Il Livorno viene fuori da un buon risultato dalla trasferta di Grosseto, un pareggio ottenuto con un uomo in più ma mettendo alle corde, per buoni tratti della partita, un avversario quotato e quanto mai temibile. Primo posto in classifica consolidato e dando uno sguardo all’aspetto più interessante per noi, quello del tifo, trasferta organizzata con ottimi numeri: più di mille persone per un incontro di serie D è sicuramente un dato che fa riflettere e farebbe pensare a un risveglio del tifo labronico anche se, come sistematicamente rimarco, quel che manca all’appello è proprio il tifoso medio, il tifoso da club, quello che ti riempie il settore e magari solo saltuariamente partecipa al sostegno vocale.
A far visita alla capolista arriva il San Donato Tavernelle, compagine nata nel 2006 dalla fusione del San Donato e della Libertas Tavernelle, due squadre rappresentanti le località di San Donato in Poggio e Tavernelle Val di Pesa, entrambe situate in provincia di Firenze. Per storia e tradizione non c’è confronto ma fortunatamente nel calcio non vince sempre la squadra più gloriosa e col palmares più abbondante; gli esempi sono molteplici e basta dare una veloce occhiata alle categorie professionistiche per leggere nomi di squadre rappresentanti piccole realtà. E si badi bene, spesso si usa il termine miracolo per esaltare e sottolineare i risultati sportivi di una squadra ma, a mio parere, senza organizzazione, progettualità e competenza non si va da nessuna parte e dietro i risultati sportivi c’è appunto un team di persone che crede fermamente in un progetto a medio lungo termine. Oggi nel calcio, e non solo, si vuole ottenere tutto e subito, soprattutto le società gestite dai fondi o le proprietà straniere entrano a gamba tesa nello sport e non sempre raggiungono i risultati sperati proprio perché approcciano una società di calcio come una qualsiasi azienda, tralasciando parecchi aspetti che invece sono fondamentali. Men che mai hanno un occhio di riguardo verso i tifosi, neanche paragonati a consumatori ma decisamente mal sopportati tanto che a certe latitudini è guerra aperta. Magari i cosiddetti squadroni potrebbero fare anche a meno degli ultras, ma basta scendere un gradino e faccio fatica a pensare di sostituire in toto il tifoso, ultras o meno, col semplice sportivo che applaude le gesta di questo o quel giocatore, tornandosene beatamente a casa in caso di sonora sconfitta o accettando una retrocessione a cuor leggero.
Da Barberino Tavernelle ovviamente non arriva nessun tifoso ospite, l’attenzione vira tutto sulla curva di casa che si presenta con buoni numeri e i soliti striscioni o pezze che tratteggiano la geografia dei gruppi della Curva Nord. Come avviene ormai da inizio stagione, è più che buono l’apporto vocale, i cori sono continui e parecchio partecipativi. Il risultato sul terreno verde non si schioda da quello di partenza ma sugli spalti non c’è tempo di mugugni o insoddisfazione, il tifo si alza senza troppi problemi e spesso coinvolge una gran bella fetta di presenti. I soliti bandieroni offrono un tocco di colore mentre c’è da segnalare uno striscione esposto nella ripresa che ricorda il Giorno della Memoria, con una frase di Primo Levi che si prende gli applausi dell’intero stadio.
Sul finale di gara il Livorno trova il pertugio giusto per segnare la rete che vale la vittoria e i tre punti, parte la festa di marca amaranto in attesa di avere conferma della chiusura della prossima trasferta ad Ostia Mare. In questo caso l’impianto locale non offre le adeguate misure per poter ospitare un contingente ospite che si immagina corposo, la decisione non è confermata ma in qualsiasi caso ancora una volta l’arrivo di una tifoseria è visto come un problema e non una risorsa. Preconcetti duri a morire.
Valerio Poli