Perché mi alzo alle 5.30 di sabato anche se la sveglia era fissata alle 6? Ho paura di perdere il treno e soprattutto sono esaltato all’idea di andare in trasferta nonostante non sia per seguire la mia squadra. Forse perché mi ricorda un viaggio iniziato più di tre decenni fa e l’ansia per la trasferta è rimasta più o meno la stessa, cioè qualcosa di diverso dalla banalità quotidiana della vita. Anche se la società è cambiata tanto, anche se ho trent’anni in più, se ho un bagaglio culturale più corposo, ho altre responsabilità e il modo di andare in trasferta è più distinto, ma nonostante queste mutazioni l’emozione è la stessa, quella del viaggiare per pura passione e per raggiungere uno stadio sconosciuto.
Lascio l’alloggio alle 6.20 e raggiungo la stazione centrale con la metropolitana. C’è solo una fermata ma fa freddo, è il mese di febbraio e siamo a Norimberga. Non c’è quasi nessuno in giro, tranne i primi lavoratori. Quando la metro arriva noto già tre ragazzi con la sciarpa rossonera al collo e la birra in mano. Non so come facciano ma poi mi ricordo che siamo in Germania e (per loro) sembra scontato. Dopo cinque minuti arriviamo alla stazione principale, ci sono diversi gruppetti con i colori del 1.FC Norimberga. La trasferta non è così distante, 370 kilometri a Nord. Due o tre volte nella stagione, e questa è una di quelle, i ragazzi degli Ultras Nuremberg prendono il treno di linea per seguire la loro squadra del cuore.
Sono le 6.45 e un gruppo attira la mia attenzione: sciarpe, bomber, giacche invernali, birre. In pieno stile ultras, mentre alcune creature della notte tornano della loro serata, come una ragazza con una pelliccia che nonostante l’ora è ancora elegantissima. Lei e i suoi amici sognano di raggiungere il loro letto, per noi è l’opposto, che partiamo per una gita di quasi quindici ore. Andiamo sul binario a prendere l’ICE, i corrispettivo tedesco della Frecciarossa, che è quasi vuota. Strana sensazione partire con questi treni moderni, dopo aver preso i treni speciali in Italia.
Servono due ore per raggiungere Halle. Viaggio che scorre tranquillo tra quelli che provano a recuperare un po’ di sonno, ma ci sono anche quelli che hanno già fame e iniziano ad addentare panini fatti in casa. Pochi cellulari in mano ma tanta voglia di vivere il momento. Alcuni gruppetti son già pronti a onorare il dio Bacco: limoncello, birra, vino, ecc. Non importa il liquido, basta che sia alcol. Diverse persone mi propongono di bere qualcosa con loro, ma posso solo rifiutare educatamente, utilizzando il criterio nazionale come discriminante: «Non son tedesco, non posso bere a quest’ora».
Il sole si alza sulla campagna circostante e la luce è stupenda. Mentre il paese si sveglia, ci son già 250 ragazzi e ragazze pronti ad attraversare il paese per la loro squadra del cuore. E poi c’è chi dice che i giovani di oggi non hanno voglia di far niente, non hanno ambizioni o che era meglio prima. Ma forse sarebbe il caso di incontrare sti famigerati ultras che per pura passione si sono alzati all’alba di un sabato mattina rimettendoci pure soldi. Ad ogni stazione salgono nuovi passeggeri ed è divertente vedere le loro facce quando scoprono i loro compagni di viaggio, ma bisogna dire che siamo in Germania e alla fine, non è che sul treno ci sia troppa confusione.
