Venire in Germania è sempre una scommessa ed ha sempre qualcosa di affascinante. Innanzitutto il paese mi piace molto e quando scopro una nuova città, la curiosità mi spinge anche di più. La cosa strana è che vivo accanto alla Germania ma ci vado pochissimo, forse una o due partite a stagione, perché a livello ultras ho sempre dei “pregiudizi” sullo spettacolo degli spalti. Per questa ragione sono più in giro per il mondo a vedere ultras che nella vicinissima Germania, dove da vent’anni lo spettacolo nelle curve è cambiato drasticamente.

Infatti la mia prima volta in Germania fu per vedere il Marsiglia a Brema il 3 novembre 1998. Il movimento ultras aveva appena iniziato a muovere i suoi primi passi in Germania e solo alcune squadre avevano un gruppo ultras al seguito. Era il mio primo incontro con il tifo tedesco e in particolare con alcuni tra i pionieri del mondo ultras locale, gli East-Side Bremen, gruppo che non esiste più oggi. Posso solo dire che non rimasi affatto impressionato dal loro tifo, ma bisogna ammettere che questi ragazzi hanno avuto la passione e la spinta per fare crescere qualcosa di nuovo in un paese dove nelle curve c’erano solo tifosi “carnevaleschi”, con i Kütten, i famosi e pittoreschi giubbotti di pelle pieni di spille e toppe, o ancora i temibili hooligans che solo pochi mesi prima, fuori dallo stadio di Lens per la Coppa del Mondo del 1998, avevano massacrato un gendarme francese.

Mainz, marchi sul territorio

Vent’anni dopo mi ritrovo in direzione di Maiz, o Magonza com’è anche conosciuta in Italia, grazie all’immutata passione per il mondo ultras. In vent’anni tanto è cambiato, non parlo solo di Internet o degli smartphone, dei social network e della post-socializzazione, ma anche il tifo ha subito profondi mutamenti, basti pensare alla stessa Italia perduta della fine degli anni 1990, dove era sempre un piacere andare allo stadio per vedere uno spettacolo sugli spalti il più delle volte grandioso. Ma in altri paesi, alcuni di questi cambiamenti sono avvenuti anche in senso positivo: è il caso della Germania, dove il manipolo di “fedelissimi” ultras della fine del millennio, sono riusciti a convincere altri ragazzi che si poteva andare allo stadio in un modo diverso.

Il risultato di questi ostinati è sotto gli occhi di tutti: chi poteva immaginare che la Germania sarebbe diventato un modello di tifo nel 2018? Perché dobbiamo ammetterlo, io per primo che nutro diffidenza per gli ultras tedeschi: le immagini del loro tifo non possono far altro che piacere. Ma di fronte a certe immagini si è sempre pervasi da un sentimento particolare, persi nel dubbio della discrepanza tra le immagine e la realtà. È proprio per questo che vado pochissimo in Germania, perché nella ventina di partite che ho visto in questo Paese, non son mai stato in grado di varcare questo dubbio e convincermi al 100% dello spettacolo sugli spalti. Alla fine, come sappiamo tutti, lo stadio è uno specchio delle nostre società: cresciuto col modello italiano, ho sempre apprezzato la pazzia mediterranea del tifo, la passione ed il calore che andavano di pari passo con l’innovazione e l’organizzazione. Ed in Germania, anche se è una paese di malati di calcio, la passione rimane sempre un po’ sotto controllo e lo si nota nei gruppi e nelle curve. Comunque, questo è una sensazione che rimane del tutto personale, ma se ho l’occasione per scoprire una nuova realtà tedesca, ci vado ugualmente con curiosità.

Sticker art ultras

Sulla strada che mi porta a Magonza noto già, a 70 km della città, graffiti sui muri dell’autostrada e soprattutto sotto i ponti: ogni paese ha le sue caratteristiche nella cultura ultras ed il movimento tedesco ha sempre portato con sé un aspetto molto “underground” (con i famosi adesivi fatti in casa che sono stati i primi ad attaccare ovunque, dando il “la” alla cosiddetta “sticker art” in chiave ultras) e tra questi devo dire che la battaglia sui muri degli ultras tedeschi è molto interessante. Il territorio non va solo presidiato ma va indicato e negli ultimi chilometri, almeno una quindicina di graffiti vanno via via infittendosi accompagnandomi a destinazione.

