Correva il 17 giugno del 2001 nel calendario gregoriano, stagione 2000/2001 di quello calcistico, in programma allo stadio Celeste c’era l’attesissimo derby Messina-Catania, finale play off del girone C della vecchia serie C1. L’impianto siciliano offriva un colpo d’occhio da pelle d’oca con il vecchio impianto peloritano esaurito in ogni ordine di posto. Fra le due tifoserie si verificarono pesanti schermaglie, durante la quali purtroppo Tonino Currò, giovane tifoso messinese 24enne, venne colpito alla testa da una bomba carta, evento al seguito del quale morì il 2 luglio successivo, dopo una lunga agonia. A distanza di quasi vent’anni i giudici in Primo Grado decisero di condannare Lega Calcio, Comune di Messina e la società sportiva al risarcimento danni a favore dei familiari di Tonino, riconoscendo l’inefficienza e l’inadeguatezza della barriera costruita, che non evitò che la bomba carta arrivasse fino alla curva sud.
La partita tra Messina e Catania da quel lontano 2001, nonostante i pesanti strascichi lasciati in eredità da quella triste vicenda, si è giocata spesso con la presenza delle rispettive tifoserie: la scelta se aprire o meno il settore ospite è però sempre stata rimessa al libero arbitrio, schizofrenico, delle autorità di turno. A questo giro il CASMS (Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive) ha vietato la vendita dei tagliandi ai tifosi catanesi; scelta, quest’ultima, quantomeno discutibile per un duplice ordine di ragioni. In merito ad una preliminare considerazione, la decisione di impedire ai tifosi etnei di recarsi a Messina, se letta alla luce della sentenza di condanna di cui sopra a Comune, Lega Calcio e società sportiva, appare quantomeno contraddittoria: se è vero che il vecchio stadio Celeste era stato valutato poco sicuro, è altrettanto vero che il nuovo impianto San Filippo presenta tutte le condizioni minime necessarie per garantire il regolare svolgimento di match importanti, tra tutte segnaliamo la sua posizione logistica che, di fatto, rende pressoché impossibile il contatto tra le tifoserie.
Da quel lontano e funesto giorno i match che hanno visto contrapposte le due tifoserie non hanno più segnato spiacevoli episodi di cronaca, sorge allora il dubbio che la motivazione alla base del divieto non sia fondata tanto sul pericolo di incidenti, ma più probabilmente dalla volontà di non farsi carico nemmeno dell’ordinaria amministrazione, cioè l’afflusso e deflusso della tifoseria ospite.
In merito al secondo aspetto, invece, il provvedimento di divieto di vendita dei tagliandi ai tifosi ospiti di fatto non costituisce un divieto vero e proprio, ma soltanto una subdola limitazione che, con astuzia e coraggio, chiunque avrebbe potuto eludere/aggirare senza incorrere in sanzioni, DASPO compreso. Non a caso un manipolo di tifosi etnei ha deciso di presentarsi davanti al botteghino dell’impianto messinese per comprare il biglietto di accesso alla partita ma, vista la chiusura del settore ospiti, hanno dovuto ripiegare sui ticket della tribuna, normalmente occupata dai tifosi di casa. Ci chiediamo, però, cosa sarebbe successo se, anziché un manipolo di tifosi catanesi, a Messina si fossero invece presentati centinaia di supporter. Non sarebbe stato meglio, insomma, aprire il settore ospiti e permettere ai catanesi, con tutte le cautele del caso, di assistere allo spettacolo che il rettangolo verde ha regalato?
Il match sul campo finisce 1-0 per i padroni casa, mentre la partita sugli spalti non regala particolari emozioni: gli ultras messinesi gremiscono la loro curva, sostenendo i propri beniamini per tutti i 90 minuti, con pirotecnica, striscioni, anche in ricordo dello stesso Currò ma vista l’assenza dei loro rivali hanno praticamente predicato nel deserto.
Foto di Paolo Furrer