Parlare del viaggio a Locri, di Locri, degli ultras locresi e di Locri – Catania non è per niente facile, non perché sia successo qualcosa di negativo, anzi completamente all’opposto perché è stato un turbinio di emozioni veramente difficili da dimenticare. E vi assicuro che nell’arco della mia lunga esperienza di partite e situazioni particolari ne ho vissute parecchie.

Ci ho messo un po’ a redigere questo pezzo proprio per metabolizzare tutto, ma andiamo con ordine e partiamo da metà gennaio circa, quando avevo adocchiato questo interessante Locri – Catania e memore dei racconti del nostro giramondo Simone, presente qualche anno addietro nella gara contro il Bari, mi ero già preparato al meglio e prenotato il viaggio con immancabile brivido annesso, dato che due settimane prima avevano vietato la trasferta ai licatesi per via dei lavori nel piazzale adiacente il settore ospiti. Fortunatamente a tempo di record hanno sistemato tutto e permesso agli ultras catanesi di essere presenti.

Parto il sabato sera per arrivare alle prime luci dell’alba e con tutto il tempo per ammirare al meglio il centro calabrese con i suoi monumenti, cominciando dallo Stadio Comunale intitolato nel 2018 al barone Giuseppe Raffaele Macrì, donatore del terreno dove lo stesso sorge. La giornata è calda e soleggiata e quando arrivo nei pressi dell’impianto, mi permette di ammirarlo al meglio.

Lo stadio storico, vetusto e particolare che ammiravo dalle pagine dell’indimenticato Supertifo, è profondamente cambiato con il passare degli anni, integrandosi bene con i cambiamenti in loco, diventando un piccolo gioiellino per una città come Locri, popolata da nemmeno dodicimila abitanti.

Anche le mura perimetrali sono state rinnovate ma i botteghini rimangono ancora fortunatamente ancorati al passato. Pure sul versante ospite resiste qualche testimone della storia di questa struttura: il vecchio cancello d’ingresso riportante in alto la dicitura “Stadio Comunale”, retaggi del passato che andrebbero preservati con la stessa foga con cui si inseguono queste modernizzazioni non sempre così armoniche o disinteressate.

Durante il giro, un cancello aperto mi proietta anzitempo nella dimensione di passioni prossima a venire. Incontro l’addetto stampa del Locri, persona eccezionale e preparatissima che mi racconta lo stadio e le sue trasformazioni nell’arco degli ultimi anni, a partire dall’ampia tribuna coperta i cui posti a sedere compongono il nome del club. Di fronte ad essa un’altra tribuna scoperta, destinata agli ospiti ma divisa equamente in due da una cancellata, infine verso Nord c’è la molto capiente curva destinata agli ultras locali che però, in quest’occasione, per motivi di sicurezza, la questura ha deciso di lasciare vuota per destinare l’intera tribuna scoperta alla tifoseria dell’elefantino.

Scendo fino al rettangolo verde per vedere gli spalti da un’altra prospettiva, laddove incontro un addetto agli spogliatoi, ex ultras locrese dei PESSIMI ELEMENTI, gruppo che si è fatto conoscere ed apprezzare molto negli anni Novanta. Ho così modo di visitare gli spogliatoi sui cui muri si susseguono le foto di varie formazioni del Locri ma anche della tifoseria amaranto nel vecchio catino ribollente di colore ed entusiasmo.

Arrivano anche diversi ultras locresi per sistemare gli striscioni, così ho l’occasione di conoscere qualche membro del neonato gruppo unico la cui età media è molto alta e se attualmente, per svariati motivi, diventa difficile per un giovane ultras seguire la propria squadra, figurarsi per chi ha famiglia e figli. Però nelle loro parole traspare tutto l’amore per la propria città e per il gruppo ma anche per il movimento in generale. Il problema più grande che evidenziano le loro parole, è il ricambio generazionale, visto che studio e lavoro portano tanti giovani fuori città e pochissimi ne fanno ritorno e da ciò deriva anche lo scioglimento degli storici PESSIMI ELEMENTI.

Il tempo vola per cui tocca affrettarmi per soddisfare anche l’altra mia passione, quella delle stazioni. A dispetto delle recensioni su Google che lamentano la scarsa sicurezza, trovo una stazione fin troppo nuova, pulita ed ordinata per i miei canoni, ma nell’epoca delle psicosi di masse che non vivono più oltre il virtuale, forse anche dei lumen in meno nelle lampadine vengono avvertiti come potenziali pericoli.

Torno in zona stadio passando però dalla parte ospite, dove gli incroci sono chiusi e pattugliate da forze dell’ordine. Sale l’adrenalina e l’ansia di vedere le tifoserie, così in poco tempo e con l’accredito già ritirato in mattinata, in men che non si dica sono in campo. Un accostamento tra le due realtà sarebbe stupido ed anche ingrato, calcolando che Catania sfiora trecentomila abitanti, ma oggi (che è stata indetta la “Giornata amaranto”) i padroni di casa sfiorano comunque le duemila unità, occupando interamente la parte coperta della tribuna dietro la sigla LOKROI. A dispetto della nobile avversaria, nulla di particolare a livello coreografico, se non una bella fumogenata anni ottanta, senza fronzoli ma ricca di colore e lo striscione “A NESSUN S’INCHINA A NESSUN S’ARRENDA” che è rivolto alla squadra ma che può essere interpretato come un invito sì al rispetto avversario ma senza particolari timori.

