Un tempo gli atalantini portavano in giro uno striscione con impressa una frase che descrive bene i sacrifici da fare e gli ostacoli da superare per essere vicini alla squadra in ogni situazione: “La minoranza è ovunque”, così a rimarcare quel legame indissolubile che lega l’ultras alla trasferta. Con il tempo la frase ha perso un po’ del suo significato, venendo sostituita da slogan ugualmente ad effetto anche se parzialmente privi di quella novità e di quell’ardore che esisteva all’epoca.

Oltre la categoria, oltre ogni risultato, comunque vada ultras sono frasi che si leggono su molte bandiere a due aste, pensieri che andrebbero presi alla lettera ed invece spesso sono proprio i risultati sportivi a fare la differenza. È la categoria, una promozione oppure anche un cambio societario a dare nuova linfa al tifo, magari a ricompattare un ambiente depresso, a fare da autentico trampolino per una rinascita della curva.

A ben vedere a Prato manca tutto questo. Se personalmente penso che di tanto in tanto una gioia sportiva possa solamente far bene ad una tifoseria, quella pratese è in effetti da troppo tempo che ingoia bocconi amari. La contestazione degli ultras alla famiglia Toccafondi ormai ha radici antiche, son cambiati negli anni generazioni, metodi e slogan, ma alla fine il risultato è sempre quello: una lancinante differenza di vedute tra le due anime, quella ultras e quella societaria.

E dire che qualche stagione fa a Prato si era ricreato un po’ d’entusiasmo, una curva all’altezza della categoria, un nuovo corso costruito da gente ampiamente sopra la trentina, affiancata dalle cosiddette nuove leve, ma il progetto ha avuto purtroppo durata relativamente breve visto che i “Prato 1908 ultras” si sono sciolti nell’estate 2017, lasciando un vuoto all’interno dell’universo ultras pratese.

Oggi non ho costantemente sotto osservazione l’umore della tifoseria, ma a giudicare dai numeri portati in questa trasferta, la Curva Ferrovia sembra avere le sue belle gatte da pelare e non si può dire che goda di splendida forma.

A fronte di una storia ultras non del tutto indifferente, gli ospiti che questa sera varcano l’ingresso dell’Armando Picchi di Livorno sono solamente sette, numero impietoso visto che si tratta pur sempre di un derby, non sicuramente sentito da entrambe le tifoserie ma è anche vero che la distanza non è proibitiva. Ai presenti non si può certo chiedere la luna: sento nitidamente un coro contro la presidenza, per il resto avverto una spiccata contestazione anche alla squadra verso la quale grida e cori non sono certo d’incitamento, a conferma di un momento poco felice.

Peccato perché per quanto espresso anche nel recente passato, Prato ha ben altre potenzialità. Probabilmente, tornando al discorso iniziale, una svolta societaria oppure un campionato da protagonista, potrebbe risollevare le sorti di una curva che da troppo tempo vive di risultati anonimi e di rapporti burrascosi verso la presidenza.

Curva di casa che si presenta all’ultimo appuntamento dell’anno solare 2017 con un discreto potenziale: il primo posto della squadra ha avvicinato un bel po’ di tifosi e la curva reagisce bene. Coreograficamente non offre niente di particolare, ma il tifo si stabilizza su livelli discreti, si percepisce un buon potenziale ed un’ottima partecipazione. I cori sono intonati da una bella fetta di curva e le pause sono ridotte al lumicino, si canta principalmente per la squadra anche se in un paio di circostanze vengono nominati i “cugini” pisani. A livello di colore qualche bandiera spunta nelle varie zone della curva mentre al momento del gol segnato, una torcia viene accesa clandestinamente a centro settore.

Da segnalare, infine, la presenza in gradinata degli ex Curva Sud che si fanno notare per lo sventolio di bandiere e bandieroni, anche se a livello vocale raramente si fanno sentire a causa di un settore che tradizionalmente resta piuttosto freddo.

Sul terreno di gioco il pronostico viene rispettato, il Livorno fa sua l’intera posta in palio ed allunga in classifica sulle immediate inseguitrici. I botti di fine anno sono a forti tinte amaranto.

Valerio Poli