il materiale coreografico, come succede spesso in Italia, si varia da questura a questura: c’è chi è un attimino più permissivo e consente l’introduzione di qualche striscione mentre in altre città si grida allo scandalo solo per portare all’interno della curva venti metri di stoffa. Eppure il modello ultras italiano si poggia su colore, passione, inventiva, organizzazione, tutti aspetti scopiazzati dalle tifoserie straniere che guardano ancora alla nostra Penisola. E si badi bene, non solo per il bere o il mangiare di ottima qualità, ma ancora per il tifo e l’organizzazione che le nostre tifoserie possono offrire. Basti pensare che mi capita di incrociare fuori dello stadio alcuni ragazzi inequivocabilmente stranieri, basta vedere come son vestiti, che si aggirano incerti attorno ai prefiltraggi, incapaci di trovare la via per il proprio settore, che mi dicono di provenire da Olanda (Feyenoord), Scozia, Inghileterra e Francia (Parigi). Turismo? Sì, anche, ma soprattutto turismo da stadio. Poi possiamo star qui a parlare, discutere e disquisire quanto ne valga la pena venire in Italia per un derby di serie B ai tempi di una repressione sempre più viva e palpabile, ma evidentemente il messaggio che passa è che l’Italia continua ad essere un modello di tifo per tutta Europa o almeno per gran parte di essa.

Dicevo che il derby si prepara con il giusto anticipo ma la febbre sale inevitabilmente quando ci si avvicina alla data dell’evento ed in special modo quando inizia la vendita dei biglietti. Siamo in Italia, i Mondiali del 1990 ci hanno lasciato impianti che dopo trent’anni sembrano cattedrali in mezzo al deserto o nella miglior delle ipotesi, stadi da ammodernare in maniera massiccia. Tralascio di rimarcare gli sprechi dell’epoca, di quanti personaggi che tra calcio e politica si sono arricchiti, di come per ogni grande evento organizzato in Italia ci debba essere sempre la palpabile sensazione di ottenere più disagi che vantaggi. L’Armando Picchi di Livorno in effetti avrebbe bisogno di una profonda ristrutturazione ma resta un impianto nella sua struttura portante ancora valido, capace in tempi moderni di poter ospitare ventimila persone senza troppi problemi, men che mai oggi con cancellate, tornelli, poltroncine e tutto il resto. Eppure i biglietti scarseggiano un po’ in tutti i settori e naturalmente i maggiori disagi si hanno per gli ospiti, ai quali vengono concessi 1.440 biglietti prontamente divorati in poche ore. Risultato? Non voglio esagerare ma a prima vista direi che nel settore ospite si possono contare qualcosa di più di duemila persone: evidentemente le parole del questore di Pisa che minacciava severi controlli erano di pura retorica, il derby va vissuto dal vivo ed allora l’importante è arrivare a destinazione, il resto vien da sé.

Più o meno quel che succede anche nella curva di casa che a prima vista sembra più piena del solito, ben oltre la propria capienza ufficiale. Identico modello di comportamento tra le due tifoserie, del resto tra pisani e livornesi sono maggiori i punti di contatto che non le profonde differenze sociale e comportamentali, le due città sono divise da una striscia di strada di venti chilometri e la distanza non siderale favorisce una certa promiscuità sui posti di lavoro, nella scuola, nello sport ed in qualche manifestazione. Facendo un’opera di massificazione, i livornesi sono considerati dei bagnini o comunque “pesciaioli”, eterni vagabondi e scansafatiche mentre i pisani sono visti dai “cugini” come contadini un po’ rozzi ed ignoranti. 

Clima intorno allo stadio tutto sommato tranquillo, le forze dell’ordine sono in allerta ma la loro presenza non è neanche troppo massiccia come potevo immaginare, le strade attorno all’impianto sono ovviamente battute e comunque un elicottero dall’alto si fa vedere e sentire per scoraggiare anche i più temerari. Ovvio l’uso di telecamere e qualche camionetta posizionata in bella mostra conferma come l’incontro sia bollato ad alto rischio. Un modo, se non altro, per usare mezzi e personale che per la maggior parte delle domeniche hanno delle difficoltà a trascorrere le due ore della partita.

Tifosi ospiti che fanno il loro ingresso nel settore con un discreto anticipo rispetto all’inizio delle ostilità, aspetto questo da non trascurare in partite come questa, e l’effetto immediato è che le due curve iniziano cordialmente ad offendersi ben prima del fischio d’inizio del direttore di gara.

Le due curve sono ben piene e le ugole cominciano a scaldarsi, l’entusiasmo è a mille, palpabile la tensione che si respira in tutto lo stadio visto che in tutti i settori c’è quel sano movimento che prelude ad uno spettacolo piacevole: per qualcuno, non pochi, l’unico spettacolo degno di nota in un derby.