Arriviamo ad Halle e non s’è visto un poliziotto e non so perché questo dettaglio mi dovrebbe preoccupare, visto che il gruppo si comporta di maniera civile e non disturba nessuno. Forse perché in Italia una cosa del genere sarebbe impossibile, laddove persino in Serie D ed Eccellenza si vedono servizi d’ordine sproporzionati che nella maggior parte dei casi non servono a nulla, tranne ad alimentare il panico morale e legittimare lo Stato di polizia. L’ultras è il folks devil (diavolo popolare) utile all’opinione pubblica per fomentare le paure e permettere di sfogarvi le ansie e i problemi della società, come ha spiegato il sociologo Stanley Cohen nel suo libro Demoni popolari e panico morale. Il ricercatore ha studiato la copertura mediatica degli scontri tra Mods e Rockers nell’Inghilterra degli anni ’60 e spiega che sono una “…condizione o evento in cui una persona o un gruppo di persone finisce per essere indicato come una minaccia ai valori della società e ai suoi interessi”.
Alla stazione di Halle cambia tutto, la polizia tedesca è vigile e non scherza. Aspetta sul binario dove bisogna cambiare convoglio per salire su un treno regionale per raggiungere Magdeburgo. E un treno di linea ma gli agenti “chiudono” la nostra parte e ci separano dai passeggeri “normali”. Non c’è molto posto e tanti sono costretti a rimanere in piedi. Di fronte a me un tifoso dell’FCN, con cappellino e sciarpa rossonera legge Kicker, la bibbia calcistica tedesca. Diverte vederlo così calmo, immerso nella sua lettura, con il suo look da tifoso, ma finisco per preferire scambiar due chiacchiere con uno come lui, che capisce di calcio e va in giro con gli ultras da anni, che un ragazzo con la giacca Lyle and Scott nera che magari fra tre anni sarà passato ad un altra passione, lontano dagli stadi.
Arrivati a destinazione si comincia a far sul serio. La celere indossa la sua tenuta antisommossa, nonostante il gruppo degli UN’94 sia tranquillissimo. Nelle ultime fermate del treno regionale sono saliti persino dei tifosi del 1.FC Magdeburg e nessuno li ha presi in giro. Son tifosi, gente che non c’entra tanto col nostro mondo. Comunque bisogna dire che i poliziotti tedeschi ci sanno fare. Un agente al binario, microfono alla mano, spiega cosa sta succedendo: un treno speciale ci aspetta per portarci in una stazione in mezzo al nulla; lì diversi autobus portano al parcheggio ospiti. Meno di una decina di minuti dopo arriviamo a destinazione, senza avere incrociato tifosi avversari. Niente da dire sull’efficienza del servizio d’ordine.
Il sole splende e i ragazzi degli UN’94 inscenano un piccolo corteo per raggiungere l’entrata del settore ospite. Poi, biglietto alla mano, sono pronti per entrare. Pagati 17€ per la serie B tedesca, che non è poi tanto economico. Li lascio ai varchi e faccio il giro dello stadio la cui prima impressione, a dire il vero, è assolutamente negativa. Sembra di essere in una periferia qualunque con una specie di deposito tipo Ikea. L’Avnet Arena (maledetto naming) è stato inaugurato nel dicembre 2006 sulle ceneri del vecchio l’Ernst-Grube Stadion, che dal 1965 al 2005 ha ospito la squadra locale. Eccetto il biennio 1979-1981 in cui ha giocato all’Heinrich Germer stadion per via dei lavori di ristrutturazione. Stessa cosa nel 2005/2006 quando appunto il vecchio stadio fu demolito in attesa della costruzione della nuova Arena.
Attorno all’impianto ci sono le gigantografie della squadra locale l’FC Magdeburg e il suo albo d’oro. Nonostante oggi disputi la serie B, è stata una delle grandi squadre della Repubblica Democratica (vi invito a leggere l’articolo del collega, nonché amico, Simone Meloni per saperne di più). Con ben tre scudetti e sette coppe vanta un palmares invidiabile nonostante la società sia stata fondata solo nel 1965. Iconica la gigantografia della squadra che ha portato il sodalizio sassone sul tetto d’Europa e che ha scritto una delle pagine più gloriose del calcio nella DDR. Nella finale di Coppa delle Coppe di Rotterdam, l’8 maggio 1974, l’FC Magdeburg si impone sul Milan per 2 a 0, vincendo l’unico trofeo internazionale di una squadra della Germania dell’Est.
