Il tempo dei sogni è maledettamente finito. Quando, tempo fa, partivamo per vedere altre tifoserie all’opera, la nostra fantasia volava allo stadio, meta del nostro pellegrinaggio; poco importava se era la millesima volta che tornavamo nello stesso posto, poco importava se le tifoserie sugli spalti per noi erano un consapevole dejà vu.

Oggi, a parte il fatto che parto quasi sempre da solo – e non è il massimo – è difficilissimo avere delle certezze sulla partita che si sta per andare a vedere. E, se le aspettative non vengono poi soddisfatte, ciò sarà una penalità per la prossima volta che deciderò di scollare il deretano dalle abitudini quotidiane. Per fare il cacciatore di stadi non ho più l’età e, personalmente, le priorità sono ben altre.

Perché tutta questa filippica? Perché, quando ho scelto di andare a questo preliminare di Europa League tra Lucerna ed Espanyol avevo una sola certezza: “vedrò all’opera entrambe le tifoserie”. E tanto vale per lasciare la famiglia nel pieno di una bellissima giornata estiva e partire subito dopo il lavoro senza neanche il tempo di un minimo riposo. Aggiungendo l’odissea autostradale per il ritorno in massa dei vacanzieri visigoti perennemente in fila sul tunnel del Gottardo (un’ora di attesa sotto al sole) e le code per lavori a partire da Stans Sud.

Prima della partita avevo cercato di captare qualcosa sui canali ufficiali dell’Espanyol, compresa la pagina ufficiale della curva che, nel frattempo, ha pubblicato un post per annunciare il suo tour in trasferta in tutti gli stadi della Liga spagnola. Insomma, dicevo tra me e me, “è vero che non hanno scritto nulla sulla loro presenza a Lucerna, però è anche vero che non hanno comunicato un qualsiasi motivo di assenza”.

A rendere più incerto il quadro, la scomparsa di Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, proprio il giorno prima. Sempre seguendo i miei ragionamenti, ho subito escluso una presenza laziale a fianco degli storici amici spagnoli; ma, poiché una trasferta europea non la annulli in quattro e quattr’otto, al massimo pensavo ad una presenza catalana silenziosa. Alle brutte, un’assenza per lutto sarebbe stata prontamente comunicata pubblicamente.

Il mio pessimismo è iniziato quando ho visto il settore ospiti chiuso e i tifosi – più che altro allegri gitanti – dell’Espanyol relegati accanto al “family corner” della curva opposta agli ultras di casa. L’impressione negativa è stata suggellata dal calcio d’inizio, con circa 150 tifosi normali dell’Espanyol sparpagliati qua e là (intendiamoci, un buon numero) e zero ultras.

Spesso si trovano attenuanti a destra e a manca per giustificare un’assenza ma, a meno che non mi manchi qualche pezzo, stavolta non ne trovo. Quindi, ragionando molto alla maniera anni ’90, dico semplicemente “espanyolisti assenti”. Pazienza. Così come pazienza se parliamo di una delle poche tifoserie spagnole che, in un panorama nazionale assai triste, hanno sempre dimostrato di avere quel qualcosa in più per sopravvivere ai tempi duri.

Fortunatamente, la curva di casa fa da contraltare. 

Nonostante la giornata climaticamente perfetta e l’avversario di un certo blasone, la Swissporarena non è piena, ma la curva di casa, nella sua parte centrale, fa segnare bei numeri.

La torciata iniziale, condita da sciarpe e bandiere a volontà, fa capire quanto gli ultras di casa tengano a questa passerella. E chissà cosa ne pensano i puristi dello stile del fatto che i primi minuti sono stati scanditi da un possente e continuo “porompompero”, egregiamente accompagnato dal tamburo.

La curva lucernese non fa una sbavatura per tutta la partita. I cori sono quasi tutti di buona intensità e tenuti a lungo, con pause quasi nulle. Peccato, appunto, per l’inaspettata assenza ospite.

Ospiti, appunto. Mi piazzo alle loro spalle e devo dire che, data l’improvvisazione, poteva andare anche peggio. Qualche coro alzato dai più giovani, discreta partecipazione del settore (se così si può dire) in alcuni momenti topici.

In campo poco o nulla da dire. Si sapeva che il Lucerna era nettamente sfavorito e lo 0-3 dell’Espanyol conferma il divario, attualmente enorme, tra il calcio svizzero e quello iberico.

Il viaggio di ritorno, fortunatamente, è meno impegnativo, quasi leggero. Non butto in toto questa giornata, ma sicuramente poteva essere molto più “saporita”. Magari andrà meglio alla prossima, se e quando.

Stefano Severi