Magonza, per chi non lo sapesse, è una delle città più vecchie della Germania, dove i celti prima, poi i romani hanno dato linfa alla sua crescita. Per mezzo millennio la città rimase sotto il domino dell’Impero e fu la capitale della provincia della Germania superiore. Il museo centrale romano-germanico, fondato nel 1852, testimonia questo traguardo storico. La città è famosa anche per il suo ruolo religioso, essendo stato uno degli arcivescovadi tra i più importanti del Sacro Romano Impero. Magonza ha esercitato un ruolo importante nell’evangelizzazione delle popolazioni slave e germaniche, per questo la sua diocesi si è guadagnata l’appellativo di “Santa Sede”, come quella di Roma, privilegio unico nel mondo cattolico. Alla fine del X secolo, Villigisio, il suo arcivescovo divenne inoltre Arcicancelliere del Sacro Romano Impero, il più importante dei sette Elettori dell’Imperatore. Fu lui ha dare l’inizio ai lavori della grande cattedrale che domina il centro storico.

La “Opel Arena”

Appena arrivato decido di scoprire il centro a piedi. Lascio la macchina e punto dritto verso il Reno. Questo fiume, importantissimo per il Nord-Ovest dell’Europa, passa par Magonza e spiega il suo sviluppo economico. Siamo a novembre e tra umidità e freddo, le temperature sono già invernali. Percorro le vie a piedi e noto con interessante come, al pari di tante città tedesche, rimangano poche cose del suo glorioso passato. I bombardamenti degli alleati hanno infatti cominciato a prendere di mira Magonza già nel 1942 mentre, nel 27 febbraio 1945, la città fu colpita in maniera terribile dai bombardieri britannici. Alla fine del conflitto venne distrutta per l’80%. Per questo si possono notare cose interessante dal punto di vista urbanistico e tante volte i centri storici delle città tedesche sono abbastanza simili fra loro. Anche se questo è un po’ anche uno specchio del capitalismo, che ha trasformato tante metropoli europee in non luoghi tutti con gli stessi identici negozi per mettere a proprio agio i consumatori ma annientando e le tipicità locali.

Magonza è anche un centro culturale importante, la prima università fu fondata nel 1477 e un personaggio locale cambiò per sempre il destino del mondo inventando la stampa a caratteri mobili, un tale Gutenberg che divenne giustamente il suo figlio più celebra. Infine c’è una tradizione molta diffusa nella zona ed è il carnavale renano: Magonza è uno dei tre più importanti centri di questo folklore, con Colonia e Düsseldorf, e non è un caso se in città si possono già comprare le maschere: dall’11 novembre, alle ore 11 ed 11 minuti, le 11 leggi del Carnevale sono lette dal balcone di un palazzo storico dal sindaco. Poi dal I gennaio inizia il carnevale vero e per tre mesi ogni fine settimana c’è una festa. L’anno scorso, gli stessi ultras locali organizzarono la trasferta a Francoforte sotto il segno del carnevale, accompagnandosi con i colori sociali di questo evento, cioè il blu, il bianco, il rosso ed il giallo.

Tifosi del Borussia… non solo nel settore ospiti

Malgrado il freddo, noto che ci sono tifosi delle due squadre in giro per il centro storico. In Germania, al contrario di tanti paesi europei, si percepisce velocemente quando c’è una partita di calcio. Si possono notare sciarpe, magliette o capelli delle due squadre, sia su bambini ma sopratutto su adulti che assomigliano al proprio vicino di casa. Il clima è molto tranquillo, non c’è una rivalità tra le due squadre e una parte dei tifosi ospiti (che viene non solo da Dortmund, ma proprio da tutto la Ruhrgebiet – regione della Ruhr in tedesco – ed anche da tutto il paese) approfitta della partita per fare un po’ di turismo prima di andare allo stadio.