Ritirato l’accredito, sono all’interno, dove la seconda impressione dell’impianto è sicuramente più positiva. L’ingresso principale è nei pressi della gradinata locale, il famigerato Block-U dove si notano diversi altri murales che celebrano la gloria dell’1.FC Magdeburg. Come da tradizione in Germania, anche in questi stadi moderni, la tifoseria ha ampia libertà di colorare il proprio spazio ed è qualcosa che mi piace tanto. Tra tutti i murales dei fan-club della regione e degli ultras, si nota la famosa H degli hooliganche evidenzia l’integrazione nella famiglia biancoblù anche della parte più dura della tifoseria, presenza indirettamente riconosciuta anche dalla società. Non c’è in realtà un vero e proprio gruppo hooligan, con un nome preciso, come spesso in Germania. Difficile intuire il confine preciso, con alcuni personaggi della tifoseria che si potrebbero definire “Hooltras”, ma alla fine sono gli ultras che dominano la scena del Block U, seppur al tempo stesso esista una netta divisione del lavoro, concetto caro ad Adam Smith, con gli specialisti degli scontri che – sotto la denominazione 1.FC Magdeburg o FCM Hools – sono soliti partecipare a incontri semiclandestini nei boschi risentendo dell’influenza della vicina Polonia e dell’Est Europa in genere.
Prima di entrare faccio anche un giro al banchetto del Block U per vedere cosa vendono: toppe, bandiere, adesivi o anche spille ma, come è d’uso in Germania, il materiale dei gruppi non è in vendita libera. La funzione sociale del Block-U e della tifoseria tutta, è ben compresa della società. I rapporti fra le parti, che siano con la parte più calma o più attiva della tifoseria, sono alla luce del sole, non c’è per fortuna tutta l’ipocrisia del Belpaese dove, come ovunque, è inevitabile che i dirigenti abbiano rapporti con i tifosi, ma devono pubblicamente negarli solo per assecondare Lega, Federcalcio e autorità che da oltre 50 anni credono che il modo migliore per comprendere una parte del mondo calcistico sia silenziarlo, non ascoltarlo e discriminarlo. Qua c’è invece un dialogo permanente, che porta a risultati concreti e visibili agli occhi di tutti, e nonostante il tifoso sia considerato comunque un cliente, è comunque un cliente che ha dei diritti.
Necessario precisare che in Germania, l’industria calcistica è un po’ diversa: le più grandi società son sempre in mano ai soliti noti, uomini d’affari, magnati e milionari, ma teoricamente i tifosi hanno voce in capitolo grazie alla regola del “50+1”. Le società calcistiche tedesche sono “eingetragene Verein”, abbreviato in “e.V.” ossia associazioni che fino al 1998 non avevano scopo altro scopo di lucro se non appunto quello di estendere sul club il controllo dei soci. Oggi le regole sono cambiate soprattutto dal punto di vista del lucro, ma la regola del “50+1” è rimasta, e con essa la maggioranza dei voti all’interno del Cda riservata ai soci-tifosi, meccanismo che ha impedito la scalata di entità esterne come il Qatar con il Psg o come gli imprenditori americani o asiatici che controllano oltre la metà dei club di serie A. In deroga alla regola, ci sono i casi del Bayer Leverkusen e del Wolfsburg i cui club sono espressione diretta delle rispettive aziende, che almeno sono fortemente legate al territorio, ossia il gigante farmaceutico Bayer (dal 1904 alla testa della società) e la ditta Volkswagen (dal 1945). Ben diverso il caso del milionario Dietmar Hopp che, dal 2015, ha preso il controllo totale dell’Hoffenheim e ultimo caso ancora più eclatante, quello del Red Bull Leipzig (ufficialmente registrato come RasenBallsport Leipzig e.V. visto che non è possibile dare il nome di uno sponsor) il quale, non avendo tifosi come soci, ha potuto eludere la regola. Motivo per cui la società è odiata da tutte le altre tifoserie tedesche. L’1.FC Magdeburg invece, come la quasi totalità degli altri sodalizi professionistici tedeschi, ha la maggioranza dei propri soci (15.000 membri nel suo caso) costituita da tifosi.
