Le trasferte europee hanno un fascino particolare visto che spesso c’è in ballo una qualificazione ad una coppa oppure un turno eliminatorio della stessa. Per diverse tifoserie presentarsi fuori dai confini nazionali è motivo di orgoglio ma anche una presa di responsabilità, a seconda dell’avversario da affrontare e ci sono quelle innumerevoli e non trascurabili difficoltà logistiche ed economiche che bisogna necessariamente mettere in conto.

Però l’Europa è quella che ti forma in modo indiscutibile, è l’occasione per una tifoseria di elevarsi e mostrare la parte più sana e più bella di sé stessa, l’occasione per salire quel gradino di popolarità di una ipotetica classifica. Classifica ovviamente virtuale e personalizzabile, però indubbiamente ci sono dei parametri inconfutabili che rendono una trasferta europea una specie di totem da mostrare agli avversari: tanto per rinvangare il passato, la trasferta dei milanisti a Barcellona nel 1989 è stata senza dubbio uno dei picchi maggiori toccati dalla Curva Sud che, ai tempi, non faceva mistero di una organizzazione al di sopra della media e di una sana e viscerale passione incentivata anche da qualche campionato anonimo e da addirittura la presenza in serie cadetta. Erano gli anni del grande Milan degli olandesi ma anche del grande Milan della triade CommandoFossaBrigate. Praticamente una vita fa.

La trasferta dei doriani nel Principato di Monaco ha veramente poco di nobile, una delle tante amichevoli estive che servono a mettere minuti nelle gambe dei giocatori che, a loro volta, sono più interessati a quel che succede nel variopinto mondo del calciomercato rispetto a quel che accade sul terreno verde. Ma se per chi indossa la maglia blucerchiata questa esperienza ha di per sé poco significato, per chi è sugli spalti la presenza è motivo d’orgoglio e soddisfazione, e quando le presenze sono numericamente importanti, ecco che la semplice partita amichevole diventa l’occasione per mostrare lo stato di forma smagliante della Gradinata Sud. Non è questo il banco di prova ma solamente l’ennesima occasione per mostrare come la tifoseria blucerchiata sia in costante ascesa, sia sul piano organizzativo sia in quella maturità raggiunta che emerge ed è emersa in tutte quelle lotte portate avanti contro i mali del calcio: controinformazione, iniziative collaterali, costante dedizione alla causa, la Gradinata Sud indipendentemente dal giudizio personale, ha dimostrato e dimostra costantemente di avere quella marcia in più.

Anche nel Principato la presenza di tifosi ed ultras è ampiamente sopra la media, il sostegno alla squadra è assicurato e a livello di colore c’è da segnalare la coreografia eseguita a metà primo tempo con l’ausilio delle bandiere, poi riproposta durante la partita. Peccato che le forze dell’ordine si siano mostrate particolarmente zelanti impedendo l’ingresso delle aste per i bandieroni.

Tanto per completare la lista di ciò che rimane fuori dall’impianto monegasco, c’è da segnalare uno striscione contro il presidente Ferrero: anche a Genova, sponda doriana, il feeling tra tifoseria e presidenza è ai minimi storici. In questo caso non sono solo gli ultras ad essere scesi sul piede di guerra, ma anche tra i rappresentanti dei club c’è ormai la netta sensazione di aver toccato un punto di non ritorno, ingigantito dal fatto di voci ormai fondate, di un interessamento da parte di una cordata capitanata da quel Gianluca Vialli idolo incontrastato della tifoseria ai tempi dello scudetto. Se lo striscione contro il presidente resta lontano dagli sguardi e dalle telecamere della televisione, le parole dei presenti non fanno mistero della rottura e sono chiare ed inequivocabili.

Infine, per quanto riguarda i padroni di casa, le presenze sono ridotte al lumicino, perciò anche il sostegno alla casacca non può essere continuo e troppo partecipativo. Del resto è calcio d’agosto ma vallo a spiegare a chi ha nel DNA il principio di seguire la squadra indipendentemente dall’avversario e dalla posta in palio.

Testo di Valerio Poli.
Foto di Alberto Cornalba.