Un’ora prima del fischio d’inizio prendo la direzione dello stadio che è fuori città, vicino all’autostrada. L’impianto è stato inaugurato nel 2011, dopo due anni di lavori. Il posto dove è edificato fa paura, sembra che un genio dell’urbanistica abbia deciso di piazzarlo proprio in mezzo al nulla. Ma siamo in Germania e malgrado la folla, la logistica è ottima, grazie anche ai parcheggi della vicina Università o i mezzi pubblici come il tram. Organizzazione al top, come al solito ed anche se sono a due chilometri dallo stadio, arrivo in tempo. Non c’è quasi nessuno al botteghino degli accrediti, un quarto d’ora prima del fischio d’inizio, ed in pochi minuti sono sulle tribune dopo un controllo di sicurezza molto rilassato.

Curva o tribuna, pari partecipazione

L’1. Fussball und Sporverein Mainz 05 non è la società più famosa della Bundesliga. Il suo palmares è alquanto scarno, ma, come sempre in Germania, non c’è bisogno di slogan un po’ vuoti come “tifa per la squadra della tua città”, perché qua la gente ama il calcio a prescindere e dunque i tifosi ci sono sempre, in barba a scudetti e vittorie. La squadra locale, fondata nel 1905, ha soprattutto giocato al secondo livello del calcio tedesco ed è approdata per la prima volta nel massimo livello della Bundesliga solo nel 2003/2004. L’allenatore che li portò a questo storico traguardo è un ex giocatore dell’FSV Mainz che per undici stagione e 325 partite ha portato la maglia rossa addosso e dal 2001 è stato appunto tecnico della stessa. Questo attaccante riconvertito difensore è un giocatore modesto, un certo Jurgen Klopp poi diventato famosissimo come tecnico. Sara sua l’impresa: nel 2004 arriva la Bundesliga e un anno dopo la prima apparizione in Europa grazie a un premio Fairplay. Ma la squadra retrocesse nel 2007, a Jurgen Klopp non riuscirà l’impresa di tornare in Bundesliga e lasciò così la sua squadra del cuore. La stessa finalmente ritrova la Bundesliga nel 2009 e non la lascerà più fino ad oggi. Quell’anno fu decisa la costruzione del nuovo e più grande impianto per sostituire il vecchio Bruchwegstadion che aveva un capienza di 18.000 posti e che fu sede dei biancorossi dal 1929 al 2011.

Il cuore commerciale della “Opel Arena”

L’Opel Arena può invece accogliere 33.305 spettatori e oggi fa il pienone. Il nome deriva ovviamente dallo sponsor. La prassi del “naming rights” viene dagli Stati Uniti, in Europa i primi ad adottarla furono i proprio i tedeschi dell’Amburgo nel 2001. Ora in Germania è ormai cosa comune, a tal punto che la quasi totalità degli stadi della Bundesliga sono sponsorizzati. Questo stadio 2.0 è molto simile ad altre strutture viste in Germania. Mi ricorda un po’ quella del Kaiserslautern al suo interno, per l’architettura e soprattutto per il fatto che sembra una specie di supermercato a cielo aperto, con tanti posti per consumare cibo ultra-industriale e bevande chimiche, o l’immancabile birra in bicchiere di plastica in pronta consegna. Poi tanti fan-shop, cioè negozi per tifosi, e altri posti per ricaricare le tessere necessarie per compare le bevande o il cibo-spazzatura all’interno dello stadio. Ovviamente si può fare il giro con calma, cosa molto utile e noto comunque anche dei murales carini.

La coreografia iniziale del Mainz

Entro in tribuna stampa, a pochi minuti dal calcio d’inizio. Da qui si capisce che lo stadio è leggermente interrato: il terreno verde non è all’altezza del suolo, il che fa sempre strano. Cinque minuti prima del fischio d’inizio, alcuni tifosi fanno da portabandiera e vanno al centro al campo, un classico degli stadi tedeschi. Dopo di che tutto lo stadio tira fuori la sua sciarpa per un «You’ll never walk alone» sempre particolare e fuori moda secondo me, perché il fiume che passa qui si chiama Reno e non Mersey… Comunque la sciarpata è bella e su tutte le tribune, tranne nella zona ultras del settore ospiti. Poi le squadre entrano finalmente in campo.

