A volte è proprio vero che più una cosa ti è vicina e più sei portato a prendertela con comodo. Succede proprio così a me, prima di questo Frosinone-Brescia. Crogiolandomi nell’idea di poter prendere senza affanno il pullman delle 18,15 finisco con il perderlo. Così come il primo treno utile per il capoluogo ciociaro, auto costringendomi a partire ben dopo le 19 a Termini, con il serio rischio di perdere l’inizio della partita. Per carità, rispetto ai tempi che furono, difficilmente i calci d’avvio odierni sono caratterizzati da torciate, fumogenate, coreografie e affini, ma arrivare a partita in corso o andarsene mentre la stessa si sta ancora giocando, resta comunque uno dei peggiori oltraggi a quella religione calcistica che pervade buona parte dei frequentatori delle gradinate. A prescindere se l’evento riguardi o meno la propria squadra del cuore.
Con un pizzico di fortuna e la gentilezza di uno sconosciuto automobilista, a cui chiedo di accompagnarmi, riesco a mettere piede al Matusa esattamente quattro minuti prima dell’inizio. E a conti fatti è un gran risultato.
Si gioca di venerdì sera alle 20,30, con una temperatura non proprio simpatica. La colonnina di mercurio, infatti, col passare del tempo si approssimerà sempre più verso lo zero, giustificando alla grande il pesante vestiario di molti tifosi. Queste componenti non agevolano certo un esodo dalla città della Leonessa. Esodo impossibile poi se si pensa al pessimo momento della squadra, che galleggia nella bassa classifica con lo spettro della zona play out che, dopo la sconfitta interna con l’Avellino, si è fatto più concreto. Infine, a tutto questo, vanno ad aggiungersi i pesanti e controversi provvedimenti restrittivi che hanno colpito alcuni ragazzi della Nord di Brescia. Si tratta di due episodi differenti: nove interdizioni sono state comminate per alcuni episodi avvenuti a margine di Verona-Brescia dello scorso ottobre, mentre altri quattro (si legge dagli organi d’informazione) per fatti totalmente avulsi alle manifestazioni sportive e al contesto ultras, ma applicabili grazie alle ultime leggi in materia di stadio, che possono punire appunto “comportamenti estranei alle manifestazioni sportive ma che ledano l’ordine e la sicurezza pubblica”.
Si tratta del celeberrimo “Daspo preventivo”, altro strumento alquanto discutibile che ha permesso ai soliti noti di ampliare le sperimentazioni nel laboratorio sociale chiamato stadio. Non è questo il luogo, infatti, per giudicare il comportamento dei ragazzi fatti oggetto della sanzione (per quello ci saranno giudici e tribunali), tuttavia viene giocoforza da chiedersi perché se si commette un reato a cento chilometri dalle gradinate e si è però un assiduo frequentatore delle stesse, si debba pagare con la diffida? Il ragionamento “preventivo” è semplicemente qualcosa di pericoloso e illogico. Pensate se venisse esteso nella società civile e Mario Rossi o Carlo Verdi non potessero più entrare in un teatro, in un cinema o in una discoteca perché qualche giorno prima hanno partecipato a una rissa in spiaggia. Invece di rincoglionire l’opinione pubblica italiana con tette, culi, gossip e retorica su ogni cataclisma naturale che avviene, si dovrebbe compiere un’opera di informazione, analisi e riflessione vera. Ma parliamo di un’utopia e persino queste righe che sto scrivendo sono soltanto tempo perso.
Sta di fatto che in seguito a quanto scritto, gli ultras della Curva Nord hanno optato per l’astenersi dal tifo nei primi 15 minuti, seguendo le partite con lo striscione capovolto. E così sarà anche in questa serata, con il manipolo di supporter lombardi giunti in Ciociaria che al 15′ esatto alza le mani al cielo, rompendo il proprio silenzio e cominciando a sostenere la squadra in campo. Un tifo tutto sommato continuo, anche se ovviamente farsi sentire non è facilissimo, considerato il numero dei presenti.
Nonostante quanto scritto in precedenza descriva alla perfezione il clima che si respira attorno al tifo delle Rondinelle, mi stupisce non poco che oltre allo zoccolo duro degli ultras non ci siano praticamente tifosi normali al seguito. Questo probabilmente è uno degli effetti più tangibili del mix tessera del tifoso/orari improbabili: i primi ad abbandonare il baraccone sono stati proprio quei soggetti che i vari Amato, Maroni e Alfano descrivevano come primi fruitori delle loro geniali trovate.
Per quanto riguarda il pubblico di casa, oggi lo stadio non registra il tutto esaurito, anche se la Curva Nord come sempre offre un buon colpo d’occhio. Rispetto alla gara col Benevento (ultima vista da me nell’impianto di Via Mola Vecchia) in cui gli ultras giallazzurri mi erano apparsi leggermente sottotono, stasera la prestazione canora è di tutto rispetto. Come sempre molto bello l’incessante sventolio di bandieroni, le tante manate e i cori tenuti a lungo, per accompagnare una vittoria a dir poco sofferta. In particolar modo nel secondo tempo, sarà uno dei tanti canti presi in prestito dall’Argentina a tener banco, fomentando visibilmente i presenti che lo eseguono per diverso tempo saltellando e pogando. A distanza di tempo si rivede persino qualche torcia accesa durante la sfida e questo non può che aumentare il livello dello spettacolo.
Il Frosinone ritrova sul campo quanto perso a Chiavari una settimana prima. In terra ligure i ciociari si erano fatti rimontare oltre il 90′ mentre stasera un gol di Ariaudo (dopo un rigore sbagliato da Ciofani) risulta decisivo, nonostante il Brescia colpisca due traverse e sfiori clamorosamente il gol in almeno tre occasioni.
Qualche sfottò tra le due fazioni e finale dedicato dal pubblico di casa quasi interamente alla sfida successiva, che vedrà gli uomini di Marino impegnati al Francioni di Latina. Un derby sempre atteso e sentito, che di fatto è già iniziato e vedrà il proprio epilogo in Agro Pontino, dopo la sfida di andata che vide uscire vincitori i giallazzurri.
Simone Meloni