Veri ultras merce rara. Quante volte abbiamo letto questo slogan nelle curve italiane. Tutti i frequentatori delle curve a modo loro si sentono ultras ma, alla fine, (non sono io a scoprirlo) essere ultras deve essere un fatto che si ha dentro. Moda, voglia d’insegnamento, mancanza di stimoli, ricambio generazionale non all’altezza, indisposizione al sacrificio, ricerca di principi messi a dura prova con la vita caotica, problematica, tecnologica di oggi giorno. Il movimento ultras sicuramente non è morto, ma è offuscato ed è cambiato proprio perché gli ideali di una volta stanno venendo meno. Essere ultras al giorno d’oggi è sinonimo di tartassamento e, in più, soffocamento da tutto ciò che si ha intorno. Le diffide sono all’ordine del giorno, anche per chi violento non lo è. Chi non ha almeno per una volta fatto qualche sana risata con le scene del ragionier Ugo Fantozzi nello spezzone, preso dal film “Il secondo tragico Fantozzi”, con Fantozzi e Filini che salgono sul bus dei tifosi avversari, scozzesi, non rendendosi bene conto, all’inizio, di che errore sia stato e di quello che, poi, dovrà accadere, ovvero scontri con la tifoseria italiana a suon di cannonate; una scena tutta da vedere, dove l’umile ragioniere, tornando a casa, si ritrova sbattuto in tv dalla sciacallagine e mediocrità giornalistica. Una scena mista tra sorriso e assurdità, che purtroppo, parliamoci chiaramente, rispecchia la tragica verità. Ma la più grande paura di adesso è rappresentata dallo stesso tifoso. Per intenderci, quello nascosto dietro alla parola “ultras da tastiera” dal cuore di latta. Per capirci meglio, quelli che si mettono a fare proclami da profondi guerriglieri stile “Legione Straniera”, e che poi, nelle peggiori delle ipotesi, elemosinano un biglietto o magari non gli passa nemmeno per la testa l’idea di presentarsi allo stadio o fuori ai parcheggi.

Una settimana intensa quella che ha preceduto Bari-Avellino. Diffide studiate (forse) a tavolino alla vigilia, ambiente di massima allerta, mobilitati interi eserciti, per cosa poi? Per una partita di calcio. Con il solito obiettivo, quello di tralasciare problematiche serie della vita di tutti i giorni. E, in più, a fomentare i famosi cuori di latta, che per una settimana e più si sono divertiti con una bella tastiera a pompare odio, guerre di tasti e, nei loro ritagli di tempo, a creare scenette simpatiche e fissare fantomatici appuntamenti. Un sofisticato congegno che viaggia in rete, un meccanismo filtrante, una specie di virus ribelle presente nei tasti. Che dire dei propositi del week-end, davvero da anni ‘80, con la differenza che, a quei tempi, si metteva tutto all’opera o quasi quello che si pensava, non si scriveva di certo! Al massimo ti poteva arrivare qualcosa per corrispondenza, nel foglio a quadretti, sotto la dicitura “squadra x merda”. Gli ultras da penna, tastiera, bar, microfono e tv, se ne dovranno, un giorno, (a torto o a ragione) rendere conto. Ma questo ricambio generazionale, ormai, vive di questa modernità, che purtroppo sta davvero mettendo in cantina, e in seria discussione, il giusto binario. Sono proprio gli ultras “merce rara” che non riescono più a controllare questo virus impazzito che si va ad aggiungere a tutto il contorno. Tra stanchezza, mancanza di volontà, anni che passano, priorità ad una vita dignitosa da condurre, repressione alla minima mosca che vola, si sta mollando la presa. E’ chiaro. Gli ultras, merce rara, non ce la fanno più.

Solita introduzione, che prende sempre il sopravvento e lascia in secondo piano gli eventi dei 90 minuti. A margine di ondata mediatica, arrivo di eserciti, tastiere bollenti, oggi l’intelligenza ultras l’ha fatta da padrona. Oggi è stato un piacere vedere che ci sia gente che mette in moto il cervello senza accettare di buon grado il solito bombardamento di ipocrisia. Sugli spalti azione intelligente avellinese, nel non rispondere a tifosotti che ai 4 gol partivano come spediti alla carica, è s’infrangevano gesticolando nel muro, molto debole, degli steward; e, dall’altra, azione intelligente barese. Insomma, è un piacere che sottolineiamo, perché oggi poteva essere l’ennesima trappola repressiva e mediatica nella quale molte volte gli ultras stessi sono cascati.
Che dire, sugli spalti. Massiccia rumorosa e colorata presenza irpina. Il settore ospiti è quasi tutto pieno. Una bomba fatta esplodere sulla pista di atletica, tanti sfottò verso Bari e Salerno, sostegno, a tratti continuo, ma il più delle volte intervallato da lunghe pause. Da sottolineare, lo zoccolo duro con lo striscione “Avellino” entrato a partita iniziata. A fine gara, nel deserto del San Nicola, si lasciano andare a dei cori goliardici, “lo scemo non canta più” o “voi siete il calcio scommesse”.

Niente male nemmeno i baresi della Curva Nord. Forse, oggi, troppe pause, ma inutile ripeterlo, a tratti la Nord è stata come sempre ai livelli di sempre. Numericamente e vocalmente, oggi come oggi, non ha nulla da invidiare a nessuno. Pesa la repressione. Da inizio stagione notificate una settantina di diffide tra Curva Nord e non tesserati Curva Sud. Ondata che non sta fermando presenza e volontà di sostegno alla città e alla maglia. Lodevoli anche oggi i ragazzi della Sud, sempre più decimati, ma coerenti nel loro pensiero. Purtroppo, come scritto in precedenza, limiti numerici, presenza isolata in gergo suicida, dove ogni pensiero estraniato può essere territorio fertile, in questi periodi, per l’estrema repressione. La legge della natura è chiara: l’individuo in massa acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile. Ciò gli permette di cedere a istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe necessariamente tenuto a freno.

Massimo D’Innocenzi