Qualcosa sembra non andare come sperato in Curva Nord visto che, a pochi minuti dal via, viene ritirato un lungo striscione posizionato alla vetrata e un gran numero di persone cominciano a lasciare i propri posti per dirigersi fuori l’impianto. Le squadre entrano in campo, nel settore ospite bandiere e bandieroni fanno il loro dovere, in gradinata viene organizzata una bella coreografia con cartoncini e bandiere ma in Curva Nord tutto tace e la zona centrale presenta un bel vuoto che minuto dopo minuto si allarga sempre di più. Nessuna bandiera, nessun coro organizzato, ai padroni di casa è stata impedita l’introduzione del materiale destinato alla coreografia e si può immaginare il disappunto di chi magari si è sbattuto per settimane mettendo sul piatto tempo e soldi. Così funziona in epoca moderna, siamo passati dagli anni dove nelle curve potevi introdurre anche le pistole lanciarazzi ad un’epoca dove introdurre una bandiera è quasi come andare a fare una rapina in banca.

Derby che trova la sua parte migliore, perciò, sul tifo degli ospiti che parte col piede giusto ma non decolla completamente: visto il potenziale a disposizione ed un’ottima predisposizione al sostegno, sembra quasi che i pisani abbiano il freno a mano tirato.

Poco prima della mezz’ora tornano al loro posto gli ultras labronici che riempiono la curva e cominciano a fare il tifo. Torna il sostegno alla squadra e qualche bandierone si fa notare anche a centro curva. Il ritorno sui gradoni degli ultras amaranto ha il potere di stimolare la controparte che innesta la quarta e termina la prima frazione decisamente in grandissima forma con qualche coro che è un autentico boato e con una maggiore partecipazione dei presenti.

Nella ripresa i padroni di casa rinunciano evidentemente alla coreografia mentre gli ospiti si esibiscono in un bello spettacolo meritevole di menzione visto che, pur giocando in trasferta e con tutte le difficoltà del caso, si esibiscono in una coreografia addirittura in tre atti, con le strisce che cadono dall’alto e compongono in prima battuta la scritta “Ultras Pisa” per poi evidenziare i colori della squadra ed infine trasformarsi nel classico “Livorno merda”, il tutto contornato da bandierine. Applausi a scena aperta, da evidenziare l’inventiva e la perfetta riuscita dello spettacolo, sicuramente non una novità in casa nerazzurra ma in ogni caso questi sono gli aspetti che fanno divertire i presenti, creano unità di curva e confermano come la Curva Nord abbia raggiunto livelli di organizzazione difficilmente migliorabili.

Una volta ammainata la coreografia resta da sostenere la squadra ed i decibel si alzano: il tifo si mantiene su ottimi livelli con un uso smodato e continuo di bandiere e bandieroni.

Tra i padroni di casa, in questo pomeriggio, una menzione di merito va riconosciuta alla gradinata, settore che comunemente è abbastanza silente e dove un certo movimento viene assicurato, per quanto possibile, dai ragazzi del “LVRN 1915” ma che in questo derby si anima in maniera massiccia non limitandosi alla coreografia iniziale ma offrendo un discreto sostegno vocale ed anche un bel tocco di colore grazie alle numerose bandiere e qualche torcia flash. Davvero niente male, ora il difficile è ripetersi magari a livelli anche minori ma non restare quello che si definisce un fulmine a ciel sereno.

Le due curve battagliano a colpi di cori ma anche di striscioni taglienti ed offensivi, si toccano numerosi temi, tutto è lecito in una battaglia che viene condotta a colpi di bomboletta spray. Numerosi cori offensivi provengono dalla gradinata dove stazionano alcuni ragazzi del gruppo “Zona Sud” che mostrano gli artigli in vari momento dell’incontro, trovando una pronta risposta soprattutto da quelle persone vicine al loro settore.

Il derby sugli spalti è un continuo botta e risposta, le due curve si sfidano a distanza, gli ospiti accendono qualche torcia in varie zone del settore, i padroni di casa si concentrano quasi esclusivamente sul sostegno vocale.

Sul terreno verde è il Livorno a vincere una partita non bella ma combattuta, decisa da uno sfortunato autogol. La festa a fine partita è tutta di marca amaranto, i livornesi espongono lo striscione ironico “Don’t worry be happy”, sull’altro versante si risponde per le rime e l’ultimo striscione viene esposto quando le due squadre son già da diversi minuti negli spogliatoi.

Si sprecano i cori mentre il grosso del pubblico defluisce, gli ultras delle due squadre vogliono continuare a sbeffeggiarsi. Il derby è anche e soprattutto questo, dimostrare la propria superiorità sugli spalti, fare incazzare l’avversario di turno, toccare quei nervi scoperti che sai che l’avversario soffre. È una guerra simulata, magari anche infantile, ma che è il succo del calcio. Poi ci si può emozionare anche per un tunnel di Messi, per una serpentina di Cristiano Ronaldo o per una rovesciata di Belotti. Ma oggi in campo c’erano ventidue giocatori che hanno messo in gioco tanto impegno, tanto carattere ma evidenti limiti tecnici. Di gioco spumeggiante e di tocchi di fino i presenti ne hanno visti pochi eppure suppongo che tutti abbiano apprezzato il tifo espresso dalle due tifoserie. Ci sono aspetti che non tutti arrivano a capire, oppure non vogliono capire. E quest’ultima ipotesi è anche peggiore della prima.

Valerio Poli