La curva di casa, guidato da un solo gruppo, gli Ultras Mainz, fa una semplice coreografia con due aste e bandieroni, niente di particolare ma il risultato è sempre efficace. Dall’altro lato gli ospiti son tanti e si nota. I due settori ospiti son pieni, poi nella curva accanto al settore e nelle tribuna ci sono un sacco di tifosi gialloneri: il Borussia è in testa della classifica ed è anche una delle squadre più popolari della Germania, con tifosi in tutto il paese. Si nota nei parcheggi, con targhe di diverse città e anche straniere. Tranne nella curva di casa, ci sono tifosi del Dortmund un po’ dappertutto.

La coreografia ospite

Il settore ospiti tira fuori una bellissima coreografia, niente di molto complicato ma d’impatto. Tante volte si cerca l’originalità a tutti i costi, ma vedendo lo spettacolo proposto, capisco che certe cose sono sempre gradite. Tutti i presenti tirano fuori la stessa sciarpa giallonera con scritto BV Borussia 09 (anche questo un altro classico degli ultras del paese, che ho già visto in altre tifoserie) e al centro del settore spicca il logo della squadra. Per finire una banda di colore (uno striscione) giallonera è messa proprio tutto attorno al settore, e riprende il motto sulla sciarpa con i caratteri identici: BV Borussia 09. Per onestà intellettuale, bisogna dire che in Germania, le società mettono spesso sul loro sito internet ufficiale le misure dei settori ospiti, per potere facilitare il lavoro dei gruppi che vengono. Un dettaglio molto significativo di come i tifosi siano considerati. Se vogliamo essere pignoli, possiamo sempre dire che è molto tedesco, e dunque tutto organizzato, ma ribadisco che facilitare il lavoro dei tifosi sia un segno di considerazione importante.

L’arbitro dà il via alla partita. Nel settore, a coreografia finita si notano perfettamente le diverse anime del tifo ultras del Borussia: in basso c’è il gruppo trainante The Unity, attivo dal 2002, con accanto i Desperados dal 1999 ed al centro si posizionano i più recenti Jubos che sta per Junge Borussen (cioè: giovani sostenitori del Borussia) dal 2005. In basso, sulla recinzione, ci sono due lanciacori dei due gruppi magiori, con due tamburi più uno al centro dove ci sono i Jubos. La coordinazione è buona, ma il cuore del tifo è concentrato nel parte centrale-bassa del settore. Sullo striscione dei Desperados, si nota uno stendardo per gli amici catanesi della curva sud che li invita a non mollare. Poi ci sono alcuni stendardi a due aste e un paio di bandieroni sventolati per tutta la partita.

Nella grande curva di casa soprannominata Block Q, forse troppo grande per gli Ultras Mainz, il tifo parte da due lati opposti, con i lanciacori che si danno tantissimo da fare per sopperire alla difficoltà logistica. La curva prevede solamente posti in piedi, la capienza è di 16.005 spettatori e per questo solo una fetta in basso del Block Q canta per tutta la partita, mentre i lati e soprattutto la parte superiore seguono pochissimo. Nonostante questo il tifo c’è, non mi distrugge le orecchie, ma devo dire che è buono e risulta pure continuo. Si possono notare due stendardi con diversi colori nella curva di casa, uno del Gate 10 dell’Iraklis Salonicco, più precisamente della sua sezione locale, per l’amicizia che lega i greci agli Ultras Mainz ed anche uno stendardo in italiano, immagino per un ragazzo della Casertana, vista anche qui l’amicizia con i rossoblù. Infine uno striscione in inglese, credo per un ragazzo locale.

