Più che la partita in questione, gli argomenti più discussi del momento sono le conseguenze degli scontri tra napoletani e romanisti ed il presunto stupro da parte di due giocatori del Livorno ai danni di una ragazza americana. Se del secondo fatto, data la delicatezza dell’argomento, è preferibile glissare, sugli incidenti di Badia al Pino è dura passare oltre. Ormai sull’argomento hanno espresso la propria opinione massaie, presunti esperti ed attori più o meno famosi ed inevitabilmente a passare è il messaggio che gli ultras sono per la maggior parte impuniti, perciò servirebbero leggi ancora più stringenti e dure per arginare il fenomeno della violenza legata al calcio. Il tutto sarebbe derubricabile a discorsi da bar se non venisse preso terribilmente sul serio dall’opinione pubblica, che ancora una volta crede alla favola degli ultras violenti che si danno appuntamento non in un posto magari isolato e lontano dalle telecamere ma bensì in un autogrill tristemente noto per una vicenda ancora una volta legata al calcio ma che ha visto, suo malgrado, un ultras perdere la vita a causa di un colpo d’arma da fuoco partito dalla pistola di un agente di polizia. Mentre negli scontri tra napoletani e romanisti è immancabilmente venuta a galla la retorica delle povere famiglie disturbate dall’azione dei barbari, all’epoca non c’erano famiglie sulle auto a godersi un fine settimana o assonnati camionisti che potevano causare una strage con i mezzi pesanti, perciò sparare da una carreggiata all’altra poteva passare tranquillamente sotto silenzio.
Qualche ultras ha gridato al “trappolone”, avvallando la teoria che gli scontri tra tifosi sono stati favoriti dall’azione delle forze dell’ordine. Più semplicemente si può sostenere l’idea che malgrado Osservatori, Questure e Comitati di turno che dovrebbero vigilare sugli spostamenti dei tifosi, ci sia quanto meno una profonda negligenza nell’organizzazione dei servizi d’ordine, malgrado ormai gli strumenti in mano alle forze dell’ordine siano talmente moderni ed efficaci da sembrare un gioco da ragazzi prevenire. Ed uso questo termine proprio perché a monte di tutto ciò, quel che manca è proprio la prevenzione, la mancanza di studio del fenomeno, la mancanza di personale qualificato ed esperto in materia. L’unica soluzione che viene fuori dalle tavole rotonde è reprimere, punire a casaccio, aumentare la stretta, colpire indiscriminatamente tifosi, sportivi, ultras. Agire di pancia, sull’onda dell’evento, senza raziocinio. Siamo sull’orlo del baratro ma ottimo, avanti così!
Intorno allo stadio, capannelli di persone, più che parlare della partita attuale, che a veder bene non può emozionare più di tanto, parlano e discutono, anche animatamente, dell’argomento, tra qualche idea strampalata e qualche pensiero altresì più profondo. Poi c’è la partita con il Livorno che dopo un periodo avaro di risultati sportivi ha la possibilità di svoltare contro l’attuale fanalino di coda della classifica, occasione ghiotta per chi si deve rilanciare.
Giornata di sole, la Curva Nord regge la crisi e nonostante il momento storico davvero poco favorevole, si presenta con il solito gruppo di irriducibili che nonostante la pioggia o il sole, nonostante una sconfitta o una vittoria, fa la propria parte fino in fondo sostenendo la squadra. Gli assenti in questo caso hanno sempre torto, ha torto chi monta sul carro dei vincitori quando le cose vanno bene, ha torto chi professa amore incondizionato ma alla prova dei fatti fa un passo avanti e tre indietro. La vittoria dei padroni di casa avviene senza troppi problemi, non si può parlare di passeggiata ma il risultato sul terreno verde non risulta essere mai seriamente in discussione. Il concetto resta però quello che in campo non vanno la storia, la tradizione oppure il nome, in campo vanno sempre due squadre, ventidue giocatori, un pallone. Anche in serie D il Livorno deve faticare e non poco.
Valerio Poli