Venti minuti prima del fischio d’inizio metto piede sul manto verde, con la felicità e la curiosità di scoprire uno stadio nuovo. Da questa prospettiva, la sensazione è ancora migliore: uno stadio dedicato solo al dio pallone con una capienza di 30.098 posti dove oggi ci sono 23.883 spettatori. Per l’Italia sono numeri da record che pochi possono permettersi in serie B, qua in Germania è la quotidianità considerando che la media della 2.Bundesliga è di 30.000 spettatori. Anzi, numeri alla mano, quest’oggi siamo persino sotto la media.
Prima della partita, tutta la parte biancoblù dello stadio esegue, come da tradizione, una stupenda sciarpata sulle note dell’inno del Magdeburgo sparato a tutto volume. Qualche minuto dopo, quando le squadre entrano in campo, si vede uno striscione di carta con la scritta: “Verbandsstrafen abschaffen!” (Basta con le sanzioni sulle associazioni!), campagna ovviamente seguita da tantissime tifoserie teutoniche al fine di abolire le multe alle società calcistiche per l’uso della pirotecnica dei propri tifosi. La richiesta implicita è che quando questa è ben utilizzata, non ci siano multe e che contestualmente sia riconosciuta l’influenza positiva di torce e fumogeni sull’atmosfera generale.
Il settore ospite invece srotola uno striscione rossonero con la scritta in italiano: “I colori che significano il mondo!”. Perché una scritta in italiano? Perché oggi è la giornata all’italiana degli UN’94. Il gruppo a capo della tifoseria rossonera, da 31 anni sottolinea ciclicamente il legame con l’Italia e il suo movimento. È stata realizzata per l’evento anche una bandana con scritto in italiano: “Norimberga per sempre”. Diversi altri stendardi seguono questa falsariga ed anche il look di alcuni ragazzi si ispira al tifo italiano di vent’anni fa: bomber, cappelli alla pescatore, bandana e ovviamente sciarpe. L’idea potrebbe sembrare strana per alcuni, ma la trovo molto bella: un vero e proprio tributo alla cultura ultras italiana, il paese dove tutto è nato più di mezzo secolo fa.
Confronto quasi europeo invece sugli spalti, un confronto tutto particolare tra due stili e modi di tifare completamente differenti. Tra i precursori del movimento ultras in Germania, gli Ultras Nuremberg ’94 hanno, come detto, studiato all’università del tifo italiano (ma diversi i contatti in quel di Marsiglia in quegli anni), ha poi sviluppato un forte legame con la tifoseria bresciana sfociato in un gemellaggio. I retaggi odierni ancora presenti, sono legati alla loro organizzazione, con uno striscione lungo e dal nome inequivocabile, e anche nel modo di fare e presentarsi, ben lungi dal modello “Hooltras”, come lo chiama il sociologo tedesco Gunter Pilz.