Bandiere e due aste Mainz

In un primo tempo che scorre veloce e si chiude con un 0-0, gli ultras del Borussia si fanno notare, ma fra alti e bassi. Chiaramente cantano per tutta la frazione, ma certe volte faccio un po’ fatica a sentirli, mentre in altri momenti si sentono benissimo. Approfitto per andare al buffet della tribuna stampa fra primo e secondo tempo dove c’è di tutto, anche tante birre, ma sono solo le 16.20 e fa un freddo terribile che obbliga qualsiasi persona di buon senso a prendere un the o un caffè caldo. Torno al mio posto e sul campo il gioco si fa più duro: il Borussia prova in tutte le maniere a metterla dentro, ci riuscirà al 66° minuto per la gioia dei suoi tanti tifosi la cui esultanza si nota anche in mezzo alle due tribune. Da qui il tifo giallonero rimbomba, ma gli Ultras Mainz capiscono che è il momento di spingere i loro ragazzi e tre minuti dopo la loro squadra segna il goal del pareggio. Esplosione nella curva e in tutto lo stadio, la gente ci crede e spinge l’undici locale a segnare il secondo goal, ma il pragmatismo del Borussia s’impone e al 76° minuto segna il 2-1.

Mendicando una maglietta…

Per il pubblico locale sarà un duro contraccolpo e poco a poco le voci si spengono, solo gli Ultras Mainz provano a cantare, ma sarà dura sentirli come prima. Il settore ospite invece impazzisce e capisce che il primo posto è il loro. Prima della fine, la curva di casa tira fuori un altro striscione, sembra sempre per uno dei loro. Durante i minuti di recupero, nel secondo settore ospite, in basso si vedono bandiere internazionali fatte su cartelloni artigianali per richiedere le magliette ai giocatori belgi, spagnoli, ecc. del Borussia. La cosa forse più insopportabile nel calcio 2.0, sono le telecamera che filmano quasi con felicità questi casi umani. Il tifo ultras è totalmente all’opposto di questi soggetti che non solo non tifano durante la partita, ma fanno sfoggio di un individualismo e di un protagonismo miserevole solo per mendicare una maglietta che potrebbero comprare con molta più dignità. I ragazzi delle curve, con tutti i difetti che hanno, fanno invece del collettivismo e dell’aggregazione il proprio punto di forza. Non ci sono ultras individualisti perché il concetto non esiste, e già solo questo, che si ami o meno la cultura ultras, è una vittoria. In una società dominata dall’ego(t)ismo e dal consumismo, è una fortuna che ci siano ancora ragazzi che credono e decidono, solo per la gloria, di mettersi insieme, di mettere il gruppo, il bene comune ed il tifo sopra di tutto. Come mi diceva un ragazzo poco tempo fa: «Essere ultras è accettare le decisione della collettività, soprattutto quando non ti vanno». Penso che non ci sia migliore approccio nelle nostra società umanamente divise e frammentate.

Applausi all’impegno profuso

L’arbitro fischia la fine delle ostilità in campo, i locali sono delusi ma non fischiano i loro beniamini. Sapevano che sarebbe stata un’impresa ardua e ai giocatori con la maglia biancorossa riconoscono di averci messo la voglia. Come sempre, i giocatori prendono tempo per salutare il pubblico e la prima cosa che fanno è andare sotto la curva degli Ultras Mainz che tirano fuori le sciarpe, come per dire “ci crediamo ancora”. Dall’altro lato esplode la gioia dei giocatori gialloneri che vanno sotto il settore e prendono le sciarpe giallonere utilizzate per la coreografia. È festa e per due minuti la comunione fra le parti è molto forte.

Finisce qua la mia giornata nel cuore della Bundesliga e posso sicuramente trarne un bilancio importante. Chiaramente vale sempre la pena scoprire nuove realtà. La passione che abbiamo per il mondo delle curve esiste in tanti posti, ma sia che si parli di Serie A, Ligue1 francese o Bundesliga, bisogna rassegnarsi all’idea che l’industria calcistica ha vinto da tempo ed il confine tra tifosi e clienti è ormai molto sottile. Quando sto per partire, noto alcuni spettatori cinesi, turisti venuti appositamente all’Opel Arena per assistere a questa gara. Domani magari saranno sotto il muro di Berlino e dopo domani sul lago di Costanza. Questo è il calcio che vogliamo? Ovviamente no, ma l’industria non è interessata alle nostre contestazioni: muta, evolve e continua a propinare uno spettacolo ai consumatori che tutti siamo ormai diventati, volenti o nolenti.

Sébastien Louis