Dalla parte opposta prendono posto i catanesi, tifoseria di primo piano del movimento ultras italiano che, seppur abbia calcato ben altri palcoscenici, affronta anche questa trasferta con lo stesso piglio di sempre, presentandosi anche a Locri Locri con ogni mezzo in quasi millecinquecento. I gruppi ultras prendono posto nella parte sinistra della tribuna, con loro anche i ragazzi di Lamezia Terme un cui bandierone sventola frequentemente. Si fanno sentire con diversi cori e boati già dal pregara, l’entrata in campo delle squadre viene poi salutata dai tanti bandieroni, bandiere e stendardi che colorano di intenso rossoblu gli spalti, grazie all’ulteriore supporto di qualche fumogeno.

Nel primo tempo entrambe le tifoserie si fanno valere con numerosi battimani ad accompagnare i cori. Gli ospiti accendono altri fumogeni in momenti diversi della gara e dopo appena sei minuti, si ritrovano già in vantaggio grazie al gol siglato da Chiarella. I padroni di casa non si danno per vinti e continuano ad incitare la squadra, rivelazione di questo campionato dominato dagli etnei e pur andando in svantaggio, non s’intimoriscono ed affrontano la gara a viso aperto. Il coraggio però non basta e alla mezzora il Catania raddoppia con De Luca, facendo esplodere il settore ospiti e la sua calda tifoseria che, sul piano vocale e del colore, non ha avuto un attimo di tregua, al contrario degli ultras locresi che sul finire della prima frazione accusano un po’ il colpo pur continuando comunque a sostenere i propri undici in campo.

Nel secondo tempo le speranze dei padroni di casa vengono definitivamente spente dall’espulsione di Mbaye che, dopo cinquantotto minuti, lascia il Locri in dieci, ma gli ultras non ci stanno a fare da inerme comparsa e con tutto l’orgoglio possibile, si compattano e tirano fuori una prestazione più che positiva, risultando continui ed effettuando numerosi battimani poi cori a rispondere e sbandierate, fregandosene che il Catania dilaghi segnando altre due reti e chiudendo la partita sullo 0-4. Perdere sì ma con dignità e sicuramente gli ultras non hanno sfigurato.

Tornando ai catanesi c’è poco da dire, la tifoseria vive un momento di forma particolare e non le si potrebbe chiedere di più: cori ad alta intensità, battimani continui, braccia sempre alte ed in movimento, così come le bandiere a garantire colore e passione per tutti i novanta minuti, senza contare fumogeni accesi in continuazione per una prestazione eccezionale.

Al triplice fischio entrambe le tifoserie applaudono i propri giocatori, i locali nonostante la sconfitta ringraziano per il bellissimo campionato fin qui disputato che li vede sempre occupare la seconda piazza, mentre gli ospiti per lo spettacolare campionato che fin dall’inizio li ha visti in prima posizione. Calato il sipario sulla gara, condivido altri momenti e chiacchiere con i locresi, intrattenendoci sul particolare tessuto sociale calabrese e più specificatamente di questa terra a rischio spopolamento: se le istituzioni avessero solo la metà della voglia che hanno questi ragazzi di migliorare le cose, riuscirebbero a dar loro un futuro migliore senza che siano costretti ad abbandonare tutto e partire.

Purtroppo, il tempo vola ed il pullman non mi aspetta ma l’autista mi contatta via cellulare, così riesco ad arrivare in tempo prima che mi chiuda le porte in faccia. Una volta preso posto, ho modo di ripensare alla giornata appena conclusa e di rivivere tutti i bei momenti vissuti con gente straordinaria. Per un amante di stadio e di mondo ultras, lasciare un pezzo di cuore in una città equivale a vincere una Coppa dei Campioni. Dopodiché cado in un sonno profondo risvegliandomi a destinazione circondato da tanta gente scoglionata dalla settimana lavorativa prossima a ripartire e mi sento fortunato solo per essere riuscito a carpire emozioni completamente opposte da una semplice partita di calcio. Anche se chiaramente il merito non è della partità in sé bensì di tutto quel contesto che la gente non riesce a vedere. A volte penso sia quasi un bene, penso sia come un diamante da custodire gelosamente, lontano da occhi indiscreti. Ringrazio tutti, ma proprio tutti quanti mi hanno fatto vivere questa stupenda domenica e i ringraziamenti non saranno mai abbastanza. C’è del bello sotto la patina del pregiudizio e del selvaggio luogo comune spacciato dai media generalisti.

Marco Gasparri