Dall’altra parte uno stile prettamente “Ost-Deutchland”, cioè della Repubblica Democratica Tedesca, molto più vicino a quello polacco per certi aspetti. Si nota già con il palchetto in basso, al centro del Blok U, dove si trovano i due coristi e i quattro tamburi sui lati. Non mi piacciono molto queste cose, devo dirlo, le trovo un po’ troppo esibizioniste per i miei gusti. Son cresciuto sì col mito del tamburo ma sullo striscione, tipo il muretto della sud romanista col CUCS o la Sud Milanista dietro lo striscione Fossa dei Leoni e Brigate Rossonere. Anche nel modo di mettere striscioni e pezze si vede l’Ossie-touch, ma bisogna precisare che il sodalizio sassone ha anche tre gruppi ultras e che sono loro gli incaricati di organizzare il tifo, oltre ad altri gruppi a loro vicini, tra club e compagnie di amici più o meno ultras. Pioniere del movimento ultras a Magdeburgo è stato il Commando East Side, fondato nel 1999. L’anno dopo è la volta della Blue Generation, prossima a festeggiare i 25 anni fra qualche mese. Molto bello il loro striscione, italianissimo anche questo nello stile, sia per il font particolare e per il simbolo scelto, cioè Otto von Guericke con la sciarpa biancoblu al collo. Questo fisico del Seicento che inventò la prima macchina elettrostatica a strofinio, si dedicò inoltre a ricerche astronomiche e fu anche borgomastro di Magdeburgo.
Accanto ai due storici esponenti si affiancano i Fanatismus Magdeburg, che son tra un club di tifosi attivi e gli ultras. L’ultimo gruppo di stampo ultras è sorto pochi anni fa e ha un nome un po’ diverso: Freitag der 13, cioè Venerdì 13 (che è il giorno in cui sono stati creati) ed è quello che ha lo striscione meno ultras e più Hooltras. In tal senso, si vede il bandierone di Jerricho Werland, una zona della provincia di Magdeburgo, sul quale, al di sopra del nome della zona ci sono tre parole: Fans – Ultras – Hooligans; sintesi perfetta del Block-U e di un po’ tutta la Repubblica Federale dove in curva ci sono sia i fans (i tifosi attivi), che gli ultras e gli hooligans. Unica cosa diversa che varia nel paese sono gli equilibri. In modo grossolano, all’ovest gli ultras sono al comando e sono più numerosi, con bande di hooligan che resistono ma con poche decine di persone. Nella parte orientale, l’equilibrio si inverte, nonostante gli ultras guidino comunque il tifo, si notano diversi gruppi di stampo Hooltras, cioè una sintesi fra le due correnti.
Il settore ospite (che è diviso in due spicchi) accoglie le due squadre con una piccola coreografia semplice ma ben riuscita. Più precisamente, la parte del settore dove si trovano gli ultras (UN’94, Banda di Amici e i Kaos Bagage) forma un bel quadrato a scacchi rossoneri grazie a delle bandierine di plastica. Sopra si può leggere (sempre in italiano): “Non mi pento di questo amore”. Poi, dopo qualche minuto, lasciano spazio a decine di bandieroni e due aste. Tanti sono in italiano, come detto per la giornata all’italiana, e ci sono anche due striscioni in italiano sotto quelli dei tre gruppi: “Ultras stile di vita” e “I tifosi del Norimberga”. C’è anche una pezza biancoblù Marler Jungs riconducibile a un gruppetto di ultras dello Schalke 04, tifoseria gemellata.
Per completezza della cronaca, vanno menzionati anche i tantissimi striscioni dei diversi club dell’1.FC Magdeburg tutto attorno allo stadio e che nei distinti seguono la partita in piedi. Mi lamento spesso che in Italia son spariti i club di tifosi e che non c’è quasi più colore nei distinti. Ma per dirla tutta, bisogna dire che qua la gente dei distinti è molto composta nella sua partecipazione all’evento, nessuno si sognerebbe di prendersela con gli ospiti o urlare oscenità ai giocatori avversari. Da osservatore, molto più bello e divertente in Italia, sicuramente meglio di questo triste fair play coatto, di questo modo fin troppo civile di seguire la partita senza antagonismo verso quel modello di tifoso prossimo al cliente che piace ai vertici.
