scontri-polizia-atalantaIN ITALIA, E SOPRATTUTTO A ROMA, NEGLI STADI NON SI FA PIU’ ORDINE PUBBLICO: SI PREFERISCE VIETARE, CHIUDERE, REPRIMERE. IN QUESTO MODO LE FORZE DELL’ORDINE NON SONO PIU’ PREPARATE A FRONTEGGIARE ANCHE LE PIU’ ELEMENTARI CRITICITA’, CREANDO PROBLEMI DOVE PRIMA NON CE N’ERANO.

17/02/2016: ROMA – REAL MADRID . 55.000 SPETTATORI

Solo 8 anni fa, nel 2008, la stessa partita fece registrare 63.000 spettatori. Nel 2001 in quel drammatico 11/09, si andò ben oltre i 70.000.

Partiamo quindi da questo dato: 55.000 spettatori, non più di 12 anni fa, la Roma li faceva domenicalmente per partite tutt’altro che di cartello, senza che si registrasse alcuna situazione problematica, alcuna ressa, né file esagerate (al massimo qualche incidente, generalmente di poco conto, con la polizia nel tentativo di scontro con la tifoseria avversaria).
Nel prepartita di Roma-Real Madrid, in una partita senza ultras, senza tensioni e senza possibilità di scontri, specialmente ai varchi di prefiltraggio di Curva Nord, Distinti Nord e Tribuna Tevere, si sono registrate file lunghissime, testimoniate da foto e racconti facilmente reperibili sul web: numerosissimi tifosi e spettatori sono stati costretti ad entrare a partita iniziata, restando per molto tempo ammassati fuori dai cancelli del prefiltraggio, come confermato dal dott. Massucci nel suo intervento a Retesport. Area che lui ha identificato come “bonificata e messa in sicurezza”. Area alla quale può però accedere chiunque senza subire perquisizioni (quindi facile preda di un pazzo, di un terrorista isolato, che potrebbe sparare sulla folla o peggio farsi esplodere).
Come cittadino sono preoccupato dalla negligenza mostrata nella gestione dell’ordine pubblico di un evento assolutamente non straordinario nei numeri, soprattutto se rapportato ad eventi che fino a pochi anni fa richiamavano almeno 10/15000 spettatori in più, e con ben altre tensioni attorno.
E’ vero, l’allarme-terrorismo ha cambiato gli scenari, reso necessari (o ha rappresentato un’ottima scusa?) per controlli più minuziosi, ma è pur vero che a Barcellona – Roma, in una partita con 80.000 spettatori, pochi giorni dopo gli attentati di Parigi, con tutto il controllo parecchio minuzioso, l’afflusso degli spettatori è stato regolare e con tempi di attesa brevi in tutti i settori, compreso il settore ospiti. Nonostante i maldestri tentativi di rendere più fruibile lo stadio Olimpico, per le famiglie e i tifosi “medi”, si è finito col rendere ancora più difficile e pericoloso l’accesso proprio per queste categorie. Senza contare gli interventi repressivi ai danni della tifoseria più passionale, mascherati come interventi di “safety” (cit.).
Qui risiede il nocciolo del problema: negli stadi italiani, con Roma a far da capofila, non si fa più “ordine pubblico”, nel senso più peculiare del termine. Vietare, non significa fare ordine pubblico. Ordine pubblico significa saper gestire la normalità ed essere pronti ad affrontare e risolvere con prontezza le situazioni di criticità straordinarie. E in Italia, “vietare”, “chiudere”, “inibire”, “reprimere” sono divenuti la stella polare che guida la gestione degli eventi calcistici.
Vietare trasferte. Chiudere settori. Inibire accessi. Reprimere la passione, anche quella più sana.
Questo ha fatto sì che in tema di stadio, soprattutto a Roma, le istituzioni siano impreparate a gestire non le emegenze, ma qualsiasi evento che ecceda la triste normalità degli ormai canonici 30.000 spettatori (e a volte neppure quelli). Basti pensare solo ad alcuni episodi della storia recente del calcio a Roma :
  • la tragedia accaduta prima della finale di Coppa Italia del 3 Maggio 2014 (morte di Ciro Esposito), quando sicuramente le falle nella pianificazione del servizio d’ordine hanno provocato numerose criticità (contatti tra tifosi di Napoli e Fiorentina, tifosi napoletani che sfilano in corteo davanti ad un punto caldo come il Ciak Village, errori nei percorsi di alcuni pullman che si sono trovati in mezzo al settore avversario) culminate con lo scontro, ancora non chiarito nella dinamica, che ha portato alla morte del tifoso napoletano.
  • Enormi problemi si sono verificati anche nella amichevole di presentazione della Roma per la stagione 2015/2016, con migliaia di persone accalcate nella calura estiva, per un evento che ha richiamato non più di 45/50.000 spettatori. E più in generale, lungaggini e file interminabili si sono registrate ogni volta che una partita all’Olimpico ha fatto registrare più di 35.000 spettatori.
  • la pessima gestione dei 5000 tifosi del Feyenoord nel centro di Roma che hanno danneggiato, tra le altre cose, la fontana della Barcaccia e che ha rischiato di provocare un incidente diplomatico tra Italia e Olanda.
A volte si è trattata di pura e semplice disorganizzazione, altre di episodi di violenza che hanno trovato terreno fertile tra le pieghe di una gestione dell’ordine pubblico fallimentare, che non è stata in grado di arginare, evitare, prevenire eventi che potevano essere facilmente previsti attraverso un buon lavoro di intelligence, di pianificazione e di ordine pubblico “sul campo”

Le forze dell’ordine romane, allo stadio, sono talmente disabituate a fronteggiare le criticità, talmente abituate a vietare e reprimere “a prescindere”, che hanno completamente disimparato a fronteggiare anche la normalità, ottenendo come unico risultato quello di creare problemi ove prima non ce n’erano, come nel caso dei “famigerati” 55.000 di Roma Real Madrid. Desolante, addirittura ridicolo – di contro – lo spettacolo che domenicalmente viene offerto in un Olimpico deserto persino al derby, con istituzioni e forze dell’ordine a far bella mostra di se e dei propri muscoli, con centinaia di agenti in tenuta antisommossa, dispiegati ovunque, a far da corollario ad un Foro Italico triste e silente.

Mutuando quanto scritto da Antonio Padellaro su “Il Fatto Quotidiano” del 19/02, le istituzioni e le forze dell’ordine hanno pensato bene “la domenica di creare l’ordine senza il pubblico, mentre contro il Real Madrid c’era il pubblico ma non c’era l’ordine”.

Luca