Al 5° minuto segnano i rossoneri per la grande gioia del settore ospite. Nel minuto che segue, il Block U offre una sciarpata bella fitta e poi cala il silenzio. Uno striscione si alza in mezzo alle sciarpe biancoblù: “Ruhe in frieden Reno” (risposa in pace Reno). Il settore ospite smette subito di cantare e di sventolare i suoi bandieroni. Senza dubbio emozionante questo rispetto reciproco. In mezzo al Block U, in questo silenzio surreale dove si sentono solo le voci dei giocatori, un ultras con un passamontagna sale sul palco e tira fuori una torcia per ricordare l’amico scomparso enfatizzando così ulteriormente questo minuto di silenzio.
Poi riparte il tifo con i due lanciacori del Block U a rompere la tregua. Cantano per tutto il primo tempo ma non a squarciagola, la potenza vocale non è delle migliori. Sul campo è una partita combattuta, al Magdeburg serve una vittoria per continuare a sognare la promozione in Bundesliga. Il problema è che in casa perde troppe partite anche se le vince quasi tutte fuori, cosa che gli permette di occupare il terzo posto. Al 27° i giocatori della compagine sassone pareggiano, ma tre minuti dopo il Norimberga segna di nuovo. Al 33° è un autorete del Magdeburg a portare il risultato sul 3 a 1 per gli ospiti. Il settore rossonero è in tripudio, ma anche lì il tifo non è stratosferico. Ci sono 1.200 tifosi del Norimberga e direi che la parte ultras si aggira su un terzo del totale. Una parte più o meno importante del settore non canta quasi mai. Il coordinamento tra UN’94 e Banda di amici è buono. Ci sono tre megafoni, due degli UN’94, il gruppo principale, e uno della Banda.
Il primo tempo finisce dunque col vantaggio del Norimberga. Dopo aver fatto un salto al buffet e assaggiato un panino tipico della zona con delle micro salsicce, torno sul prato. Il sostegno canoro riprende e le due tifoserie non si risparmiano. Nel Block U si vede una bandiera della ex Repubblica Democratica, ma con un occhio attento si possono cogliere molti altri indizi della famosa Ostalgia, quel sentimento di nostalgia appunto per i tempi della Germania dell’Est. Che sia un adesivo con la Trabant, l’iconica automobile del regime e soprattutto del popolo, oppure una pezza di club che richiama alla stagione 1982/83 con le diverse toppe dei club dell’Oberliga, la serie A della DDR.
La partita sul campo è pazzesca, il Magdeburgo segna un goal al 72° e sei minuti dopo quello del pareggio. Il pubblico di casa esulta all’idea di non uscire sconfitto, ma al 94° l’FCN segna l’ultimo goal del pomeriggio che li permette di chiudere con un 4-3 in proprio favore e con tre punti in bacheca. Tutta la squadra corre sotto il settore per godersi questo momento con i propri tifosi. Il Block U non molla e propone una terza sciarpata, per tenere sempre in alto i colori biancoblù nonostante la prestazione della loro squadra. Qualche secondo dopo l’arbitro fischia la fine, grande festa per la tifoseria rossonera, di fronte invece, anche il sodalizio sassone va a ringraziare la sua tifoseria, ma la delusione predomina.
È tempo per me di lasciare lo stadio e prendere la via del ritorno. Non vado a Norimberga, torno a casa mia, 650 kilometri verso sud-ovest, dopo più di mille kilometri solo all’andata. Alla stazione di Magdeburgo incrocio i duecentocinquanta ragazzi e ragazze con chi ho viaggiato in treno la mattina. C’è sempre la polizia che vigila sul binario e che li mantiene separati dal resto dei viaggiatori. Si nota la stanchezza sulle loro facce, ma anche un un evidente sentimento di felicità. Non solo per la vittoria della loro amata squadra, ma anche per la consapevolezza di aver vissuto un sabato diverso dalla maggiore parte della gente comune, dimostrato con i fatti che la passione degli ultras è ancora forte e viva nel 2025.
Sébastien Louis
















































































